«E' mancata la regia del Comune» Sergio Tortarolo interviene sulla crisi del polo musicale: «A questo punto ognuno deve rinunciare a un po' di sovranità» IL SECOLOXIX
Il consigliere dell'Opera Giocosa suggerisce un calendario unico di lirica, teatro e classica
 
Dalla Regione sono arrivati 150 mila euro per la nuova stagione lirica sul Priamàr. Ma l'inattesa pioggia di denaro non sembra aver risolto i problemi che la crisi tra Opera Giocosa e Orchestra sinfonica di Savona ha portato alla luce. Anzi. Pare che l'Opera Giocosa abbia messo in guardia il Comune: «Per ora i soldi non sono sufficienti». La telenovela non accenna a finire, dunque. E alle riflessioni sullo stato attuale di crisi del cosiddetto Polo musicale di molti operatori (gli interessati, ma anche Aldo Pastore e Felice Rossello) si aggiunge ora quella di Sergio Tortarolo, politico di lungo corso, appassionato di melodramma, ex-consigliere dell'Opera Giocosa e osservatore disincantato della situazione della cultura in città.
Come ha vissuto la recente fase di conflitto che ha contrapposto l'Opera Giocosa all'Orchestra savonese?
Male, soprattutto perché non ci si rende conto del grande patrimonio che ha Savona e che altre città non hanno. Noi possiamo avere, nel campo della musica, una vera eccellenza.
Un'eccellenza che ha dato vita al Polo musicale?
In realtà dobbiamo andare ancora più indietro, a quando la stagione musicale del Chiabrera era il corollario di quella di prosa. Siamo alla fine degli anni Settanta. Allora l'amministrazione pubblica fece una scelta: decise che alla stagione di prosa se ne affiancasse una musicale, di pari dignità.
Poi arriva l'Opera Giocosa.
Infatti. E la città era consapevole che la Giocosa avrebbe portato il nome di Savona sui grandi giornali, e nelle case discografiche.
Poi si aggiunge l'Orchestra.
E nasce un sistema a tre punte: Chiabrera, Giocosa e Orchestra.
E il sistema funzionava?
Funzionava perché c'era una regia pubblica, convinta che questa era una cosa da farsi. E che ha dato un posto all'Opera Giocosa dentro al Chiabrera, così che quando ancora oggi va a Roma a chiedere i soldi può dire: abbiamo un teatro comunale alle spalle.
Poi cosa succede?
Succede che viene a mancare un progetto culturale forte e aggiornato, di lungo periodo, frutto di un dibattito pubblico. Un progetto nel quale il Comune dice la sua, fa capire cosa vuole e poi mette i soggetti intorno ad un tavolo.
Ora, però, siamo al muro contro muro.
Bisogna mettere tutti intorno a un tavolo, affrontare il problema del calendario unico e, soprattutto, che ciascuno rinunci ad un po' di sovranità.
Lei si riferisce sempre al "sistema a tre punte", dunque con il Chiabrera coinvolto?
Non c'è dubbio, anche se oggi è molto defilato perché ha ripreso la sua centralità. Sta facendo un'ottima stagione, di alto livello qualitativo e il pubblico è ritornato immediatamente. Ma non potrà continuare a rimanere in disparte. Anche perché dovremo arrivare ad un'unica stagione, un unico abbonamento, un'unica cassiera.
È ancora attuale il concetto del Polo musicale, cioè di realtà diverse "costrette" a collaborare?
No, oggi non ha più senso.
Dunque, che fare?
La prossima amministrazione dovrà prendere tutti i soggetti e farli convergere su un calendario concordato e coerente di iniziative. L'Opera Giocosa dovrà dedicarsi a proposte più culturali e meno turistiche, come sono in realtà quelle attuali.
In ogni caso la stagione, a quanto pare, si farà.
Ed è un bene che si faccia, ma salvare la stagione del Priamàr non significa aver risolto i nostri problemi. La stagione del Priamàr, infatti, ha più a che fare con l'immagine turistica della città che con la cultura.



Ferdinando Molteni
03/03/2006