BIOPOLITICA

O la borsa o la vita?
Il provvedimento legislativo che introduce un nuovo concetto di legittima difesa per quanto ci riguarda pone numerosi problemi di natura etica e non solo.
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di GIULIO MAGNO

 

Il provvedimento legislativo che introduce un nuovo concetto di legittima difesa, fortemente voluto dalla Lega Nord, e avallato dalla maggioranza di governo, può interpretarsi come una palese “cambiale” politica riscossa da Bossi e dai suoi nei confronti della parte cattolica della Cdl.

Per quanto ci riguarda, la modifica pone numerosi problemi di natura etica e non solo.

La novità più rilevante non è costituita dall’introduzione della possibilità di armarsi, all’interno delle mura domestiche, poiché questa possibilità era già contemplata dalla legge; l’aspetto innovativo è in realtà la possibilità di fare uso delle armi (legalmente detenute) per difendere, oltre che la propria vita e quella dei nostri cari, anche il nostro patrimonio.

Ora, mentre sul primo oggetto della nostra difesa legittima, la vita, non avrei nulla da obiettare, e ci mancherebbe altro, sul secondo punto i miei dubbi diventano certezze di un rifiuto senza condizioni.

Un conto è infatti pensare di premere il grilletto quando un grande pericolo incombesse sulla mia stessa esistenza, ed un altro è farlo allorquando un malintenzionato attentasse all’integrità del mio patrimonio. Nel primo caso nessun dubbio, si tratterebbe di un’esperienza lacerante, poiché ferire od uccidere un uomo, seppure in tali frangenti di pericolo, oltre che essere comprensibile e spiegabile con un fulmineo ed istintivo ragionamento tipo “mors tua vita mea”, lascerebbe un’impronta indelebile nell’animo del legittimato a difendersi, con inevitabili strascichi psicologici (e bene lo sanno coloro che sono stati coinvolti in episodi anche solo legati ad omicidi colposi).

Nel secondo caso, mi riesce difficile accettare uno stravolgimento così plateale del giudizio di valore che correttamente dovrebbe essere formulato dal legislatore: non afferro se si tratti in realtà di una personificazione della merce (patrimonio messo in pericolo dal malvivente) o di una mercificazione della persona (la vita del malvivente che viene soppressa o messa in pericolo per tutelare il patrimonio).

In entrambi i casi il mio giudizio resta immancabilmente negativo.

Non solo.

La violazione dell’art.2 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, che recita “La morte non è considerata (fatto) illecito…quando è imposta dalla necessità di difendersi da una violenza illegittima” è palese, laddove eleva arbitrariamente il bene patrimonio allo stesso rango del bene da tutelare vita. Laddove lo Stato ha fallito, per non essere riuscito a gestire un grave problema di ordine pubblico, non si deve sopperire mettendo la pistola in mano al cittadino, e ce lo insegnano esperienze ben conosciute come quella in atto negli Stati Uniti, dove la troppo permissiva legislazione sulle armi e sul loro uso causa ogni anno migliaia di morti. 

Ma altri interrogativi sorgono, considerando i possibili effetti della norma, nella sua applicazione: dal punto di vista della statistica criminale, il numero delle vittime tra i cittadini oggetto di rapina in abitazione (o furti degenerati in rapine, per il destarsi del padrone di casa) aumenterà sicuramente, attesa la comprensibile valutazione, da parte dei rapinatori, della possibilità di fare fuoco per primi, qualora scoperti nell’azione delittuosa;

inoltre, dobbiamo considerare, nei “costi” complessivi, anche l’aumento probabile di decessi tra i minorenni che, tra le mura domestiche, potranno reperire armi da fuoco pronte all’uso (giacchè tenerle in un armadio blindato, magari separate dalle munizioni per sicurezza non avrebbe alcun senso pratico). Infine, altri morti saranno dovuti ad azioni delittuose che nulla hanno a che fare con le rapine, e mi riferisco all’uso possibile di tale scriminante difensiva per giustificare l’eliminazione di rivali in amore o magari in affari, da parte di cittadini senza scrupoli, o vittime di divoranti gelosie…. Sarebbe stato meglio, dal punto di vista politico, adottare provvedimenti meno dirompenti, magari permettendo sgravi fiscali per la dotazione di efficaci sistemi antintrusione, inasprimento delle pene per tipologie definite di reato (fattispecie con aspetti di tipicità: furto/rapina in villa con presenza dei proprietari) con aggravamenti (in questi casi sì) in caso di recidiva. 

Un uomo o una donna normali, che non hanno neanche fatto il militare, e quindi non conoscono l’uso pratico dell’arma della quale si sono dotati, trovatisi vittime di un furto o di un’intrusione a scopo di rapina nella propria abitazione, quanto riusciranno a dominare la propria reazione, ad evitare di scaricare tutti i colpi della propria arma verso il malvivente, anche se questi fugge ai primi spari? Non sarebbe meglio, a fronte di fatti come quelli recenti di cronaca, almeno imporre un corso di apprendimento all’uso dell’arma, con conseguimento di un’abilitazione specifica? Si deve prendere la patente per l’uso di un motorino, e non si pensa la stessa cosa per l’uso di un’arma…

Alla prossima settimana 

Giulio Magno