MILANO - Una rete di oltre cento
società immobiliari. Un giro di affari da 500 milioni di euro. E
soprattutto la testimonianza di un "pentito" che chiama in causa
Gianpiero Fiorani. Intorno al banchiere lodigiano ruoterebbe una
rete di società specializzate in operazioni immobiliari (soprattutto
in Lombardia e Liguria) su cui la procura milanese sta indagando.
Non solo: i pm hanno individuato anche un nutrito gruppo di società
inattive, con un patrimonio di poche migliaia di euro, ma capaci di
ottenere da Lodi fidi per decine di milioni di euro. Denaro prestato
dalla banca senza pretendere troppe garanzie.
L´indagine è nata come un filone di Antonveneta, ma ormai, di fatto,
è un´altra inchiesta. Oggetto: l´impero immobiliare di Fiorani. O
meglio, la galassia di società a lui collegate. Gli amministratori
infatti sono sempre gli stessi. Di più, le società sono frutto di
partecipazioni incrociate e sono in qualche modo legate alla Banca
Popolare di Lodi. A confermare la ricostruzione dei pm – Eugenio
Fusco, Giulia Perrotti e Carlo Nocerino che si occupa specificamente
di questo filone – sarebbe stato un "pentito" che ha aperto uno
squarcio sugli affari di Fiorani in Liguria. Operazioni che
passerebbero attraverso molte società (Pmg per Imperia, Lci per
Celle Ligure, Edilmairano per l´Aura di Nervi poi confluita nella
Pmg, e ancora la Nazionale Fiduciaria) create da amici fidati di
Lodi, Genova e Savona. A cominciare dai costruttori lombardi
Marazzina, dal commercialista di fiducia Aldino Quartieri, ma anche
dalla sorella Maria Gloria e poi da quel Marino Ferrari – per la
Procura un vero prestanome di Fiorani – che compare nella Frontemare,
srl con sede ad Alassio nello studio del commercialista Gabriele
Aicardi, coordinatore di Forza Italia e amico del ministro Claudio
Scajola).
In Liguria gli immobiliaristi contano su un imprenditore di fiducia,
Pietro Pesce di Cogoleto, e sull´avvocato genovese Sergio Bianchi.
Gli investigatori milanesi sono stati richiamati in Riviera da
un´indagine per abusi edilizi ed evasione fiscale sui guadagni
derivati dalla vendita di 260 box a Celle Ligure (4 milioni di euro
fuori busta). Soldi che la finanza sospetta siano stati ritirati da
un emissario legato al gruppo d´affari lodigiano.
(m.p. e f.sa.)
- La testimonianza di un architetto
genovese: "Ho detto no a Fiorani, la mia vita è stata stravolta"
Box, fabbriche
dismesse e appartamenti gli affari liguri della "Lodi
Real Estate" |
"Volevano farci
raddoppiare le volumetrie per guadagnare di più" |
MARCO PREVE e
FERRUCCIO SANSA |
GENOVA - «Abbiamo
detto di no agli amici di Fiorani e da quel giorno, era
l´ottobre 2002, la nostra vita è cambiata... processi,
denunce e soprattutto minacce a noi, ai nostri
figli...». Daniele Bianco e il suo socio di studio
Gerolamo Valle sono due architetti genovesi.
Quarantenni, uno studio da favola in un´antica villa
affacciata sul porticciolo di Nervi, parentele
eccellenti con i più importanti costruttori locali, la
giusta dose di ambizione professionale. Nelle loro varie
denunce, raccontano del loro rifiuto di raddoppiare la
volumetria di un progetto, facendo così sfumare un
affare colossale ad Imperia. Quello che ne segue sono
due anni e mezzo di processi, poi di pressioni che
sfociano in minacce sempre più pesanti.
Fino all´agosto di quest´anno, all´esplodere dello
scandalo Antonveneta e al crollo, come un castello di
carte, dell´impero di Fiorani. Emergono così i mille
affari della "Lodi Real Estate", soprattutto in Liguria.
Le località: Imperia, appunto, poi Celle Ligure, Nervi,
Ceriale e forse Carasco, Portovenere e La Spezia.
Tutto cominciò nel 1998 a Nervi, nel Levante di Genova.
