E' troppo chiedere più decise e chiare pronunce alla parte politica dei "no"?
Referendum: un silenzio assordante!

                                      di Sergio Giuliani      versione stampabile

 Mancano pochi giorni al voto e il dibattito langue. Ci sono problemi più importanti da affrontare: in politica estera c'è da decidere se in Iraq dobbiamo mantenere soldati o crocerossini; in politica economica è ineludibile una serie di decisioni e di provvedimenti che medino, se possibile, tra riduzione di imposte e liquidità per il governo che ha l' obbligo di provvedere alle opere pubbliche, tra migliorare le entrate dell' erario (senza le quali non può esserci spesa) e ossigenare l' imprenditorialità, quella attiva, tra diritti dei lavoratori giovani ad essere assunti malgrado la tecnologica contrazione dei posti di lavoro e il debito pubblico che aumenta anche per il numero dei pensionati, sempre maggiore e, per fortuna, sempre più longevi.

Questioni gravi, certo. Ma non tali da farci dimenticare che si avviano a soluzione non sulla testa dei cittadini, ma con la loro convinta partecipazione.

I sacrifici che il primo governo Prodi chiese agli italiani, furono sostanzialmente, direi con convinzione, accettati e diedero frutti. E'  la Costituzione il patto sociale strategico che garantisce la partecipazione del popolo alle scelte, anche e soprattutto alle più gravi; è la Costituzione che riconosce nei partiti non agenzie di poteri, ma moderni principi (direbbe Gramsci) che organizzano il consenso civico presentando i problemi e le possibili soluzioni e delegando la scelta ad un popolo informato.

E' sull' informazione che ho l' impressione che l' orchestra dei "No" stecchi.

E dire che non sono molti anni che quella stessa parte politica demolì sul nascere un tentativo, forse neppure troppo convinto, della controparte di modifica dell'art. 118: la risposta, chiesta a gran voce, fu unitaria e clamorosa. E adesso si sussurra di accordi bipartisan, a venire nel lungo tempo, qualunque sia il risultato. Salvo poi occupare tutto o quasi lo spazio dell' informazione per la solita sparata grossolana del senatùr, che, quasi sempre, è da "comprendere" e da passar sotto silenzio.

Che un Presidente del Consiglio appena passato affermasse che la "gente"(quella del mercato, non della politica) deve avere ben chiare in testa soltanto due idee; con una terza farebbe confusione spiega i comportamenti dei fautori del "sì" e delle decisioni a colpi di questione di fiducia; non vi si devono accodare le opposizioni di allora!

Col silenzio, un poco fastidio, del tipo "Ho altro a cui pensare!"   si riduce il partito dei "no" agli ormai maturi fautori dello spirito e dei valori costituenti, tra i quali ha un posto d' onore il  neo Presidente della Repubblica che anche ieri ha parlato di insostituibili pilastri del patto sociale che possono soltanto essere applicati con convinto rigore, mai modificati per interesse di parte.

E', infatti, difficile pensare che i giovani abbiano ricevuto, in una scuola sempre più affidata (come, penso, la sanità) all' impegno ed al merito volontari e dove si è rapidamente fatta marcia indietro sull' insegnamento della storia del Novecento, in partiti o in associazioni sempre meno graditi e meno frequentati, di che decidere su una così importante questione. E non ci piace, noi che ideali e valori li abbiamo ricevuti e continuati, essere considerati come grilli parlanti un poco fastidiosi, persino retorici e sostanzialmente incapaci di adeguarsi ai nuovi ritmi, spicci, spregiudicati e volgari, della politica quotidiana.

Sappiamo che non è così. Non ci è ancora finito il vizio di pensare con la propria testa, con la propria fatica di venir a capo dei problemi, pur col rischio di prender cantonate o di essere considerati dei ralentisseurs. Ecco perché non ci piace lo spazio lasciato alla propaganda, per ora latente, ma, vedrete, ossessa negli ultimissimi giorni, di chi ha due idee che sarebbe tanto facile demolire.

Una è la pretesa identità tra "federalismo", di cui certo tratta anche la Costituzione, e "devolution", una sua versione degenerata e berciona. La Costituzione tutela, innanzitutto, l'unità nazionale come il valore più prezioso, proprio perché acquisito in esperienze storiche diverse ed anche contraddittorie: quando essa sia sicura, e solo allora, e, soprattutto senza polemiche contro "ladroni"e sud-parassita (ma come fanno comodo i voti siciliani!), si può e deve avviare un sistema di prelievo fiscale che tenga conto di urgenze e di profitti da lavoro e che sia naturalmente equo. Così non è per la "devolution", un ringhio continuo contro lo stato che finisce per essere soltanto egoistico, violento, ingiusto ed intollerante, perché dimentica, per ignoranza, che la ricchezza prodotta in un luogo non è mai autonoma, ma funzione di complementi ( finanziamenti, energia, strade, forniture, smercio etc) nazionali, quando non europei.

L' altra idea, ancor più "rivoluzionaria", è la diminuzione del numero dei parlamentari (e rispettivi reggiborse), presentato come un coraggioso ed inattaccabile episodio della lotta allo spreco, che va pur fatta, ma non a danno delle funzioni, preziose, delicatissime e fondamentali, dell' organo cui spetta il potere di fare le leggi, sempre e comunque nel rispetto dei binari costituzionali.

E' troppo chiedere più decise e chiare pronunce alla parte politica dei "no"?

O si aspettano di essere "sorpresi", come alle primarie?

Vorremmo, però, che non tutti fossero a rimorchio delle politiche convenienze. Diciamolo chiaro e forte che la Costituzione si può anche (ma non è detto!) cambiare, a condizione che non si tocchino i suoi principi fondamentali e che ogni modifica, mai strutturale, deve essere in perfetto accordo coi primi dodici articoli, che chiariscono nettamente i valori del convivere e del conversare democratico.

Questa è la terza idea: quella che rischia (magari!) di far saltare il corto comprendonio della "gente" ma bisogna dirla, insistere, ribadirla!

Sergio Giuliani