La mattina del 27, mi sono recata al Priamar per assistere alla ormai consueta celebrazione in ricordo delle vittime dei lager nazisti. Nonostante il tempo inclemente, la sala della Sibilla era piena; tanti i ragazzi, studenti delle scuole superiori della città.

Priamar, 27 gennaio 2006

di Margherita Pira
 

Per il 7 gennaio, giorno della memoria, avevo pensato di presentare un libro sul processo di Norimberga che ho letto recentemente e che mi è sembrato interessante.

Poi , proprio la mattina del 27, mi sono recata al Priamar per assistere alla ormai consueta celebrazione in ricordo delle vittime dei lager nazisti.

Nonostante il tempo inclemente, la sala della Sibilla era piena; tanti i ragazzi, studenti delle scuole superiori della città.

Le autorità in prima fila, i relatori al tavolo. I discorsi degli oratori, il toccante ricordo della Presidente dell’ANED, Maria Bolla.

Pausa: Quasi tutte le autorità, direi con poca sensibilità, se ne vanno.

Resto; c’è in programma uno spettacolo degli allievi dello Scientifico corredato da un piccolo libro che viene offerto al pubblico.

E a questo punto il miracolo: i ragazzi sono stati meravigliosi. Un’emozione che da tanto tempo non provavo. Allora ho capito che dovevo parlare di loro, che aveva un senso soltanto parlare di loro, delle sensazioni profonde e vive che avevano saputo suscitare.

Splendidi ragazzi. Splendidi gli insegnanti, ma splendidi voi così veri, così autentici. Grazie.

Erano nascosti dietro una paratia e al momento convenuto sono entrati sfilando.

Avevano tute bianche su cui erano state segnate delle strisce per imitare quelle tristemente famose dei prigionieri. Su ciascuna un simbolo: o la stella gialla degli ebrei o il triangolo rosso dei politici.

Camminavano curvi; era una sofferenza non solo interpretata, ma partecipata.

Dietro tre ragazze ( in tutto vi era un solo ragazzo ) con tute nere che marciavano col passo marziale – anche quello tristemente noto _ delle S S tedesche.

I deportati si sono seduti al centro, dando le spalle al pubblico; i tre nazisti, con sugli occhi una benda nera, hanno continuato a marciare attorno al gruppo degli sventurati al centro, poi si sono fermati, terribili e minacciosi, al suono di una musica martellante.

I deportati, uno alla volta, si giravano verso il pubblico e raccontavano le sevizie che avevano subito.

I ragazzi avevano una padronanza della scena degna di attori professionisti.

Davanti al pubblico sono riemerse le torture terribili e folli dei lager.

Le ragazze ricordavano gli esperimenti di tipo genetico compiuti sul loro corpo.

Le infiltrazioni di liquidi urticanti per interrompere il loro ciclo mestruale, le radiazioni per isterilire le ovaie che lasciavano ustioni profonde .Tante cose sono riapparse: l’inoculazione di germi patogeni per provocare malattie ed esperimentare nuovi farmaci su queste comode e indifese cavie umane.

Chi ha urlato la fame, chi il terrore, chi ha ricordato il numero di matricola inciso indelebilmente sul braccio e, legato a questo, gli estenuanti appelli subiti, seminudi, nel terrificante ghiaccio del lager.

Ogni intervento indicava una disperazione , ormai senza rabbia, ma sentito come una parte di vita da subire come ineluttabile.

I nazisti avevano tolto loro anche la possibilità di sentirsi esseri umani.

Al termine i deportati si sono raggruppati attorno ai tre nazisti e hanno chiesto come potevano ancora guardarsi allo specchio e avere rispetto di sé.

Chiedevano spiegazioni senza rabbia, ma con grande dolore.

I nazisti si sono tolti la benda e hanno spiegato che erano stati educati così, che quando agivano in quel modo pensavano di essere nel giusto, di compiere un’azione non solo lecita, ma doverosa.

La conclusione non è stata un urlo di vendetta, ma un pianto universale.

Fine dello spettacolo.

Al termine, a parte il tifo quasi calcistico dei compagni di scuola, il pubblico trascinato dall’ondata emotiva applaudiva senza sosta. “Bravi, bravi!” si sentiva gridare anche dal settore degli adulti.

In quel momento sono stata felice. Questo è il vero senso del giorno della memoria, che esiste veramente solo in quello slancio per cui i ragazzi ci gridano il nostro passato e dimostrano che loro sono pronti. Pronti a resistere all’ondata del presente avendo imparato la giustizia, la libertà, il rispetto della persona dalla lezione del passato.

Sono stata felice come quando a Mauthausen, nell’anniversario della liberazione, ho visto sfilare il corteo dei reduci e dietro tanti, tanti giovani e tante bandiere mosse dal vento.

Tutti cantavano “Ciao, bella, ciao” in tante lingue diverse. Mi sono messa a cantare anch’io ed eravamo tutti legati dalla sacralità delle cose in cui assieme credevamo.

Oggi è stato come allora. Ho sentito un legame tra i ragazzi che oggi hanno vissuto, fortunatamente in una finzione, il dramma dei lager e quelli del corteo.

Ho sentito che la fiaccola è stata raccolta e questi ragazzi la porteranno come hanno fatto prima altri giovani e ora tanti altri in tante parti del mondo.

Tenetela sacra, ragazzi, questa fiaccola. Noi possiamo riposare ora.

Ma grazie, ragazzi per quello che avete saputo regalare questa mattina.

Grazie agli insegnanti che hanno saputo creare questo miracolo.

Margherita Pira