Oggetto dell´interesse dei lodigiani è la fabbrica di
cioccolato Aura. O meglio, la sua sede, quando la
società viene posta in liquidazione strozzata da una
valanga di debiti (circa 12 miliardi di lire) tutti
contratti con Bpl. Non solo: ormai gli organi societari
dell´Aura sono stati "invasi" dai lodigiani. A
cominciare dall´onnipresente commercialista Aldino
Quartieri. Alla fine l´Aura viene comprata da una ditta
di trasporti di Lodi - il cui presidente del collegio
sindacale è il presidente della Bpl - interessata a una
variazione di destinazione d´uso: da industriale ad
abitativo. Da fabbrica a complesso residenziale.
I lodigiani sbarcano poi a Celle Ligure. Puntano lo
sguardo sulle aree attigue alla stazione che sono state
vendute dalla società Metropolis. La società Lci,
LigurCelle Immobiliare che sta realizzando 18
appartamenti e 300 box («ecomostro», lo chiama il
parroco), vede impegnati il costruttore di Cogoleto
Pietro Pesce (che poi rileva le quote dagli altri soci
iniziali), Ambrogio Marazzina, e poi Gianpaolo
Bruschieri responsabile della logistica dello stesso
gruppo. Il cantiere è oggetto d´indagine per presunte
violazioni urbanistiche e fiscali da parte del pm di
Savona Gianbattista Ferro.
Basta? Neanche per idea. A Ceriale la Frontemare si
propone per un intervento alberghiero e commerciale. E
ancora: il gruppo Marazzina ha in programma operazioni a
Carasco, Portovenere e La Spezia.
Ma il boccone più ghiotto resta il mega-progetto di
Imperia. Soprattutto nell´ipotesi di aumentare la
cubatura dell´80 per cento - da 90 a 160mila metri
quadri - rispetto al progetto iniziale. «Ma noi ci siamo
opposti a Fiorani», spiega Bianco. «Nel marzo del 2001
ci accordammo con la Pmg (srl registrata a Milano, che
aveva acquistato la Immobiliare Liguria, proprietaria
dell´area e di cui era amministratore Aldino Quartieri
commercialista di Fiorani, ndr) per realizzare un
progetto», racconta Bianco. E parla, senza mezzi
termini, di un coinvolgimento diretto di Fiorani: «Il
suo nome non compare sui documenti, ma nel febbraio 2001
lo abbiamo incontrato quando è venuto per verificare la
fattibilità dell´operazione e dare il suo via libera. Ma
nei mesi successivi i nostri interlocutori iniziarono a
chiederci con sempre maggiore insistenza che
aumentassimo le volumetrie edificabili per un guadagno
ulteriore di 50 milioni. Era improponibile, lo stesso
Comune dichiarò che quella metratura era fantascienza».
E Bianco continua: «Nel maggio 2002 la Pmg - che nel
frattempo aveva ottenuto dalla Banca di Lodi un fido di
oltre 7 milioni di euro senza garanzie o ipoteche - ci
diede il benservito accusandoci di inadempienze». È
l´inizio di una battaglia legale non ancora conclusa. Ma
soprattutto, come Bianco e Valle hanno raccontato ai
magistrati liguri e milanesi, delle minacce: strane
visite al bar sotto casa, telefonate alle mogli. Fino a
una chiamata sul cellulare personale di Bianco: «Papà,
papà», urla disperatamente un bambino. I carabinieri
cominciano le indagini e trovano che le telefonate
sempre più frequenti arrivano da autotrasportatori
siciliani in odore di mafia. Il pm Sergio Merlo apre
un´inchiesta. Non basta: un giorno si presenta un tale
Piergiovanni M., pregiudicato, che a più riprese, con
telefonate e con visite a Nervi, minaccia di morte gli
architetti e il loro avvocato Enrico Misley.
Una storia lunga in cui compaiono, nel ruolo di
mediatori tra le parti, personaggi che vivono sul filo
tra politica e finanza come Edoardo Lupi e Angelo
Tromboni (ex segretario Pci di Ivrea, toccato dal
ciclone Tangentopoli). Oppure Andrea Billè, figlio del
presidente della Confcommercio, che sosteneva di avere
ottimi rapporti con Fiorani. Ma non se ne fece nulla. E
le minacce oggi continuano. Daniele Bianco conclude
lasciando uscire fuori il disagio profondo: «Se un
giorno dicono che ho avuto un incidente o che mi sono
ucciso, non ci credete». |
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