17 Novembre 2005 LA STAMPA

I PUNTI DEL PIANO NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DEL 5 DICEMBRE
Nel futuro di Ferrania 
c’è sempre la centrale
Il manager Gambardella della Fitra svela i programmi del gruppo
che prevedono l’utilizzo di biomasse o di carbone. Conferma
per il Fotocolor e possibilità di assunzioni. Le nuove tecnologie
CAIRO MONTENOTTE
IL gruppo Fitra, che ha rilevato lo stabilimento Ferrania, annuncia un nuovo corso per l’azienda valbormidese con riferimento a Nuove tecnologie, ingresso su nuovi mercati, assunzioni, formazione di nuove figure professionali, ma senza escludere ipotesi di centrale a carbone: tasselli della strategia «di un gruppo arrivato in Val Bormida per investire». Ma attenzione a scambiare questo percorso per una valle dell’Eden: alla base di tutto permane una visione manageriale proiettata verso il futuro, ma concreta e pragmatica, basta vedere come l’ingegner Giovanni Gambardella, amministratore delegato della Fitra, liquida il caso del centro ippico La Marcella.
E che si intenda voltare nettamente pagina lo si capisce già dalle prime battute del manager, alla domanda se si sono recuperate le linee di credito con le banche. Risponde, Gambardella: «Parlare di recupero significherebbe continuare a ragionare sul pregresso. Questa società (la cordata di riferimento è composta da Malacalza, Messina, Gavio e lo stesso Gambardella) ha sue linee di credito. Occorre capire una volta per tutte che dallo scorso luglio si è voltato pagina. In tutti i sensi. La Ferrania era un “semplice” stabilimento all’interno di un gruppo. Ora, invece, alla guida vi è una proprietà privata ben definita ed identificabile, che ha già investito 25 milioni di euro per l’acquisto, più una trentina di affidamenti dalle banche, che fa di questo sito non più uno stabilimento, ma un’azienda, con una diversità che non è solo tecnica o linguistica, ma sostanziale».
Una diversità che ha già portato a risultati positivi?
«Di numeri parleremo solo dopo il Consiglio di amministrazione programmato per il 5 dicembre. Allo stato attuale possiamo dire che le direttrici sono quelle di continuare le produzioni tradizionali, con il photocolor ormai maturo ma che sosterremo il più possibile e l’inkject, il medicale e la chimica fine che, invece, hanno ancora margini di sviluppo. A fianco di questo gli obiettivi principali sono la piattaforma tecnologica e il settore energia. Proprio per questo stiamo programmando ulteriori assunzioni perché abbiamo esigenza di nuove figure professionali, nei settori vendite, project manager, analisti. Dove vi sarà la possibilità riutilizzeremo i cassaintegrati, altrimenti assumeremo».
Quindi la cosiddetta piattaforma tecnologica è una realtà?
«Siamo alla fase progettuale: abbiamo già presentato varie richieste al ministero per la Ricerca ed abbiamo individuato l’area nella zona della vecchia centrale elettrica, convinti che nelle nuove tecnologie esista un mercato. Per martedì prossimo abbiamo invitato una cinquantina di illustri operatori del settore, tra i quali il rettore del Politecnico di Torino, per quella che abbiamo chiamato “la Giornata della tecnologia”, proprio in previsione del decollo della piattaforma. Ed anche in tal senso stiamo predisponendo una serie di rilievi sul territorio di nostra pertinenza per verificare la possibilità di riutilizzo di immobili ed aree dove potrebbero insediarsi società che vogliano investire su questa azienda o che abbiano attività in sintonia con le nostre e che portino sviluppo per noi e per questa zona».
E per quanto riguarda le centrali?
«Stiamo lavorando ad un’ipotesi di una centrale a biomasse per la quale stiamo già intrecciando i primi contatti con operatori della Val Bormida, visto che useremo legname proveniente dal comprensorio».
E la centrale elettrica principale? Sempre a carbone, nonostante l’opinione pubblica e il parere espresso dagli enti locali?
«A livello nazionale, a prescindere dagli schieramenti politici, si sta rivalutando l’importanza del carbone. Noi stiamo valutando entrambe le ipotesi, carbone e metano, anche se la nostra posizione è nota. Quel che è sicuro è che, prevalesse l’ipotesi di centrale a carbone, sarà un impianto ad alta tecnologia, che non potrà permettersi di produrre inquinamento, sia per non influire sulle altre produzioni, sia per una politica ambientale che la tecnologia e la logistica ci consentono, ora, di salvaguardare».
Sorgerà sull’area ora occupata dal centro ippico La Mercella che avete sfrattato?
«Non c’entra nulla. Il centro usufruiva di un comodato d’uso gratuito e riceveva contributi. Una situazione insostenibile. Non siamo un’opera pia».
Sempre a proposito di centrali a carbone, anche Italiana Coke ha un suo progetto e difficilmente potranno coesistere due impianti nella stessa zona. E’ possibile un accordo?
«Conosco bene il gruppo Barone, sin dai tempi della sua acquisizione dell’Italiana Coke. Così come, del resto, ho buoni rapporti anche con Tirrenopower. Ma per ora non abbiamo avuto alcun contatto. La realizzazione di una centrale è una questione complessa, che non si tratta con ipotesi o slogan: se e quando sarà il momento ci dovranno essere confronti approfonditi».
Però fa parte del famoso accordo di programma...
«In quattro mesi e mezzo si è riusciti a scegliere i membri della commissione... L’accordo di programma ed il ruolo del governo sono necessari, fondamentali. Però il settore produttivo ed economico non ha i tempi di quello politico e burocratico. Per questo ci stiamo, come dire, portando avanti con i lavori sia con gli studi e siamo nella fase deliberante per quanto riguarda la realizzazione, in accordo con Comune di Cairo e Provincia, di uno svincolo e dell’allargamento di una strada di nostra proprietà che, collegandosi con la variante del Vispa sia a servizio dello stabilimento ma anche di Bragno».