IL RITORNO DI CRUDELIA DEMON La gente giustamente inorridisce alla vista dei cuccioli di foca uccisi a bastonate sui ghiacci artici ma non si rende poi conto che non c’è pelle, a qualunque animale originariamente essa appartenesse, che non abbia comportato sofferenze analoghe.
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Antonella De Paola |
Negli ultimi dieci anni le campagne di sensibilizzazione animalista hanno prodotto, a livello mondiale, un calo di oltre il 30% delle vendite di pellicce. Il fenomeno è stato avvertito anche in Italia dove il numero di allevamenti di visoni è sceso dalle 170 unità del 1988 alle 50 del 2002 e dove si è visibilmente assistito alla progressiva chiusura di numerosi negozi del settore.
I dati sembrerebbero molto rassicuranti mentre in realtà la battaglia è ancora tutta da combattere. L’industria pelliccera, affatto rassegnata, ha infatti cambiato strategie e ciò che è stato faticosamente sbattuto fuori dalla porta viene ora abilmente fatto rientrare dalla finestra. Se per le nuove generazioni i cappotti di pelliccia sono decisamente kitsch, cadaverici polsini, bordi, colli e rifiniture sono viceversa di gran moda. La diffusione di massa di questi inserti, resa possibile dal loro costo contenuto e dalla facilità con cui sono generalmente accettati anche dai consumatori più sensibili, fa sì che i produttori del settore continuino a fare lucrosi affari e che gli animali continuino ad essere catturati, allevati ed uccisi.
La gente giustamente inorridisce alla vista dei cuccioli di foca uccisi a bastonate sui ghiacci artici ma non si rende poi conto che non c’è pelle, a qualunque animale originariamente essa appartenesse, che non abbia comportato sofferenze analoghe. Né si rende conto che chi uccide per far soldi non è più colpevole di chi questa inciviltà la sovvenziona per soddisfare la propria vanità.
Sta di fatto che per questa moda sanguinaria ogni anno sono tuttora uccisi – quasi sempre in maniera brutale - 15 milioni di animali selvatici e 29 milioni di animali d’allevamento. Il 70% di questa responsabilità dipende dai paesi europei e dalle loro prestigiose case di alta moda che, ovviamente, continueranno ad ignorare il mare di sofferenza che si cela dietro al loro business fin quando questo business sarà per loro gratificante. In Italia il pericolo di una recrudescenza del fenomeno è particolarmente alto, sia perché gli italiani sono tradizionalmente molto attenti al loro abbigliamento, e quindi più vulnerabili alle lusinghe della moda, sia perché la sensibilità animalista è meno sviluppata di quanto non sia in altri Paesi.
Il nostro governo ben riflette questa arretratezza culturale. Mentre in Inghilterra e in Austria è vietato allevare animali da pelliccia ed in Paesi come la Germania e la Svezia le norme che regolano gli allevamenti sono talmente rigorose da favorire la graduale dismissione delle strutture esistenti, in Italia gli interessi commerciali degli operatori del settore sono riusciti ad imporsi presso i soliti politici compiacenti impedendo i più elementari progressi. Nel 2001, lo scorso governo era riuscito ad approvare una legge che prevedeva l’ampliamento delle gabbie dei visoni. La legge è entrata finalmente in vigore nel gennaio 2004 per essere sospesa, nel dicembre dello stesso anno, dal governo in carica.
Ed è così che i visoni italiani continuano a vivere in gabbiette di filo metallico dove possono a mala pena girarsi su sé stessi e dove di norma impazziscono o si mutilano, nell’inutile tentativo di evadere; gabbiette da dove usciranno solo per essere uccisi per elettrocuzione anale o il fracassamento del cranio.
Antonella De Paola