Sarebbe ora che venisse riconosciuta la dignità dei difensori degli animali e che le critiche loro rivolte fossero più saggiamente dirette a ben altri soggetti.
di
Antonella De Paola |
Oltre a dover affrontare la miriade di difficoltà che ogni battaglia immancabilmente comporta, chi si occupa di diritti animali deve spesso difendersi anche dalla sgradevole accusa secondo la quale, invece di dedicarsi ai problemi dei nostri simili, gli unici realmente degni di attenzione, egli sprecherebbe il suo tempo e le sue capacità in attività eticamente inaccettabili. In pratica, difendersi dall’ accusa di essere un individuo immorale: non solo insensibile alle sofferenze del genere umano, cosa tutto sommato tollerabile, ma persino attento al benessere delle “bestie”, da molti evidentemente considerate ancora alla stregua di quegli esseri immondi di cui si legge negli antichi testi sacri.
Il concetto viene normalmente espresso sinteticamente con una delle seguenti frasi, usate alternativamente a seconda dei casi ma pronunciate sempre con lo stesso tono denigratorio e colpevolizzante: “… con tutti i bambini che muoiono di fame…. con tutti i problemi che ci sono al mondo… invece di pensare alle cose serie… “.
I più generosi nei confronti dei non-umani arrivano ad ammettere che gli animali sono vittime innocenti di molti e gravi maltrattamenti ma si affrettano poi a dire che, comunque, è giusto occuparsi prima di tutto dei problemi umani e poi, una volta risolti questi…. Un modo elegante ed ipocrita per negare i diritti animali tout court visto che è evidente a chiunque che i problemi dell’umanità esisteranno fino a che esisterà il mondo.
Curiosamente, pur occupandosi di animali a tempo pieno, veterinari e toelettatori sono viceversa giustamente considerati lavoratori come tutti gli altri. Ma se le accuse agli animalisti di cui sopra fossero fondate, non dovrebbero essere immorali anche le loro attività visto che in questo disgraziato mondo ci sono milioni di esseri umani che non godono della minima assistenza? O forse dedicarsi agli animali per motivi di lucro rende morale ciò che per sua natura non lo sarebbe? O magari è indecente solo occuparsi degli animali “di nessuno”, che sono e devono continuare ad essere oggetti per il nostro uso e consumo?
Premesso che chi si batte per i diritti animali spesso lo fa proprio perché è tanto sensibile alla sofferenza altrui da riuscire a riconoscerla anche negli esseri più deboli e bistrattati (mentre altrettanto non si può dire di molte pie persone), rimane il fatto che ognuno di noi è istintivamente portato, per sua naturale propensione o per il bagaglio di esperienze accumulato nel corso della sua esistenza, verso certi interessi piuttosto che verso altri. I religiosi la chiamano “vocazione”, i laici “passione” ma, comunque la vogliamo chiamare, la dedizione a tutto ciò che tende a migliorare il mondo e l’esistenza dei suoi svariati abitanti non può che essere giudicata con rispetto. Tanto più se questo impegno viene portato avanti in maniera del tutto disinteressata.
A nessuno viene in mente di criticare chi dedica il suo tempo libero alla cura degli anziani abbandonati per il fatto che non si impegna anche a combattere il mondo della prostituzione; né ci sogniamo di biasimare un volontario della Croce Rossa se non si occupa anche dello sfruttamento dei lavoratori terzo mondiali. Analogamente, sarebbe ora che venisse riconosciuta la dignità dei difensori degli animali e che le critiche loro rivolte fossero più saggiamente dirette a ben altri soggetti.
Magari ai molti che, con il loro stile di vita, contribuiscono ad alimentare una società violenta ed ingiusta che premia truffatori, giocatori di calcio ed attricette in mutande; o magari alle tante persone “per bene” che sono pronte a gettare fango sull’impegno altrui ma che, da parte loro, non si occupano di alcunché essendo già impegnate a tempo pieno ad assicurarsi una vita più confortevole e vacanze più esotiche di quelle dei loro vicini di casa.
Antonella de Paola