Borgio Verezzi. Da una parte il diavolo, dall'altra l'acqua
santa. Lo scenario è suggestivo, la storia di ordinaria
diatriba tra un comunista dichiarato e un prete. Motivo del
contendere un pezzo di canonica che il sacerdote vorrebbe
recuperare per riconsegnarla ai fedeli strappandola al
peccato, seppur di gola, di cui in questi anni è rimasta
vittima. Giuliano Zambarino, 53 anni, ex metalmeccanico, da
due decenni ristoratore, gestore della trattoria "Lassù",
immobile della chiesa, si passa nervosamente le mani tra i
capelli per poi accarezzarsi la barba. Riflette a voce alta,
interrogandosi su cosa potrebbe aver scatenato la "guerra
santa", il dispositivo di sfratto che la parrocchia gli ha
fatto recapitare per poi accusarlo di non aver mai avuto un
regolare contratto di affitto. Don Sergio, pastore di poco
più di cento anime disseminate nel vecchio borgo della Crosa,
oltre Verezzi, sorride sottolineando che con i comunisti non
ha mai avuto nulla e che molti suoi parenti, anche stretti,
predicano le teorie di Marx.
Zambarino, detto "zio Sam" in memoria delle sue camicie paramilitari sfoggiate a metà degli anni Sessanta, quando era un hippy, fa spallucce e all'idea di dover lasciare gli spazi occupati soltanto perché crede ancora alla falce e martello, si inalbera borbottando che dopo anni di onesto lavoro gli vogliono dare un calcio nel sedere. «Ho rilevato la trattoria da un amico che con l'ex parroco era amicone - sottolinea - Abbiamo sempre collaborato per rendere accogliente questi pochi metri quadrati adiacenti la chiesa. Ho chiesto al nuovo parroco di fare una richiesta di affitto adeguata e lui mi ha risposto dicendomi di fare la valigie. Il locale è frequentato da gente rispettabile. Non ho mai ospitato balordi. Non sono credente, ma rispetto tutte le idee. Credo nel convivere civile». "Zio Sam" non si arrabbia parlando del sacerdote che vuole mandarlo via, ma insiste col dire che se ha fatto qualcosa di male devono dirglielo. «Forse è per quell'orecchino?». E stavolta Giuliano Zambarino sorride apertamente mostrando i lobo dell'orecchio destro dove fa bella mostra una falce e martello in argento sfoggiata senza problemi. Il bar-trattoria "Lassù"è un angolo di Paradiso incastonato a fianco della splendida basilica di San Martino, santuario del '600, che domina il mare sino oltre Capo Mele. All'esterno sventolano le bandiere arcobaleno per indicare il ripudio della guerra. Le ha issate lo "Zio Sam" già quando qualche malalingua sussurrava che dopo il suo arrivo anche la Madonna aveva fatto i bagagli. Sì, su questo monte incantato, eremo per meditazione, preghiera e peccati di gola, era anche apparsa la Vergine Maria. Il luogo diventò meta di pellegrinaggi, poi, poco per volta, tornò alla tranquillità interrotta soltanto dal vociare festoso degli avventori che coccolati dall'oste comunista si erano sostituiti alle pie donne. «Non sono un mangiapreti. Faccio onestamente il mio lavoro rispettando tutto ciò che mi circonda. Il fatto di essere alla sinistra di Rifondazione non significa che non rispetti il credo degli altri. Quando c'era don Bruno...». Zambarino si difende e chiede aiuto ricordando l'ex parroco, un omone d'altri tempi, disponibile ad aiutare tutti e sempre pronto ad assaporare le gioie della tavola. Parla quasi sottovoce e al parroco che non c'è più porta volentieri, sulla tomba poco distante dal ristorante, qualche fiore. Nel piccolo camposanto subito dietro la chiesa "Zio Sam" mostra la nicchia dove riposa don Bruno. Poi, voltandosi di scatto, mostra una tomba antica su cui spiccano i simboli massonici. «Vedete in questa terrà il diavolo e l'acqua santa sono sempre andati d'accordo. Difficile immaginare che le cose possano cambiare...». La "Madonna dei campi" fa miracoli e non è escluso che Zambarino e don Sergio Montanari possano trovare un accordo. «Mi auguro di non finire in mezzo a una strada. Non ho l'età per ricominciare. Non è una questione da Peppone e don Camillo». Quella di "zio Sam"" non è neppure una preghiera. E' solo speranza che manifesta lanciando ancora un appello al parroco: «Dammi una mano. Lavoro onestamente per vivere». E don Sergio? Il sacerdote, bresciano, di tre anni più giovane di Zambarino, ex frate cappuccino, diventato poi "secolare", sorride respingendo, però, con forza, le accuse di anticomunista. «Quel pezzo di canonica serve alla chiesa. Non abbiamo spazi sufficienti. Il ristorante non ha contratto di locazione. Sino ad oggi non risultata sia stato pagato l'affitto. La parrocchia è in gravi difficoltà economiche». Alla porta bussa una donna, chiede l'elemosina. Don Sergio cerca qualcosa, ma non ha niente, e timidamente risponde: «Domenica alla Messa c'erano 6 persone. In una settimana non riesco a mettere insieme neppure 50 euro». Daniele La Corte 05/12/2005 |