IL SECOLOXIX |
«E cco, vedete quel signore che sta per salire sul bus? Voi
pensate che sia diretto al Santuario, in realtà cerca di
trovare un po' di compagnia. Almeno per tutta la durata del
biglietto. E lo farà anche il giorno di Natale. Sono molte
le persone come lui. Ogni quartiere, di storie simili,
potrebbe raccontarne un'infinità. Me ne accorgo ad ogni
cambiamento di tracciato che svolgo. Le linee che percorro
non sono mai le stesse. L'esatto contrario delle storie che
si portano dietro. Hanno tutte una radice comune: la
solitudine».
Comincia così il racconto di Renzo Dorindo, quarantunenne, autista dell'Acts, che domani sarà al lavoro, di turno, sul bus natalizio, una corriera meno affollata del solito: un luogo che, per molti anziani, si trasforma in un antidoto alla solitudine. Proprio il 25 dicembre anche un anonimo autobus diventa qualcosa di più di un semplice mezzo di trasporto. «A Natale si raddoppia quello che già normalmente avviene nel resto dell'anno - dice Dorindo - Molti anziani si servono del bus soltanto per trovare un po' di compagnia o riuscire a chiacchierare con qualche coetaneo. Salgono e fanno più volte il tragitto della corsa per poi tornare a casa un po' meno gravati dal peso della solitudine. Ogni linea ha i suoi fedelissimi. Quando manca qualcuno alla consuetudine dell'incontro, gli altri cercano di averne subito notizie. Prima che mi accorgessi di questo fenomeno, mi pesava molto lavorare il giorno di Natale. Ora decisamente meno. Adesso mi gratifica il pensiero che molte persone sole possono trovare nella corsa sull'autobus un punto di riferimento». E Dorindo il volto della solitudine lo ha scorto più volte dallo specchietto retrovisore della sua postazione di guida. Undici anni di servizio gli hanno fatto sviluppare un particolare sesto senso per situazioni simili: «C'è il professore in pensione, la vedova rimasta al mondo senza nessuno, chi non può essere raggiunto dai figli lontani e mille altre storie. Tutte tessere di un mosaico che solo la frenetica superficialità del quotidiano non permette di scorgere». Le dinamiche di riconoscimento sono quasi sempre le stesse. «Il primo segnale è la presenza costante di alcuni passeggeri su determinati tracciati - prosegue il conducente - Poi basta ricambiare gli sguardi che mi rivolgono nel salire sul pullman. Non mi si può parlare durante la corsa per cui molti aspettano di arrivare al capolinea per scambiare con me qualche parola prima della partenza. Alcuni raccontano la loro vita, altri manifestano i problemi che li affliggono o si confidano. Ormai ci riconosciamo a vicenda. Succederà anche a Natale e sarà una gioia reciproca, fatta di una riconoscenza silenziosa quanto percettibile». Una simile gratificazione riesce a mitigare in parte a Dorindo il distacco dalla propria famiglia. In particolare quando si ha una bambina di undici anni che attende il giorno - per i piccoli - più speciale dell'anno con un'attesa carica di magia. «Chi non si è ancora abituata del tutto a vedermi andare via ad un certo punto della giornata è proprio mia figlia Valeria - ammette Dorindo - La mia famiglia adegua con pazienza gli orari della festa alle mie esigenze lavorative. Pesa un po' prendere servizio, ma quando comincio a vedere salire sulla corriera i passeggeri del Natale tutto diventa differente. È appagante fornire, anche il 25 dicembre, un servizio che per molti è di fondamentale importanza. Non solo per sentirsi meno soli. Per le persone disagiate l'autobus è una vera e propria necessità oltre che l'unico modo per muoversi. I loro sorrisi al termine della corsa sono una gratificazione inestimabile». Che sia un giorno fuori dal tempo ordinario traspare da mille particolari. «È in frangenti simili che spesso abbiamo notato chi, salendo da solo, tale è rimasto - conclude l'autista - e aspetta unicamente di compiere altri giri di linea fino alla scadenza del biglietto». E sovente è proprio l'attesa del termine di un biglietto che, per solitudine, si è stanchi di avere in tasca a rendere la vita degli anziani più pesante del solito sotto le feste. È allora che anche un sorriso dallo specchietto retrovisore di un autobus può essere il regalo di Natale più bello ricevuto durante tutta una vita. Angelo Verrando Raffaele Di Noia 24/12/2005 |