UN VERO IDEALE VALE UNA VITA
Ho sempre pensato che una scritta del genere valesse solo per dei veri idealisti e che fosse molto difficile rifiutare sempre i compromessi ai quali spesso è quasi impossibile dire di no.

di Mauro Cerulli
 

Quando ho letto  sul giornale che la mia cara amica Patrizia Turchi aveva lasciato dopo 15 anni il partito di cui faceva parte, pensando alla intima coerenza fra le sue idee ed i suoi comportamenti, mi è venuto in mente che ho sempre visto in casa dei miei genitori, appesa al muro, una ceramica che riproduceva questo principio “un vero ideale vale una vita”.

Ho sempre pensato che una scritta del genere valesse solo per dei veri idealisti e che fosse molto difficile rifiutare sempre i compromessi ai quali spesso è quasi impossibile dire di no.

Non posso negare che qualche volta ho dovuto ingoiare qualche rospo e fare violenza a quello che era il mio vero pensiero e le mie vere intenzioni. Qualche volta ho dovuto fare buon viso a cattivo gioco e magari sorridere a chi avrei voluto rompere la faccia.

Oggi, giunto a 50 anni suonati, la penso diversamente, e la decisione di Patrizia mi ha fatto riflettere su quello che credo e quello che voglio.

Come molti sanno, le mie posizioni politiche sono diverse da quelle di Patrizia, anche se, sotto certo aspetti, io sono più radicale ed estremista di lei, soprattutto per quello che attiene ai diritti civili. Ciò non toglie che ci siano fra noi punti comuni per quanto attiene il rispetto degli ideali e, soprattutto, ci sia piena identità di vedute in ordine al fatto che non si può transigere sui principi fondamentali ai quali ci ispiriamo.

Io ho idee ben precise, ad esempio, per quello che attiene il concetto di democrazia, di libertà, di tolleranza, di uguaglianza. Per questo motivo, a differenza di chi si professa cattolico o protestante, non potrei riconoscere alcuna autorità morale sulla mia persona ad un capo di stato estero, sia esso Benedetto XVI o Elisabetta II, e ad ogni intervento ecclesiastico in campo civile divento furibondo: vedere, ed esempio, gente che ha fatto scelta di celibato e/o di castità cercare di impartire al prossimo lezioni di morale familiare e sessuale non richieste mi manda semplicemente in bestia, soprattutto se penso ai loro peccaminosi predecessori.

Ma non è questo il tema che mi interessa: il fatto è che, alla fine della legislatura in corso, anch’io come Patrizia sono deluso: ho dato un voto che è stato tradito da un governo che non ha combinato granchè di buono, ha cercato di stravolgere la costituzione, ha distrutto il sistema penale con leggi ad personam o leggi vergogna che consentono ai ricchi grassatori di farla franca, ha distrutto la fiducia nelle istituzioni attraverso un parlamento privo di dignità e condoni a raffica.

Dulcis in fundo, dopo aver tentato di stravolgere anche le funzioni della Corte di Cassazione e premiare i delinquenti assolti in primo grado, ha approvato una legge sulla legittima difesa che mi ricorda tanto il primo film di James Bond: Licenza di uccidere.

Allora faccio ammenda e chiedo scusa: quel motto inciso in una ceramica appesa in casa dei miei genitori mi appare finalmente in tutta la mia forza.

Non sono io che ho rinunziato ai miei ideali: sono coloro in cui ho creduto che li hanno traditi.

La mia coscienza è tranquilla perché non ha mai approvato né in pubblico né in privato siffatte infamie: e i traditori dei miei ideali verranno giudicati dal popolo italiano da qui a qualche mese.

E sia ben chiaro che non pretendo di essere nel giusto: potrei benissimo essere in torto. Ma preferisco essere reputato nel torto ma in pace con i miei ideali. E ho capito anche perché la politica non fa per me. Fare l’avvocato ed il politico al tempo stesso comporta compromessi ai quali non potrei mai assoggettarmi.

Per lo meno i miei colleghi avversari non corrono il rischio che faccia approvare delle leggi per avere ragione nelle cause in cui i miei clienti rischiano di brutto.

Mauro Cerulli