12 DICEMBRE: ANNIVERSARIO TRISTISSIMO E RABBIOSO DELLE BOMBE A PIAZZA FONTANA
( la verità da un libro all’altro: non da chi sarebbe dovuta!)

di Sergio Giuliani

 Quella sera del ‘69 ero al Partito in cui militavo. Appena si seppe della bomba telefonammo alla sede centrale a Roma e qualcuno, dettandoci (non c’erano allora né fax né e-mail) un comunicato con cui volantinare, ci disse qualcosa come “I colpevoli sono molto noti a chi adesso piange in tv”.

              Con la rabbia andammo a distribuire i volantini all’uscita delle fabbriche (allora c’erano!).

A me toccò l’Italsider e ricordo come allora quelle facce stanche prendere il volantino, leggerlo, chiederci cosa sapevamo di più e andar via a testa bassa, senza parole.

              Ci trovammo in Piazza Sisto dove sapemmo che, come primo “brillante”  atto di risposta delle autorità a tanto scempio, era stata perquisita la casa dell’anarchico Umberto Marzocchi,icona della più alta moralità politica a Savona.

Sconcerto a sconcerto, rabbia a rabbia, buio a buio, anche se, mentre imbucavamo volantini per una città come rattrappita, pensammo subito, più che a qualche cretino criminale, di qualunque ideologia si professasse ( e i cretini criminali non ne hanno!) ad una macchinazione tesa ad interrompere l’ascesa di coscienza politica che saliva di manifestazione in manifestazione, come se ci fosse da riprendere il bandolo dei valori “resistenti” (al tempo, non erano ancora state istituite né le regioni né la Corte costituzionale, perni volutamente tardati del funzionamento della macchina democratica) e finalmente attuarli con precisa ed attiva coscienza. Certo che ci piaceva il calcio, sport allora come ora; ma il tempo e le forze per occuparci di politica e la voglia di discuterne con tutti, amici e meno, non ci mancava e non avevamo né pigrizia né paura di confrontarci.

               Pista “anarchica” da subito: ci casca Montanelli ( e questo è nulla!); ci casca “L’Unità” e ci parve grave, pur senza voler prefigurare i risultati delle indagini.

               Non ci piacquero certe manifestazioni a Milano, pur così colpita; non ci piacque l’avvocato Degli Occhi avvolto nella bandiera tricolore (e noi chi eravamo? Dei decolorati?) a nome “maggioranza silenziosa”, come se noi non facessimo altro che strepitare.

               Uscì un libro nuovo di spirito e di fattura, voluto da un collettivo di avvocati e di politici. Si intitolava “La strage di stato” ed aperse gli occhi anche ai ciechi. Avvertiva di strane manovre fra teppisti di destra e qualche vertice di potere, di strani viaggi di esplosivo ,di detonatori, di mezze ammissioni e di supposizioni che il tempo si è impegnato a verificare puntualmente. Allora i nostri dubbi divennero pressoché certezze appuntate: ci piacque il titolo del libro, confermato da una serie di episodi inqualificabili come portare il dibattimento processuale a Catanzaro (!!!), far pagare quasi 10 milioni di lire di allora ai parenti delle vittime per acquistare le fotocopie degli atti e, soprattutto, sconvolgere e pressoché distruggere la vita di un anarchico, Pietro Valpreda,incastrato in modo incredibile, ma pur tanto “comodo” a recitare la parte del “mostro”.

               Non ci si credette e Savona democratica invitò, su proposta del mai dimenticato Andrea Uberto, figura specchiata di libertario assoluto, Pietro Valpreda al Casinò di Lettura per manifestargli la propria solidarietà e c’eravamo davvero in tanti.

               Poi arriva il tempo delle “piste nere” (e giù nomi: Rauti, Giannettini, Pozzan,Freda, Ventura, Zorzi etc etc) ognuno con qualche cavillo per uscir d’indagine e sgomentare gli inquirenti sull’intera, ormai pesantissima, intricatissima, cartacea e pronta ad esser rimossa faccenda.

              Passano decenni e si posa la polvere finchè?. Vedi scherzi della verità? Quando non la temi più e forse neppure più la cerchi,eccola!

              Un giudice “zuccone” che rinuncia alla carriera e si seppellisce, canzonato dai colleghi, in un Everest di falconi e un giovane storico ( che sia di scuola defeliciana?),approfittando di un allentamento delle maglie, del confluire di informazioni da altre inchieste e della o rabbia o sicumera di chi allora depistò ed adesso parla più chiaramente, ricostruiscono un attendibilissimo quadro dell’evento tra i più drammatici della recente storia italiana che fa da filo conduttore ad un piccolo, ma pesantissimo libro che non vorrei mancasse sotto alberi di Natale e presepi. Luciano Lanza scrive, per le Edizioni “Eleuthera” “Bombe e segreti” ( euro 12) che, dopo l’esposizione chiara ed esauriente dei fatti, ovvero finalmente la ricomposizione del puzzle di n pezzi, intervista il giudice Guido Salvini, riemerso dall’incartamento con l’amara soddisfazione di un pesantissimo e civico lavoro compiuto con onestà ed acribia e non tenuto presente neppure dalle ultime sentenze (prima dell’archiviazione definitiva e l’invio al macero della vicenda) che sono tutte assolutorie o quasi per esilità di indizi(!!!)

              Si deve leggere assolutamente, quest’intervista: precisa, coraggiosa

(la strage forse non cominciò come “di stato”; forse fu anche qualcosa che scappò di mano a monellacci peraltro ben noti; voleva essere una “frenata”

alla sinistra; divenne un tornado che TUTTI, si dice tutti, dovettero a questo punto, come direbbe Manzoni, “sopire e troncare”.

              Volevamo la verità? Eccola, esile, esigua perché così lontana, disseccata e pur enorme per chi ricorda. Leggiamola: facciamo dispetto a chi ci chiama “dietrologi” e vuol che si veda tv e non si legga.  

                                                           Sergio Giuliani