Il caso Savona: dall’analisi condivisa alla proposta coerente
La politica savonese ha  subito un decadimento senza uguali, in parallelo con un lenta oppressione delle sue potenzialità

di Patrizia Turchi

 

La vicenda savonese merita una attenzione speciale che non può che partire da una valutazione assai negativa dell’operato delle amministrazioni che negli ultimi anni si sono succedute, ed in particolare della Giunta Ruggeri con la sua attuale inaudita propaggine.

La politica savonese ha infatti subito un decadimento senza uguali, in parallelo con un lenta oppressione delle sue potenzialità.

Ciò di cui ha bisogno la Città è un progetto straordinario di recupero culturale, sociale, urbanistico che deve trovare forme radicalmente alternative a quelle attuate sinora dove si è visto consolidare l’avanzamento di un intreccio sempre più indissolubile tra le esigenze di alcuni poteri forti e l’esplicitazione politica istituzionale, con episodi ben oltre il limite già alquanto opinabile della pudicizia politica.
Questo avanzamento ha di fatto bloccato la Città che non ha più potuto guardare al proprio sviluppo e ai propri bisogni, perché venivano sponsorizzati progetti, programmi e uomini che imbavagliavano e gravavano d'ipoteca porzioni importanti della Città, o settori, enti, società strategiche.

Cambiare pagina è improrogabile. Parlando ad esempio di rilancio delle Circoscrizioni in termini di decentramento delle funzioni e di fattiva cooperazione alla stesura dell’esercizio finanziario del Comune, dove all’allocazione delle risorse deve corrispondere una analisi seria dei bisogni sociali e strutturali collettivi e dei conseguenti soddisfacimenti in una Città in progressivo invecchiamento.

La questione economica di rilancio (mi convince l’idea di tipo comprensoriale che miri ad offrire all'industria più avanzata spazi -aree ERG ed ex Metalmetron di via Stalingrado- e sinergie con l'intelligenza produttiva fornita da un'Università posta, finalmente, in rapporto concreto con la Città, per insediarsi a Savona cominciando a porre mano agli indispensabili strumenti di promozione e programmazione) deve trovare strade opposte a quelle finora perseguite sull’onda della cementificazione e del progressivo inglobamento di aree preziose (come quelle portuali o adiacenti), così come il ripensamento dei contenitori storici, ad uso pubblico, vero possibile volano per una Città proiettata verso un futuro giovane nell’offerta e nella domanda (San Paolo e Santa Chiara), fuori quindi da “traslochi” sterili come quelli dell’Authority.

Questo ripensamento e rilancio della Città deve necessariamente trovare una rinnovellata formulazione del PUC (e quindi un azzeramento dell’attuale proposta) che risponda a domande specifiche ed indifferibili di tipo sociale (si pensi all’edilizia popolare) e collettivo. Così come deve essere ripensato il ruolo dell’ACTS, e il concetto di mobilità pubblica e sociale, mentre sulla questione “rifiuti” non è assolutamente rimandabile l’immediata chiusura e bonifica di Cima Montà (autentica vergogna senza pari), senza prescindere anche qui da una programmazione e tutela seria e severa del territorio e delle sue risorse per il divenire.

Questo pensiero di Città libera, fruibile a tutti, fortemente sociale e solidale evidentemente mal si sposa con un qualunque progetto di Margonara, di Bofill (con le sue implicazioni gravissime oggi presenti tra le abitazioni degli abitanti del borgo portuale), di Aurelia Bis, di Metalmetron commerciale, di servizi esternalizzati e società di ispirazione privatistica: in una battuta … di uso privato della “res publica”.

Ed allora? Come tradurre politicamente questa idea di città?
Non certo rivolgendo la nostra attenzione, dopo anni di opposizione, a chi ha provveduto al suo sprofondamento, o chiedendo a quanti fanno affari sul nostro territorio di moderare la loro voracità. Occorre al contrario fare una scelta coerente: sostenere con forza quanti alzano la testa con sdegno e si dichiarano pronti a combattere una battaglia straordinaria di ripristino di una cultura critica e propositiva, lontana dagli echi del teardismo.

Sono mesi che a sinistra -dopo convegni e dibattiti, critiche condivise e proposte interessanti- si è avviato un appassionato e affollato dibattito con la Città ed oggi stiamo finalmente assistendo alla strutturazione organica di una sinistra critica, di spessore assai maggiore di quello, pur apprezzabile, realizzatosi nel 2002. Credo che occorra mettersi in relazione con queste preziose forze che mi trovano concorde sia nell’analisi severa delle dinamiche politiche avvenute sia nella conseguente espressione propositiva. Sono profondamente convinta che la Città abbia il diritto di pensare a se stessa con una proposta ritrovata e che a noi spetti l’altissima responsabilità, politica e sociale, di una doverosa risposta offrendo, a sinistra, un contraddittorio politico adeguato.

Patrizia Turchi