Dalla Regione sono arrivati 150 mila euro per la nuova
stagione lirica sul Priamàr. Ma l'inattesa pioggia di denaro
non sembra aver risolto i problemi che la crisi tra Opera
Giocosa e Orchestra sinfonica di Savona ha portato alla
luce. Anzi. Pare che l'Opera Giocosa abbia messo in guardia
il Comune: «Per ora i soldi non sono sufficienti». La
telenovela non accenna a finire, dunque. E alle riflessioni
sullo stato attuale di crisi del cosiddetto Polo musicale di
molti operatori (gli interessati, ma anche Aldo Pastore e
Felice Rossello) si aggiunge ora quella di Sergio Tortarolo,
politico di lungo corso, appassionato di melodramma,
ex-consigliere dell'Opera Giocosa e osservatore disincantato
della situazione della cultura in città.
Come ha vissuto la recente fase di conflitto che ha
contrapposto l'Opera Giocosa all'Orchestra savonese?
Male, soprattutto perché non ci si rende conto del grande
patrimonio che ha Savona e che altre città non hanno. Noi
possiamo avere, nel campo della musica, una vera eccellenza.
Un'eccellenza che ha dato vita al Polo musicale?
In realtà dobbiamo andare ancora più indietro, a quando la
stagione musicale del Chiabrera era il corollario di quella
di prosa. Siamo alla fine degli anni Settanta. Allora
l'amministrazione pubblica fece una scelta: decise che alla
stagione di prosa se ne affiancasse una musicale, di pari
dignità.
Poi arriva l'Opera Giocosa.
Infatti. E la città era consapevole che la Giocosa avrebbe
portato il nome di Savona sui grandi giornali, e nelle case
discografiche.
Poi si aggiunge l'Orchestra.
E nasce un sistema a tre punte: Chiabrera, Giocosa e
Orchestra.
E il sistema funzionava?
Funzionava perché c'era una regia pubblica, convinta che
questa era una cosa da farsi. E che ha dato un posto
all'Opera Giocosa dentro al Chiabrera, così che quando
ancora oggi va a Roma a chiedere i soldi può dire: abbiamo
un teatro comunale alle spalle.
Poi cosa succede?
Succede che viene a mancare un progetto culturale forte e
aggiornato, di lungo periodo, frutto di un dibattito
pubblico. Un progetto nel quale il Comune dice la sua, fa
capire cosa vuole e poi mette i soggetti intorno ad un
tavolo.
Ora, però, siamo al muro contro muro.
Bisogna mettere tutti intorno a un tavolo, affrontare il
problema del calendario unico e, soprattutto, che ciascuno
rinunci ad un po' di sovranità.
Lei si riferisce sempre al "sistema a tre punte", dunque
con il Chiabrera coinvolto?
Non c'è dubbio, anche se oggi è molto defilato perché ha
ripreso la sua centralità. Sta facendo un'ottima stagione,
di alto livello qualitativo e il pubblico è ritornato
immediatamente. Ma non potrà continuare a rimanere in
disparte. Anche perché dovremo arrivare ad un'unica
stagione, un unico abbonamento, un'unica cassiera.
È ancora attuale il concetto del Polo musicale, cioè di
realtà diverse "costrette" a collaborare?
No, oggi non ha più senso.
Dunque, che fare?
La prossima amministrazione dovrà prendere tutti i soggetti
e farli convergere su un calendario concordato e coerente di
iniziative. L'Opera Giocosa dovrà dedicarsi a proposte più
culturali e meno turistiche, come sono in realtà quelle
attuali.
In ogni caso la stagione, a quanto pare, si farà.
Ed è un bene che si faccia, ma salvare la stagione del
Priamàr non significa aver risolto i nostri problemi. La
stagione del Priamàr, infatti, ha più a che fare con
l'immagine turistica della città che con la cultura.
Ferdinando Molteni
03/03/2006
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