Gagliardi: «Abolire le Province, costano troppo» La proposta del sottosegretario
Gagliardi: «Bisogna abolire le Province» Proposta choc del sottosegretario agli Affari regionali. «Il Paese non può più permettersi l'attuale carrozzone pubblico»  dal SECOLOXIX
«Per risparmiare, cancellare anche Comunità montane e Circoscrizioni comunali» «Il federalismo impone di rimodulare le Regioni a Statuto speciale»
 Abolire le Province, le Comunità Montane e i Consigli circoscrizionali dei Comuni. Riordinando le Regioni a statuto speciale. La devolution non è ancora stata archiviata - bisognerà attendere l'esito del referendum confermativo - ma per il sottosegretario agli Affari regionali, Alberto Gagliardi, è già tempo di rimettere mano all'ordinamento, rimodulandolo sulla base del federalismo appena varato, fra mille contestazioni, dal governo.
Secondo costume, Gagliardi va giù d'ascia, sfidando l'impopolarità. E le prevedibili reazioni. Se la sua idea trovasse seguito, in Liguria l'effetto sarebbe quello di cancellare quattro amministrazioni provinciali, diciannove Comunità montane e trenta Circoscrizioni comunali. In generale, l'obiettivo è chiaro e potrebbe risultare più condiviso di quanto s'immagini: «Ridurre i costi della democrazia».
Vedi caso, un esplicito richiamo al volume appena dato alle stampe dalla Mondadori e firmato da due senatori diessini doc, Cesare Salvi e Massimo Villone. Il titolo è, appunto, "I costi della democrazia". Che, secondo conteggi probabilmente approssimati per difetto, ammontano alla stratosferica cifra di 1,851 miliardi di euro all'anno. Nel vecchio conio, 3.582 miliardi, l'equivalente di una mini-manovra finanziaria. L'occhio vispo di Gagliardi si accende: «Così non diranno che sono il solito forzista pronto a esagerare...».

Si può dire, però, che un conto è cercare di ridurre le spese, altro ghigliottinare le istituzioni.
«Allora ghigliottiniamo le tasche dei contribuenti! E se vogliamo provare a capirci non mi dica che faccio demagogia».
Proviamo a capirci.
«Allora partiamo da un dato di fatto: abbiamo il terzo debito pubblico del pianeta perché dagli Anni Settanta in poi, con l'avvento al governo del consociativismo, gli enti locali spendono e spandono e lo Stato paga a pie' di lista. Non possiamo più permettercelo e l'aggravante è che con la vigente riforma istituzionale e le leggi Bassanini, volute dal centrosinistra, non ci sono più gli organi di controllo periferici, cioè il vecchio Coreco per i Comuni e le Province, il Commissario di governo per le Regioni».
Ci sta pensando l'esecutivo, però, con una Finanziaria ch'è lacrime e sangue per gli enti territoriali.
«E' una Finanziaria di rigore, caro lei, cioè una cosa mai successa in periodo pre-elettorale. Di rigore perché cerca di limitare gli sperperi, di sviluppo perché riduce il carico fiscale alle imprese».
Io vedo gente che si agita e a migliaia scende in piazza.
«Lasciamo perdere 'sto discorso, sennò mi arrabbio. Comuni, Province, Regioni, più le sotto-amministrazioni che ad essi fanno capo, le Comunità montane, i Consigli circoscrizionali, e poi gli enti di programmazione e indirizzo, come i Parchi, divenuti altri centri di spesa: ha idea di che cosa stiamo parlando?».
Chi a fine mese ritira uno stipendio massacrato dalle tasse ne ha più di una vaga sensazione. E non sono retribuzioni paragonabili a quelle di parlamentari e sottosegretari, caro Gagliardi.
«E belin, lo vede che ho ragione? Ma alla radice del problema bisogna pur andarci, prima o poi».
Quale sarebbe, la radice?
«Gli assalti alla diligenza delle Finanziarie da parte di enti e lobby varie. I primi contrasti nascono quando viene attuata la Costituzione al capitolo delle Regioni: fino ad allora, l'Italia era gestita bene, con Comuni e Province. La Regione non era una realtà sentita sul piano storico e culturale, se non in alcune aree, che non casualmente beneficiano dello statuto speciale, per tutelare l'insularità e le minoranze etnico-linguistiche. Con la nascita delle Regioni, però, già Ugo la Malfa sostenne l'abolizione delle Province, proprio paventando l'esplosione delle spese».
Che difatti sono esplose.
«Ed è nato l'istituzionalismo creativo, cioè l'incombenza di trovare qualcosa da fare per le Province, mano a mano che le Regioni sono divenute degli ogm, organismi modificatisi da enti di programmazione in enti di gestione».
E come se ne esce?
«Come diceva La Malfa: aboliamo le Province».
Si rende conto...
