TRUCIOLI SAVONESI
spazio
di riflessione per Savona e dintorni
DOVE VA LA MUSICA?!
L’INDUSTRIA DISCOGRAFICA E’ IN CRISI
LA MUSICA NO!
Interviste, news e considerazioni dal fitto sottobosco musicale savonese
a cura di Molly
Le Scarpe da Sommossa e
l’importanza di non avere un nome
Sabato ore 19,00. Arrivo all’Italo Calvino correndo all’impazzata, stanca, accaldata e con la gola secca. Avevo appuntamento con le Scarpe da Sommossa un’ora fa: immagino che siano scocciati ed invece…….
La luce del giorno, spietata sulle vecchie pareti scrostate, sui pavimenti che nessun detersivo e nessuna cera potranno mai far diventare decenti rende questo posto irriconoscibile per chi lo frequenta solo in notturna.
Il finestrone attraverso il quale la notte ci regala il nastro argentato della luna che si riflette sul mare si apre sulla spiaggia versione estiva, con sdraio e ombrelloni, trasmettendo una sensazione di assurdo, quasi fosse il poster di un’agenzia di viaggi finito per sbaglio sul quel muro.
C’è un gran movimento e fervono i preparativi per il concerto che si terrà tra qualche ora.
Il solito Linoti si aggira a torso nudo con le sue inseparabili bacchette (tra poco “suonerà” anche i capelli raccolti in una specie di muccio di Simone, cantante e chitarrista delle S.d.S.)
Loro sono seduti sui divanetti semi sfondati sotto la finestra con l’aria tranquilla e beata di chi sta comodamente adagiato su cuscini di piume: sono giovani, un po’ stropicciati, ma, soprattutto, molto rilassati, perfettamente a loro agio in questo decadente, disordinato e rumoroso tempio del rock made in SV.
Mi piazzo su una poltroncina tra di loro e parto con le domande.
Molly – Quando ci siamo sentiti per telefono mi siete sembrati un po’ titubanti.
Simone – Si, ma solo perché stiamo attraversando una fase di transizione, di trasformazione e non sappiamo nemmeno come presentarci anche per quanto riguarda il nostro nome. “Scarpe da Sommossa” rappresenta quello che abbiamo fatto fino ad ora, ma vorremo fare cose diverse, usando la musica che abbiamo suonato fino ad ora come base, come punto di partenza per qualcosa di nuovo.
M – Qualcosa di completamente diverso?
Simone – Non completamente, abbiamo aggiunto una persona. Ehi ciao Dave, CIAO DAVE!!! Abbiamo qualche suono in più, la musica si è solo evoluta.
Mattia – Stiamo maturando, io non suono più la batteria, ma ho deciso di spostare la mia attenzione su un altro strumento: le tastiere.
Simone – Questo è quello che ci sta succedendo ora, siamo una pentola di verdure in ebollizione che stanno girando girando, non ci si capisce un cavolo, al momento non sappiamo cosa siamo e se cambieremo o no il nome.
Purtroppo, però, la gente ha l’abitudine di etichettare ed inscatolare in una categoria. Se a diciotto anni suoni punk dopo dieci anni sei ancora considerato punk anche se fai cose completamente diverse. E’ per questo che ci è venuta in mente l’opzione di cambiare il nome: la gente vede un nome nuovo e pensa ad una musica nuova.
M – Quindi cambiare il nome è un modo per avere una nuova possibilità, per ripresentarsi, rinascere?
Simone – Si, è un trucco per catturare le persone che non ti vogliono sentire perché ti conoscono già. Vedono il volantino che pubblicizza il concerto di un gruppo che hanno già sentito e non vanno a vederlo. Se, però, c’è un nome nuovo sono incuriositi. Poi scoprono le stesse persone che fanno una musica diversa da quella di prima, un suono che è cambiato.
M – A dire il vero il vostro nome si presta a facili fraintendimenti sul genere di musica che suonate.
