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Il nuovo business legato ai rifiuti, che ti fa guadagnare
montagne di soldi in poco tempo, è quello delle bonifiche.
Chieste e invocate dalle comunità che insorgono per non
vivere più in ambienti malsani e pericolosi (tanti nel
nostro Paese) e che finiscono per diventare paradossalmente
involontari alleati di imprenditori senza scrupoli. I quali,
grazie ad appalti pilotati, si tuffano nell'affare
dell'intervento ecologico. E contando poi su agenti di
polizia pronti a chiudere un occhio, anzi tutti e due, e
tecnici di laboratorio premurosi nel rilasciare certificati
che certificano il falso, non smaltiscono i rifiuti nei siti
attrezzati come dovrebbero. Ma li utilizzano per opere di
riempimento: il piazzale del cimitero di Aulla, lo svincolo
autostradale di Viareggio, un piazzale nella città di Massa,
per esempio. Così guadagnano due volte seminando i veleni
dove capita. Nel nostro territorio c'è sempre una cava
dismessa da coprire o un buco da tappare.
Lo scandalo del traffico illecito dei rifiuti che ieri ha
portato a 31 arresti e a 200 perquisizioni, disposti dalla
Procura di Massa, è un bubbone che lascia esterreffatti.
Soprattutto per la capillare rete di complicità e corruzione
allestita quasi scientificamente dall'organizzazione che con
la forza delle tangenti riusciva a superare filtri e
controlli. Che ci eravamo illusi potessero essere una
garanzia sufficiente - almeno nel Nord del Paese
industrializzato e sensibile alle tematiche ambientali - a
proteggerci dall'infiltrazione di bande criminali che sui
rifiuti hanno costruito e continuano a costruire fatturati
miliardari. L'inchiesta ha accertato che l'organizzazione
conosceva addirittura in anticipo le mosse degli inquirenti
e quando partiva un "blitz" per il sequestro di materiale
inquinato, quel materiale spariva come per incanto.
Spezia si ritrova al centro dell'ennesimo scandalo dei
rifiuti. Annichilita e sconcertata. Pensava che il "caso
Pitelli", la collina dei veleni che nel 1996 è diventato un
caso nazionale e ha portato il Golfo dei Poeti sulle prime
pagine di tutti i giornali, avesse irrobustito gli anticorpi
contro le speculazioni consumate sulla salute dei cittadini.
E oggi si interroga inquieta su che cosa potrà accadere, se
l'andazzo è ancora questo, con i fanghi che verranno dragati
nel porto, i veleni dell'ex area della raffineria Ip e la
stessa bonifica di Pitelli che non è ancora partita.
Nonostante i proclami e le indignazioni.
Questa nuova inchiesta che lascia prevedere clamorosi
sviluppi propone una attenta rilettura dell'operato del
procuratore aggiunto della Spezia Rodolfo Attinà. Un
magistrato che ha condotto con tenacia e competenza tutte le
principali inchieste sull'ambiente, anche le più scottanti.
Diventando lo spauracchio di società e imprenditori e una
sorta di "angelo vendicatore" per gli ambientalisti. Che ora
rischia il trasferimento per un esposto partito contro di
lui al Csm. Trent'anni fa Attinà andava in barca col suo
cancelliere e provvedeva personalmente ad acquisire i
campioni d'acqua per misurare la balneabilità del mare. Oggi
non basterebbe più neppure questo scrupolo. Come dimostrano
i dati fasulli che uscivano da certi laboratori.
raffaelli@ilsecoloxix.it
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