FOGLI MOBILI
La rubrica di Gloria Bardi
LA POLITICA TRA FREDDEZZA E PASSIONE
Adesso dirò una cosa che potrà suonare stonata, e la dirò proprio perché suona stonata.
Ricordo che, a conclusione della campagna elettorale che mi aveva vista candidata sindaco per la lista civica Un’AltraFinale, un antagonista e veterano della politica locale, mi disse: “vedrà che sarà tutta una grande famiglia. In Consiglio ci si scontra ma poi si esce e si va a mangiare la pizza assieme”.
Posso dire che non sono affatto d’accordo?
Credo che tra parti che avranno forti occasioni di contrapposizione non debbano instaurarsi rapporti personali ma rapporti di cordialità, fredda correttezza e rispetto dei reciproci ruoli.
Quando l’amicizia è pregressa va allentata: sto esagerando?
Può darsi, ma io con la controparte non ritengo di dover familiarizzare, detesto il corridoismo tanto diffuso dalle nostre parti, il confidenzialismo che crea solo confusione di rapporti: voglio parlare possibilmente solo in situazioni pubbliche e in pubblico interloquire: non mi interessa carpire la “voce dal sen fuggita”, anche se potrebbe talvolta essere utile.
Quando mi giunge (a tapparmi le orecchie non mi spingo) certo non la utilizzo senza verifica.
E soprattutto non mi fido.
Tengo a precisare che questa diffidenza non mi è per nulla connaturata nei rapporti personali e chi mi conosce sa che, al contrario, tendo ad eccedere per l’aspetto opposto e ne sono stata più volte rimproverata.
Ma nel ruolo pubblico non devo fidarmi, nel senso che svolgo una funzione di controllo che deve fondarsi sull’oggettività del dato, mentre la fiducia è un dato soggettivo che non mi compete. Anche volendo, non posso.
La fiducia implica adesione emozionale e affettività: i cittadini che rappresento non mi hanno dato deleghe affettive, non mi hanno posizionato in CC (Consiglio Comunale) perché io inauguri belle amicizie ma perché le cose si svolgano in maniera corretta e secondo l’interesse collettivo.
Ho avuto occasione già al secondo CC di ribadire queste cose, rispondendo al capogruppo di maggioranza che mi rimproverava il fatto di “non fidarmi” di una ditta appaltatrice di certi lavori a Finalpia.
Dove ci sono regole pubbliche e trasparenti la fiducia è del tutto fuori tema. Non sbagliata o eccessiva o giusta ma fuori tema: appartiene ad altro linguaggio.
Intendiamoci, non ho affatto la mania del complotto ma ho il principio della lettura diretta del documento. Non per malevolenza ma per senso dell’obiettività.
Del resto, in un mondo edificato sulla fiducia la funzione di controllo sarebbe del tutto superflua.
Noto invece che i miei antagonisti continuano a giocare sull’emotività, etichettando la mia “pignoleria” come una sorta di cattiveria, di malevolenza, di pregiudizio.
Il mio Sindaco, di fronte ad una mia azione forte nei confronti di alcune gravi scorrettezze relative al bilancio, di cui peraltro mi sono accorta il giorno stesso della discussione, ha convocato TUTTO il personale del palazzo (dalla segretaria generale al messo), cercando di farmi risultare come una perfida malfidente, che passa al setaccio “le virgole e i punti”, nemica giurata di ciascuno di loro.
Sapete come io chiamo questo atteggiamento? Mobilitazione di sentimenti ostili e istigazione al mobbing politico.
Un mobbing politico che è già percepibilissimo presso determinati uffici comunali, come possono testimoniare le persone che vi si recano con me, perché, lo ripeto, non voglio mai svolgere la mia funzione pubblica senza testimoni.
Alcuni funzionari, a seguito della “mobbilitazione” del sindaco hanno iniziato col togliermi il saluto.
Ma chi esercita responsabilità, e viene pagato in ragione di essa, non può chiedere di venirne benevolmente manlevato, non può fare appello alla benevolenza “dovuta”.
Aggiungo che io in CC ho proposto un rinvio della votazione alla sera dopo, per poter meglio valutare la situazione ed eventualmente studiarne i correttivi: no, hanno voluto votare subito e l’hanno fatto senza opposizione.
Così accade quando si rilasciano dichiarazioni critiche sul giornale, sempre ragionate ma contrastanti con quanto affermato da qualcuno, sia pure il presidente del circolo della petanque (non so chi è, giuro: era solo un esempio): alla fine il popolo di chi non ti saluta aumenta.
Ma quello che io ti devo, caro presidente-petanque, e con cui ti dimostro il massimo del rispetto è una cosa sola: l’argomentazione. Sarai in diritto di offenderti il giorno che sputerò sentenze contro di te, senza sforzarmi di dimostrare quanto sostengo: allora e non prima ti avrò sminuito e mancato di rispetto.
Non crediate che non sia pesante agire prescindendo da umani coinvolgimenti, simpatie o antipatie che siano, ma chi si assume una funzione pubblica non può fare diversamente. Sarebbe molto più comodo non nuocere a nessuno, coprire qualsiasi cosa e vivere nella benevolenza generale: ma è di questi comportamenti che la collettività ha bisogno?
L’atteggiamento prevalente è invece quello di rispondere alle battaglie che si fanno, non contrapponendovi le proprie ragioni ma cavando tutti gli scheletri possibili dall’armadio di chi le porta avanti: coprimi che così ti copro.
Il mio Sindaco ha dichiarato sul giornale che quando era all’opposizione lui non è mai ricorso alla magistratura, come se a ricorrervi fossero “i perfidi e i cattivi”: ora -considero- o non c’erano motivi di ricorso, allora la sottolineatura è stata superflua oppure c’erano e allora il Sindaco dovrebbe spiegarci perché e in quali circostanze non è ricorso: l’affermazione è pesante.
Se poi nella lista o nella famiglia di chi dà politicamente fastidio ci sono dei tecnici, mobbing politico è far capire ai loro clienti che i progetti presentati da “certi” professionisti, a vario titolo collegati a “certi” consiglieri rompipalle, “godranno” di particolare malevolenza e che è consigliabile cambiare tecnico.
In tutto questo discorso ho poi evitato di evocare discriminanti di genere, ma state tranquilli che una donna che si muove pubblicamente è sempre una che fa la “primadonna” . Avete mai sentito parlare di “primouomo”? L’ambizione e l’aspirazione a una vita pubblica restano evidentemente riserve di caccia maschili.
Insomma: il quadretto naif che ho cercato di dipingere lo metto a disposizione dei lettori, di chi vorrà intervenire sulla questione e di chi si sta facendo avanti nell’agone politico.
Quello che posso consigliare ai candidati savonesi è agire sempre con una certa “freddezza”, evitando personalismi, risentimenti o affettività fuori-tema.
Una freddezza compensata però dal pathos delle battaglie condivise, l’eros politico, lo slancio etico, che ha sempre un fondamento emotivo, il senso estetico della giustizia e l’entusiasmo democratico: e se Parigi val bene una messa, tutto questo val bene un saluto.
Purché, naturalmente, vi si creda.
Gloria Bardi