Il veleno dei complici
 
dal SECOLOXIX
 
Il nuovo business legato ai rifiuti, che ti fa guadagnare montagne di soldi in poco tempo, è quello delle bonifiche. Chieste e invocate dalle comunità che insorgono per non vivere più in ambienti malsani e pericolosi (tanti nel nostro Paese) e che finiscono per diventare paradossalmente involontari alleati di imprenditori senza scrupoli. I quali, grazie ad appalti pilotati, si tuffano nell'affare dell'intervento ecologico. E contando poi su agenti di polizia pronti a chiudere un occhio, anzi tutti e due, e tecnici di laboratorio premurosi nel rilasciare certificati che certificano il falso, non smaltiscono i rifiuti nei siti attrezzati come dovrebbero. Ma li utilizzano per opere di riempimento: il piazzale del cimitero di Aulla, lo svincolo autostradale di Viareggio, un piazzale nella città di Massa, per esempio. Così guadagnano due volte seminando i veleni dove capita. Nel nostro territorio c'è sempre una cava dismessa da coprire o un buco da tappare.
Lo scandalo del traffico illecito dei rifiuti che ieri ha portato a 31 arresti e a 200 perquisizioni, disposti dalla Procura di Massa, è un bubbone che lascia esterreffatti. Soprattutto per la capillare rete di complicità e corruzione allestita quasi scientificamente dall'organizzazione che con la forza delle tangenti riusciva a superare filtri e controlli. Che ci eravamo illusi potessero essere una garanzia sufficiente - almeno nel Nord del Paese industrializzato e sensibile alle tematiche ambientali - a proteggerci dall'infiltrazione di bande criminali che sui rifiuti hanno costruito e continuano a costruire fatturati miliardari. L'inchiesta ha accertato che l'organizzazione conosceva addirittura in anticipo le mosse degli inquirenti e quando partiva un "blitz" per il sequestro di materiale inquinato, quel materiale spariva come per incanto.
Spezia si ritrova al centro dell'ennesimo scandalo dei rifiuti. Annichilita e sconcertata. Pensava che il "caso Pitelli", la collina dei veleni che nel 1996 è diventato un caso nazionale e ha portato il Golfo dei Poeti sulle prime pagine di tutti i giornali, avesse irrobustito gli anticorpi contro le speculazioni consumate sulla salute dei cittadini. E oggi si interroga inquieta su che cosa potrà accadere, se l'andazzo è ancora questo, con i fanghi che verranno dragati nel porto, i veleni dell'ex area della raffineria Ip e la stessa bonifica di Pitelli che non è ancora partita. Nonostante i proclami e le indignazioni.
Questa nuova inchiesta che lascia prevedere clamorosi sviluppi propone una attenta rilettura dell'operato del procuratore aggiunto della Spezia Rodolfo Attinà. Un magistrato che ha condotto con tenacia e competenza tutte le principali inchieste sull'ambiente, anche le più scottanti. Diventando lo spauracchio di società e imprenditori e una sorta di "angelo vendicatore" per gli ambientalisti. Che ora rischia il trasferimento per un esposto partito contro di lui al Csm. Trent'anni fa Attinà andava in barca col suo cancelliere e provvedeva personalmente ad acquisire i campioni d'acqua per misurare la balneabilità del mare. Oggi non basterebbe più neppure questo scrupolo. Come dimostrano i dati fasulli che uscivano da certi laboratori.

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