Il cammino di Santiago

Il  viaggio di uno  studente dell'UNITRE di Varazze  andato pellegrino a piedi da Roncisvalle a San Giacomo di Compostela( circa 800 chilometri )
Questo pellegrinaggio è diventato  una moda tanto che su quel tratto di strada c'è un flusso turistico eccezionale.

di  Margherita Pira e Pino Puppo
 

 

Per Pino è stato il sogno di una vita. Santiago. Il cammino di Santiago.

Pino: sessanta anni suonati, prima pescatore – poi infermiere – ora a riposo, nonno a tempo pieno E un sogno: il cammino di Santiago.

Ha cominciato a pensarci quando, tanti anni fa, si è innamorato del medioevo.

Tutto interessa a Pino di quel periodo: gli avvenimenti, le lotte, l’emergere delle nuove classi sociali, le strutture economiche, le tecniche di navigazione, ma soprattutto la religiosità.

Abbiamo rivisto insieme “Il settimo sigillo” di Bergman e quel senso della morte che si incrocia alla vita è stato per lui un sigillo in più, un tassello al mosaico del suo progetto.

Una bisnonna pellegrina al santuario della Guardia gli sembrava un invito sino dall’infanzia.

Quest’anno la decisione:”Vado perché, forse, dopo non sarà più possibile”.

Poi i preparativi.

 Bisogna allenare il fisico: il percorso è di 744 chilometri e percorrere a piedi una tale distanza per noi, abituati alla comodità delle auto, non è uno scherzo.

Quindi belle camminate ogni mattina, aggiungendo ogni giorno un chilometro in più. Verso la fine degli allenamenti si riesce a percorrere senza sforzo eccessivo anche trenta chilometri al giorno.

Del resto le tappe del cammino prevedono  dai 18 ai 32 chilometri per una durata complessiva di almeno 30 giorni.

Occorre pensare anche all’equipaggiamento. Leggero, comodo; la tecnologia moderna aiuta.

Una volta il vestito del pellegrino era un mantello che gli serviva da cappotto, da impermeabile e da coperta. Poi c’era un cappello a falde larghe per proteggersi dal sole e dalla pioggia. Vi erano poi un paio di robusti sandali da frate, un lungo bastone da pastore per difendersi da animali e uomini, una bisaccia e una zucca vuota per l’acqua.

Spesso i pellegrini, alla loro morte , si facevano seppellire con questi abiti, segno della loro devozione.

Prima di partire il pellegrino si recava in chiesa dove, con una cerimonia solenne, riceveva la benedizione e cominciava il suo cammino che poteva durare anche anni.

Molti, prima di partire, facevano testamento perché capitava anche spesso che il viaggio fosse senza ritorno.

Ora il cammino di Santiago è diventato quasi una moda e i nuovi pellegrini non sempre sono spinti da motivazioni religiose; per alcuni si tratta di una motivazione turistica ( si incontrano luoghi splendidi e ricchi di monumenti storici ), per altri prevale l’aspetto sportivo, per altri ancora c’è il desiderio di compiere un’impresa così in controtendenza rispetto alla vita attuale. Per molti tuttavia lo slancio religioso è ancora la spinta dominante.

Il cammino può essere percorso a piedi o in bicicletta o anche a cavallo. Può anche essere percorso in diversi anni. Si fa una prima parte del cammino un anno, poi si riparte l’anno successivo dal punto d’arrivo di quello precedente e così via, anche in diverse fasi.

Lungo il sentiero vi sono i rifugi del pellegrino in cui si può sostare per la notte ( in stanzoni con i letti a castello o in brandine come nei dormitori dei vecchi collegi ) e vecchi osterie dove mangiare con prezzi assolutamente contenuti.

Ogni pellegrino porta con sé un pieghevole e ogni volta che giunge in un rifugio per sostare la notte deve presentarlo agli incaricati per avere diritto all’ospitalità e qui, in una apposita casella, sarà posto il timbro del rifugio ( “Sello” ) e la data del pernottamento.

Giunti a Santiago, presentandosi all’ufficio di accoglienza dei pellegrini, gli incaricati verificheranno il percorso compiuto, applicheranno l’ultimo “Sello”, iscriveranno il viaggiatore nell’albo ufficiale dei pellegrini e consegneranno la “Compostela”, ossia l’attestato della basilica jacopea  per l’avvenuto pellegrinaggio.

Questi dati concreti però sbiadiscono di fronte all’esperienza umana che lascia segni profondi e indelebili in coloro che l’hanno vissuta.

Pino parla, racconta le sue esperienze e mentre le parole fluiscono sciolte nel discorso ( cosa strana perché Pino non è una persona che ami essere al centro dell’attenzione ) si vede che sta parlando di una cosa preziosa che l’ha profondamente arricchito.

Dice che ciò che per lui è stato più importante è il rapporto con il suo io interiore  e con gli altri.

“Quando sei solo e cammini per un sentiero polveroso – dice – sotto un sole tanto cocente da disorientare, ti passa davanti agli occhi tutta la tua vita e devi fare i conti con te stesso. E la tua coscienza non ti fa sconti”

Diverso è il rapporto con gli altri pellegrini. Con questi il rapporto viene spontaneo e leggero.

Si è tutti sulla stessa via con una meta comune e non importa se si parlano lingue diverse. La comunicazione è empatica e immediata.

Racconta Pino che una delle serate più belle è stata quella trascorsa con una turista tedesca che non conosceva una parola di italiano come lui non conosceva una parola di tedesco eppure.. “Ci siamo scambiati tanti pensieri. Un po’ con il francese e un po’ con la mimica. E in quella sera eravamo veramente amici e lo siamo ancora anche se probabilmente non ci vedremo mai più”

Grazie, Pino, della tua esperienza che ci hai regalato col tuo racconto.

La conchiglia, simbolo del pellegrino compostelano, la terremo tra le cose più preziose!  

Margherita Pira e Pino Puppo