06 Dicembre 2005 LA STAMPA

IL FUTURO DELLA VALBORMIDA LE REPLICHE ALLE AFFERMAZIONI DEL MINISTRO SCAIOLA DURANTE LA RECENTE CERIMONIA DELL’UNIONE INDUSTRIALI AL CHIABRERA DI SAVONA
I sindacati: vertice sul caso-Ferrania
E il consigliere regionale dei Verdi Carlo Vasconi contesta duramente l’ipotesi del carbone
Mauro Camoirano
SAVONA
Il consigliere regionale dei Verdi, Vasconi, spara a zero sulle dichiarazioni del ministro Scajola circa la necessità di una centrale a carbone in Val Bormida. E i sindacati, unitariamente, chiedono un urgente incontro con tutti i firmatari dell’accordo di luglio.
VASCONI. «L’incongruenza del ministro quando promuove la realizzazione di una centrale a carbone proprio in Val Bormida, inserita in un “grande programma di risanamento ambientale” è evidente. Il risanamento è in netto contrasto con la politica del carbone. Inoltre, per pulire i fumi delle centrali a carbone dai gas velenosi ci vogliono impianti costosissimi, e comunque non viene ridotta l’anidride carbonica, la cui super produzione viene ora contabilizzata a livello internazionale, ed il protocollo di Kioto prevede multe salatissime per i Paesi che non rientrano nei parametri stabiliti. Sommando il costo degli impianti e il rischio di multe, il presunto costo inferiore del carbone, citato dal ministro, è a dir poco inesatto».
E continua: «Il fatto di collocare poi, nelle dichiarazioni ufficiali, le fonti rinnovabili di energia sempre all’ultimo posto, è sintomatico delle intenzioni di questo governo che di fatto le considera marginali. Ben altro succede in Germania e Spagna: la prima investe ogni anno 6 miliardi di euro nel settore, con un’occupazione di oltre 120 mila persone; la Spagna ha già occupato 30 mila persone». Vasconi si scaglia anche sulla promozione del settore nucleare in cui sembra credere, invece, il ministro Scajola: «Mega impianti che comportano enormi rischi (incidenti, scorie nocive, terrorismo)», e sottolinea l’obiettivo della Regione «di elaborare un piano generale dell’energia che privilegi le energie rinnovabili».
SINDACATI. Le organizzazioni sindacali sottolineano «disagio e preoccupazione in merito all’attuazione del protocollo d’intesa di luglio, sia per quanto riguarda i tempi sia per la scarsa chiarezza di percorso. La fragilità delle produzioni tradizionali di Ferrania e le loro ridotte prospettive di mercato rendono infatti indispensabile l’individuazione di progetti integrativi ed alternativi: in particolare l’avvio di produzioni strategiche in prospettiva quali il medicale digitale ed il rilancio della chimica fine, nonché l’avvio concreto della piattaforma tecnologica». I sindacati chiedono, quindi, la convocazione urgente di un vertice con tutti i soggetti firmatari l’accordo per verificare, tra l’altro, «come mai il rilancio delle attività produttive di Ferrania viene perseguito attraverso una razionalizzazione consistente dei costi senza peraltro che fino ad ora si siano potuti osservare significativi investimenti da parte della nuova proprietà; il perché, nonostante «da parte di Regione e Provincia siano stati individuati i finanziamenti per la formazione non sono ancora chiari quali saranno i percorsi formativi e, soprattutto, se potranno realmente essere finalizzati al reintegro dei lavoratori attualmente in cassa integrazione»; soffermandosi, poi sulla «piattaforma tecnologica che sembra essere ancora molto astratta: non si conoscono gli investimenti necessari né le ricadute occupazionali né il reale impegno circa il coinvolgimento di Sviluppo Italia».
Si intensificano in Val Bormida le iniziative di opposizione alle centrali a carbone