«...le Province, le Comunità montane e i Consigli circoscrizionali».
Si rende conto di quel che sta dicendo? Lei è un sottosegretario di Stato...
«Io sono un cittadino che s'è rotto di questa situazione, di vedere gli enti locali che fanno protesta sindacale contro lo Stato come se non fossero sullo stesso piano istituzionale, un cittadino che non ne può più, come gli altri, di vedere il Paese sfasciarsi per la moltiplicazione dei cadreghini, me lo lasci dire alla genovese. Dopo la crisi delle società a partecipazione statale sono proliferate le società a partecipazione degli enti locali e a Genova un'azienda comunale come l'Aster fa concorrenza ai piccoli imprenditori. Si può andare avanti così?».
Guardi che al governo ci siete voi.
«E allora propongo di eliminare quel che non serve. La riforma istituzionale del centrosinistra non federalista, è regionalismo spinto, al punto che le Regioni ordinarie non sono più molto diverse da quelle a Statuto speciale. Su alcune cose, anzi, sono più speciali delle speciali. Il punto è che si delegano i poteri senza precisare le fonti finanziarie, e in questo caos dilagano clientelismi, assistenzialismi e circenses. Noi introduciamo il federalismo fiscale e il Senato delle Autonomie, ma la conseguenza è che bisogna adeguare l'intera architettura».
Cioè?
«La ratio delle Regioni a Statuto speciale cade e questi enti andranno rivisti, caso per caso, partendo dalla considerazione che sono venuti meno i presupposti storici legati alle minoranze etnico-linguistiche. La prossima legislatura dovrà ridisegnare, in modo bipartisan, la mappa delle super-Regioni, sulla base dei dati di oggi, non di 50 anni fa. E poi via le Province...».
Negli ultimi due anni, però, ne sono state istituite di nuove, altro che eliminarle.
«Difatti bisogna muoversi in controtendenza. Perché dire Provincia non significa solo parlare di un ente con del personale, delle rappresentanze, degli enti collegati, un apparato politico-clientelare connesso, significa anche indicare tutte le dipendenze dello Stato, dalla prefettura, alla questura, alle articolazioni del sistema giudiziario. Sono cose costose e, spesso, grandi doppioni a vario livello. Abolirle non vuol dire cancellare certi istituti o i dipendenti, che andrebbero ricollocati in funzioni più utili ai cittadini e di maggior soddisfazione per loro, ma solo operare un riassetto che rafforzi e migliori i servizi erogati da Regioni e Comuni. Le Regioni, poi, potrebbero riesumare le Province su base teritoriale, sotto forma di consorzi fra municipalità».
Quale sarebbe il vantaggio?
«Una omogeneizzazione territoriale per filoni economici, ad esempio. Prenda la Liguria: la Provincia di Imperia potrebbe andare da Finale a Ventimiglia, nella logica del grande bacino turistico, mentre la restante parte di Savona potrebbe essere agganciata a Genova, se consideriamo gli aspetti comuni legati alle attività portuali e industriali. Sarebbe tutto molto più razionale. Nella mia proposta non c'è nulla di punitivo, solo il tentativo di risparmiare risorse da utilizzare per la modernizzazione complessiva del Paese. Se le radici del declino italiano affondano anche nell'elefantiaco apparato pubblico, occorrono scelte coraggiose e di prospettiva. Potrei persino dire una cosa che la sorprenderebbe».
La dica.
«Fermo restando che i post-comunisti la mania delle tasse ce l'hanno nel sangue, credo che neppure a Claudio Burlando, il presidente della Regione Liguria, faccia piacere dover varare una manovra che aumenta il carico fiscale sui suoi concittadini».
Il governatore ligure, però, sostiene che è tutta colpa del governo, di Berlusconi, Tremonti and company, della loro Finanziaria che taglia, taglia, taglia.
«E su questo Gerundio, come lo chiamo io, sbaglia di grosso. La colpa risale a quando imperava il consociativismo, quindi Burlando dovrebbe voltarsi indietro e guardarsi in casa».
Sottosegretario, eliminando Province, Comunità montane e Consigli circoscrizionali non si aprirebbe un vulnus nella democrazia?
«La democrazia si regge sull'accesso alla politica e sulla capacità della politica di affrontare i bisogni del cittadino. Qui parliamo, invece, di sovrastrutture che ne producono altre, come l'Unione delle Province Italiane e l'Unione delle Comunità montane. O, tanto per non tralasciare un altro argomento scottante, parliamo di organizzazioni come il Cnel, che pure ha dignità costituzionale ma ormai è anacronistico, e di organizzazioni che producono atti di cui nessuno si occupa e dei quali non si sentirebbe la mancanza. Senza dimenticare i così detti enti inutili, sopravvissuti a se stessi solo per dare continuità a posti di potere. Belin, vogliamo capire che non possiamo più permettercelo?».
Luigi Leone