Simone – Si, è vero. Ma questo nome “Scarpe da Sommossa” non ha nessun riferimento con noi come persone o con la nostra musica.
M – Insomma non è una dichiarazione d’intenti.
Simone – Assolutamente no! Per essere sinceri lo abbiamo rubato a lei (indica la sua ragazza seduta a fianco). Quando andavamo a scuola aveva inventato questo nome forse per un gruppo o forse chiamava così un paio di scarpe. Anni dopo quando abbiamo formato il gruppo ci siamo ricordati di questa cosa e abbiamo deciso di chiamarci così perché suonava bene. A pensarci lo dovremmo cambiare, non rappresenta quello che siamo e che suoniamo, ma sarà molto difficile, ormai ci siamo affezionati.
M – I vostri concerti sono molto intensi; si capisce che non considerate solo ed esclusivamente la musica ma anche tutto quello che le fa da contorno, il creare delle scenografie e delle atmosfere particolari……
Simone – Ma anche arrivare nel locale il pomeriggio…. Io prendo come riferimento questo posto perché per noi è CASA….. c’è il calcetto, ceniamo tutti insieme, poi naturalmente si suona, ma noi partiamo come un gruppo di amici…
M – Come se fosse una zingarata?
Simone – Si. Noi siamo AMICI. Punto. Poi suoniamo insieme, per questo siamo sempre noi ovunque, in ogni situazione, a fare qualsiasi cosa. E siamo anche dei cretini dementi e allora sul palco spuntano vestiti stupidi, calzamaglie, occhiali scemi, magliette con frasi.
Abbiamo anche capito che secondo che musica fai la scenografia fa tanto. Fai un pezzo strumentale e c’è il rischio che la gente si rompa, ma se sul palco metti un bello sfondo, magari proietti delle diapositive è tutta un’altra cosa, catturi anche l’occhio.
M – E tutti quei tubi, quelle strutture post-atomiche?
Simone – Beh, quello che ci viene in mente facciamo. Sia per la musica che per le scenografie del palco non si parte mai da una idea assoluta. Ognuno di noi ci mette il suo contributo ed il risultato è sempre l’insieme di più spunti ed idee personali, alla fine viene fuori un’arlecchinata.
Filippo – Un altro minestrone di verdure!!!!
M – Chi è Enzo (nome ripetuto ossessivamente in una loro canzone)?
Scoppiano a ridere….
Mattia – E’ un pizzaiolo, un personaggio allucinante!!!
Simone – Vedi, i testi e i titoli delle canzoni non sono lì perché hanno un significato particolare. In questo caso mentre suonavamo in sala prove senza un testo definito lui (Mattia) ha cominciato a cantare “Enzo Enzo Enzo”.
Mattia – Metricamente ci stava bene. Subito ci siamo messi a ridere e poi… la canzone è rimasta così con questo ritornello.
Simone – Anche gli altri testi sono stati scritti in maniera un po’ casuale, magari il giorno stesso che dovevamo suonare in qualche locale. C’è una canzone tutta fatta di “sbiascichii” e il nostro fonico ci ha detto che si rifiutava di registrarci se non ci scrivevamo un testo. Allora abbiamo cercato delle parole che assomigliassero il più possibile ai versi che facevo.
M – Qual è il posto più strano dove avete suonato?
Mattia – Il Madeleine….. Il record assoluto negativo di persone che ci stavano guardando: zero!
Filippo – Laigueglia, nella piazzetta dove fanno il festival jazz, di fronte ad una marea di bambini piccolissimi che ballavano come pazzi!!!
Simone – A me ha fatto piacere, meglio i bambini entusiasti che un pubblico di adulti con lo sguardo assente che aspettano il gruppo dopo!!!! Poi c’è stato il concerto con quelli di Saranno Famosi: era una specie di festival casalingo con gruppetti locali che suonavano il pomeriggio e la “grande serata” con gli scarti di questo programma televisivo che ballavano. Delirante.
