RIFLESSIONI DI UN SAVONESE DISINCANTATO
 La svolta doveva avvenire almeno un quarto di secolo fa, quando era chiaro che il futuro industriale di Savona non esisteva e che occorreva ripensare i programmi per lo sviluppo della città se non si voleva diventare quello che siamo adesso

di Mauro Cerulli

 

Vivo a Savona dalla nascita; terminati gli studi avevo avuto un’occasione per andare a lavorare lontano da casa ma il destino (nella fattispecie il terremoto dell’Irpinia, che mi fece partire militare appena laureato) ha fatto sì che la cosa non si verificasse e che restassi savonese ad libitum.

E nonostante tutto non ne sono pentito affatto, anche se a volte mi immagino come avrei potuto essere un cittadino di Parigi o di Bruxelles.

Non mi sono occupato di politica attiva da molto tempo e quindi ho potuto, come semplice cittadino, vedere da semplice spettatore come si è sviluppata la nostra città dopo la breve e sfortunata parentesi della Giunta Gervasio.

Un mio amico direttore di banca mi diceva qualche giorno fa che i suoi clienti sono sempre gli stessi e che se ne muore uno ha un cliente in meno: di clienti giovani manco a parlarne.

Savona pare offrire poco o nulla a chi si affaccia sul mercato del lavoro: o si emigra per altri lidi più recettizi oppure, chi ha una laurea in giurisprudenza, finisce a fare l’avvocato, senza rendersi conto che oramai vi sono più avvocati che clienti e che la saturazione è già stata raggiunta da diversi anni.

Sarebbe ingiusto dare la colpa alle amministrazioni che si sono succedute nel corso degli ultimi 10/15 anni, perché il male è più antico e più profondo e non si può svuotare il mare con un secchiello.

La svolta doveva avvenire almeno un quarto di secolo fa, quando era chiaro che il futuro industriale di Savona non esisteva e che occorreva ripensare i programmi per lo sviluppo della città se non si voleva diventare quello che siamo adesso: una sorta di banlieue per pensionati ed immigrati extraunionisti che consentono ai movimenti più razzisti di cavalcare la tigre della paura del forestiero.

In questi 25 anni non si è fatto molto e costruire palazzi non è il massimo per una città che ha visto aumentare il numero di banche e ridurre ad uno il numero dei suoi cinema (anche se multisala).

Savona è invecchiata e chi poteva svecchiarla se n’è andato o vi ha rinunziato: quando ero in consiglio comunale ricordo come vi fosse ancora chi, contro ogni logica e ogni buon senso, difendeva il destino industriale delle aree ex Italsider, al pari di quel cavaliere che era morto e non sapendolo continuava a cavalcare.

Si sarebbe dovuto puntare molto prima sullo sviluppo turistico della città e farlo con serietà e coscienza, mentre invece si è spesso improvvisato e male. Il recupero delle aree portuali è avvenuto senza il loro inserimento delle stesse nel tessuto cittadino, ovvero senza meditare uno sviluppo urbanistico compatibile.

La viabilità savonese è una sorta di giro dell’oca dove si perde sempre ed il più delle volte si sta fermi un giro o più: ogni volta che attraverso il centro ringrazio il Signore di abitare alla Villetta e di non aver bisogno di un’auto per spostarmi.

Via Paleocapa d’inverno è una camera a gas, grazie anche alla famosa quadratoria di Piazza Mameli che, nonostante il mutare delle giunte, resta al suo posto più stabile della Grande Piramide di Giza.

Mi si dice che il prossimo Sindaco di Savona sarà il dr. Berruti, che non conosco ma che mi descrivono come persona capace ed intelligente.

Mi permetto di dargli solo un consiglio quando si siederà su quella poltrona: non abbia paura delle novità e non guardi in faccia a nessuno. Se dopo 200 anni di storia, i savonesi ricordano come il miglior amministratore che abbiano avuto il prefetto napoleonico Chabrol, qualcosa vorrà pur dire…

   Mauro Cerulli

www.maurocerulli.blogspot.com