TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

Ancora su auto e parcheggi
 
Visto che vengo chiamata in causa dal sig. Paolo Bossi, vorrei provare a chiarire meglio il mio pensiero.
Innanzitutto, sull’anonimato: nelle lettere che ho inviato a Trucioli Savonesi il mio nome e cognome compaiono chiaramente, nell’intestazione dell’account di posta. Lo pseudonimo, o come si usa dire adesso, il nickname, voleva essere più che altro uno scherzo, per sottolineare  che io intervengo sulla base di opinioni, di argomenti personali, magari non tecnici e non  sufficientemente circostanziati;  il mio nome è quello di una cittadina come tanti, perlomeno da questo punto di vista, e  non rivestito di particolare competenza o autorevolezza tanto da sentire il bisogno di citarlo. Del resto, ho notato più d’uno sul sito che scrive articoli firmandosi abitualmente con pseudonimi e non mi pare che si trovi nulla da ridire. Comunque, se serve per far chiarezza e per fugare ogni dubbio, posso anche firmarmi per esteso, non c’è problema.
 
All’inizio ribadivo come mi trovassi in linea di principio d’accordo con un approccio pragmatico e concreto, e con la maggior parte di considerazioni e proposte espresse nello scritto del sig. Bossi; solo, sentivo il bisogno di spingermi un po’ oltre, per provare a fare “anche” ragionamenti un po’ più a lungo termine.
D’accordo sul fatto che debbano essere garantiti un certo numero di posti auto ai residenti: ma non necessariamente tutti gratuiti. Io, abitante delle Fornaci, per anni pur di avere un parcheggio assicurato in un quartiere veramente penalizzato in proposito ho pagato i miei 30 euro al mese per il Park Doria, e non ci ho trovato nulla di scandaloso: pagavo per una comodità. (Che non sempre si realizzava, tra l’altro: finché non sono state introdotte le sbarre automatizzate, spesso trovavo spiacevolmente il mio posto occupato. E non è maleducazione del cittadino questa?)
Se poi la gestione del parcheggio, a conti fatti, non rende, si tratta di cambiare qualcosa, magari eliminando qualche intermediario, incentivando e promuovendo, praticando qualche facilitazione tariffaria, o altre cose che chi (contrariamente a me) mastica un po’ di economia e gestione dovrebbe sapere. Per parte mia, continuo testardamente, forse utopicamente a pensare che anche dopo  otto o dieci anni tornare indietro, e quindi in pratica arrendersi all’andazzo non sia la soluzione. A meno che non faccia parte di un quadro, di un progetto più ampio con compensazioni di altro tipo. Ma, ribadisco, è una mia opinione. Né intendo negare eventuali altri errori dell’amministrazione.
Poi, sul discorso guerra alle auto e cambiamenti graduali, ribadisco anche qui: non intendevo proporre la rivoluzione. Solo sottolineare che ancora non ci si rende conto, a livello globale, del problema gravissimo che il traffico e l’inquinamento rappresentano oggi e rappresenteranno sempre più in futuro. Per non parlare della scarsità di carburante e dei terribili cambiamenti di assetti e di equilibri che ci aspettano di qui a poco. A poco davvero, un brevissimo futuro!  Perché qualche decennio non rappresenta  che un soffio nel mare della storia, soffio che rischia di spazzare letteralmente la nostra civiltà se non cominciamo a pensarci ora, e potrebbe essere tardi.
Ho visto di recente un documentario sulla fine della civiltà dell’isola di Pasqua, e l’ho trovato, come sottolineava il conduttore stesso, veramente emblematico di quello che potrebbe succedere all’intero pianeta, visto che anche noi stiamo quasi, letteralmente, per tagliare l’ultimo albero. Tra l’altro, per realizzare spesso cose del tutto inutili o almeno superflue, proprio come quelle statue di Pasqua sempre più mastodontiche.
Perciò, cambi graduali sì, ma non con delicati passettini da lumaca per non infastidire nessuno, o peggio, da gambero in qualche caso. Non abbiamo tutto questo tempo! Aspettare di ottenere il largo consenso dei cittadini, per proposte magari impopolari ma necessarie, quello sì che è un’utopia. La massima trasparenza sulle scelte e le motivazioni, la massima responsabilizzazione, l’educazione, specie dei più giovani, dovrebbero essere la chiave. Auspicando magari di essere tutelati da norme o regolamenti a livelli superiori, nazionali o meglio europei. Ma per scendere dalle alte sfere e tornare a noi, ripeto che l’Italia ha una mentalità pericolosamente miope e arretrata su certi temi e Savona non fa eccezione. Questa potrebbe essere invece l’occasione per andare oltre: anziché continuare a “tappullare” la situazione, cercare piani più a lungo raggio, sinergie o strategie congiunte con altri centri, indagini estese per vedere come altrove, anche all’estero, abbiano affrontato e risolto i problemi, e poi studiare quali soluzioni meglio si adattino al caso nostro.
Il paradosso “matematico” che citavo alla fine voleva solo chiarire una volta di più il discorso che le soluzioni a breve termine, le soluzioni tampone, se risolvono subito, a lungo andare non solo non servono, ma peggiorano. Mi rifacevo all’opinione di Beppe Grillo, che in parte condivido, il quale afferma che non serve costruire tanti nuovi parcheggi, anzi sarebbe meglio non  farli, sono pericolosi, perché incentivano un proliferare di auto eccessivo e insostenibile. Per tornare all’esempio dei medici e delle malattie, dal sig. Bossi riferito al mio paradosso, (e questo esempio sì, che non regge così come è espresso e che non c’entra niente con quello che intendevo io), se  si verifica un’epidemia, e i medici continuano a limitarsi a curare i malati, tanti e  sempre più gravi, senza tentare di capire le cause e di trovare un vaccino, senza attuare politiche di quarantena e profilassi per evitare il contagio, non faranno  altro che ammalarsi sempre più persone. Va bene trovare cure temporanee, certo, ma nel frattempo si faccia dell’altro.
Per finire, permetta anche a me di confessare, sig. Bossi, un certo fastidio per il tono paternalistico della sua risposta.
Fastidio tanto più accentuato, quanto più mi rendo conto che io non avevo nessuna intenzione di affermare cose molto diverse dalle sue, anzi, le sue idee, le sue proposte, il suo tentativo di raccogliere e discutere, a fini pratici,  i punti e le opinioni delle varie parti in causa, sul traffico, così come sulle zone verdi, altro tema importantissimo,  trovano tutto il mio consenso e la mia ammirazione. Mi limitavo solo a cercare di guardare le cose con il cannocchiale anziché, come facciamo sempre tutti, con il microscopio. Cambia il punto di vista, ma il panorama inquadrato e i suoi problemi sono, ahimè, sempre gli stessi.
Per superare la frustrante sensazione di continuare a discutere fra chi è in buona parte d’accordo, visto che probabilmente il cambio di prospettiva che mi stava a cuore di introdurre risulta fuorviante in questa particolare discussione, prometto che d’ora innanzi interverrò, se interverrò,  su argomenti più pratici. Tipo il progetto metrobus, che così come è formulato mi vede sostanzialmente contraria, o l’ingiustificata ostilità alle aree pedonali da parte di molti settori della società che invece ne trarrebbero solo vantaggi.
Ma questa è un’altra storia.
 
“Nonna Abelarda”
Milena Debenedetti
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