Mattia – Vi ricordate del campo indiano ?
Simone – Si!!! Il ranch indiano!!! Ci invitano a suonare in questo posto, c’è un gruppo di indiani sul palco, ci guardano, guardano il furgone pieno di adesivi, “Scarpe da Sommossa”, non ci hanno fatto suonare!
Filippo – Il posto più strano dove NON abbiamo suonato: il ranch indiano. Però ci hanno pagato lo stesso!!!
Simone – Beh noi non c’entravamo assolutamente nulla, ma avrebbero potuto fare una pazzia: lasciarci suonare ugualmente. Noi le follie le facciamo, dividiamo spesso il palco con un gruppo hip hop i “DSA Commado”, abbiamo anche fatto una canzone con loro anche se suoniamo cose completamente diverse. Ci piace metterci in gioco.
M – Spesso il pubblico, però, preferisce cose tranquille, che può facilmente riconoscere.
Simone – Certo, la gente vorrebbe sentire solo o cover o generi musicali con i quali ha una certa familiarità.
Mattia – Dipende dal posto dove ti trovi.
Simone – Si, ma se tu fai cose nuove e diverse li devi sbalordire, lasciarli a bocca aperta. Questa è la sfida. Devono restare ad ascoltarti chiedendosi “E questa roba cos’è?” senza riuscire ad etichettarti in un genere. Li devi stupire.
A poco a poco l’iniziale brusio diffuso in tutte le salette del Calvino si fa vero e proprio rumore, si provano i microfoni e gli strumenti, dobbiamo parlare sempre più forte per sentirci e poi io perdo completamente il controllo della situazione… Le “scarpette” cominciano a scalpitare, rispondono alle mie domande “al contrario”, sempre con quell’aria calma e seria, ma gli occhi li tradiscono ed io capisco che devo stare al gioco. Si impossessano del mio registratore e registrano: il rumore di una bottiglia mentre la stappano, il ticchettio delle bacchette di Linoti, urletti, gridi e versi vari. Alla mia domanda di definire con tre aggettivi la loro musica rispondo con parole incomprensibili, inventate o chissà forse al contrario, fino a quando il mitico presidente batterista del Calvino, che usa le bacchette come uno scettro, sentenzia: “potenti e groovosi”.
E ancora si parla della condizione della donna nel mondo rock, del grunge, dei Pink Floyd, del vivere la musica senza compromessi, ma ormai è diventata la caciara di un gruppo di vecchi amici un po’ brilli, che si divertono solo per il fatto di essere insieme.
Esco dal Calvino che si sta facendo buio e mi gira la testa. Dall’interno si sente il sound check della batteria, colpi ritmici ed uguali. Le Scarpette si allontanano, sembrano figli di uno strano amplesso tra il grunge e Frank Zappa……
…Grunge, Frank Zappa, heavy metal, psichedelia…… tutto questo e molto di più c’è in “Numero Zero”, primo lavoro di questi ragazzi, firmato “Scarpe da Sommossa”, titolo per una volta non casuale, quasi una beta release, che anticipa la versione aggiornata del sound che sta ancora bollendo in pentola. Pezzi potenti, a volte ipnotici, a volte sperimentali nell’uso della voce e della parola, spesso isolata e estraniata dal suo significato letterale, per riportarla all’ancestrale significato evocativo del puro suono sono la caratteristica principale di questo cd difficilmente definibile (come evidentemente vogliono gli autori) che pur senza canzoni “singolo” e spesso senza cantato (così come si intende solitamente) ti resta in testa senza che neanche te ne accorgi…. Attenzione! Un ascolto ripetuto può portare a pericolose manie ossessive come è successo a chi sta scrivendo che si è trovata in situazione serie e formalissima a declamare con voce ruvida (per quanto le è possibile): “ENZO ENZO ENZO!!!!”