Malato, medico e medicina nel medioevo
La scienza nel medioevo è ancora a carattere embrionale e soprattutto le varie discipline non hanno specificità ma sono strettamente connesse tra di loro e dominate dalla religione che è il motivo caratterizzante del periodo. La medicina non fa eccezione ed è legata all’interpretazione dei Testi Sacri
Nell’Apocalisse si dice: “A tre cavalieri, signori della guerra, della fame e della peste, spaventosi sui cavalli rosso, nero e verdastro fu data autorità sui tre quarti della terra.”
Questa affermazione viene considerata fondamentale e la storia si concepisce come dominata da queste tre catastrofi. Un detto del 1300 ribadisce:”A fame, bello et peste libera nos Domine”
Quindi anche la malattia ha una connotazione biblica e viene sentita nella sfera della religiosità. In particolare, la malattia viene inserita nella teologia della Colpa e della Caduta. E’ stata introdotta nel mondo con il peccato quando Adamo ha perso anche il privilegio dell’immortalità del corpo.
La malattia è segno della giustizia di Dio che colpisce e corregge, ma anche segno della sua misericordia; è una specie di terapia spirituale perché nella paziente accettazione e nella tacita sopportazione vi sono i rimedi più idonei per sconfiggere la peste del peccato.
Iniziamo dalla concezione del corpo.
La scienza medica nel medioevo deriva dalla cultura greca integrata da quella araba. Nell’antichità, Aristotele affermava che il centro della vita è nel cuore; per Galeno invece è il cervello il centro del sistema nervoso. Prevale ovviamente la tesi aristotelica.
Per gli studiosi del medioevo, centro vitale è il cuore, il “Lago del Cor” che domina la vita. In ogni zona periferica del corpo vi sono gli spiritelli che riferiscono al cuore dello stato di salute o meno.
Comunque le funzioni vitali sono rese possibili dalla produzione e dai movimenti dei tre spiriti che sono prodotti dal cibo e dall’aria inspirata.
Gli spiriti vitali sono 3: “Lo spirito naturale” del fegato, lo “spirito vitale” del cuore, e lo “spirito animale” ( da “anima” ) del cervello.
Inoltre la salute o meno del corpo è determinata dall’equilibrio dei 4 umori .
Gli umori che corrispondono ai 4 elementi della natura ( terra,acqua, aria e fuoco ) sono: sangue, flegma ( che si trova nella glandola pituitaria ), bile nera ( o melanconia, che si trova nella milza ), bile gialla ( che si trova nella cistifelia ).
Gli umori possono essere caldi, freddi, secchi o umidi. Il sangue è caldo e umido, il flegma è freddo e umido, la bile gialla è calda e secca, la bile nera è fredda e secca.
A seconda del prevalere di un umore sugli altri si hanno i diversi tipi di temperamento: sanguigno, flemmatico, bilioso o malinconico. L’organismo è in salute quando vi è un equilibrio umorale. Quando si rompe l’equilibrio deve essere riportato con l’eliminazione dell’umore eccedente o con la somministrazione di farmaci in cui predomina la qualità elementare opposta.
Si possono avere due tecniche terapeutiche fondamentali: quella astrologica e quella farmacologia, spesso complementari.
Nella prima i movimenti, determinati dagli astri, si traducono in influssi orientati e orientabili. Il farmaco si fortifica con gli influssi celesti e, a volte, con la formula magica; l’intervento non può effettuarsi che sotto certe influenze e in tempi prestabiliti.
Nella seconda tecnica si calcola la distribuzione degli umori; si arriva anche a misurare il peso e a rappresentare geometricamente la variazione della qualità.
Alcune malattie nel medioevo costituiscono fenomeni di massa e sono anche espressione di regimi alimentari quantitativamente e qualitativamente carenti. Queste sono: il rachitismo, la paralisi, la cecità, il cretinismo e le malformazioni in genere. Esistono costantemente in forma endemica: tifo, malattie dell’apparato respiratorio e digerente, malaria, tubercolosi polmonare o della cute o delle ghiandole, vaiolo.
Ricorrenti sono le pandemie, soprattutto di peste. Si verificano anche epidemie di “fuoco di S. Antonio ( ignis sacer ).
Una causa di malattia è l’ingestione quotidiana della segala cornuta ( alterata da un fungo ), cibo delle popolazioni più povere dell’Europa Centrale. Però, già nel XII secolo, un medico francese accenna a una possibile azione patogena della segala.
La malattia più tipica del medioevo è la lebbra. La lebbra ( originaria di zone asiatiche e africane ) raggiunge l’Europa forse prima dell’età cristiana. In Italia si manifesta con una certa ampiezza già dai secoli VII e VIII, ma il massimo si raggiunge nei secoli XII e XIII ( incursioni saracene, crociate, pellegrinaggi, traffici con l’Oriente ). In questo periodo la morbilità raggiunge tassi anche del 50%.
La causa viene cercata nella corruzione e putrefazione degli umori. Si parla anche di corruzione dell’aria per cui al lebbroso viene vietato di sostare davanti alle porte della città quando tira vento. I lebbrosi sono al bando della comunità per evitare il contagio e perché considerati impuri.
Nel basso medioevo si cominciano anche a creare i lebbrosari. Si inizia con le infermerie nei monasteri ( claustrum infirmorum ) per l’isolamento dei monaci malati. Qui il concetto si incrocia con le motivazioni religiose.
Già nella Bibbia si diceva: “La carne ulcerosa è impura. Essendo impuro, il lebbroso verrà isolato; la sua dimora è fuori dell’accampamento”.
Il lebbroso è simbolo del peccato e spesso viene considerato il parallelo dell’eretico. Per entrambi c’è l’esclusione dalla comunità: sociale per il lebbroso, religiosa con la scomunica per l’eretico.
Sotto un altro aspetto però il lebbroso è anche rappresentante del Cristo che ha voluto incarnarsi per redimerci attraverso la sofferenza del corpo. Nel regolamento del lebbrosario di Lille c’è scritto che il lebbroso è colui che il Signore ha voluto visitare più intimamente degli altri.
Il lebbroso è anche colui che, sia pure per necessità, rispetta i voti monastici di povertà, obbedienza e castità.
Comunque la necessità del lebbrosario si fa più intensa nel periodo comunale quando la concentrazione nelle città rende la popolazione più esposta al contagio.
Il lebbrosario sorge fuori della città , spesso istituito e finanziato dalle autorità municipali. Il lebbrosario è quindi economicamente forte e a volte i poveri, i senza lavoro e i vagabondi vi cercano ospitalità e sostentamento, anche fingendo l’orrenda malattia. Nel lebbrosario il malato non viene curato e le regole sanitarie sono più che altro volte a impedire il contagio dei sani.
Verso il XII – XIII secolo nascono gli ospedali per i cittadini poveri, creati dalle autorità laiche,ma retti da istituzioni religiose.
In questi ospedali praticano i medici. Già nel 1182 l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme prevede l’assunzione di 4 medici esperti.
La malattia terrificante per tutto il medioevo è comunque la peste. La prima grande pandemia esplode tra i secoli VI e VIII ( peste di Giustiniano ), poi scompare bruscamente per riapparire nel XIV secolo. La tesi più diffusa sulla trasmissione della malattia è un ciclo a quattro: germe – pulce – ratto – uomo. Favoriscono la diffusione le dermatiti perché il germe penetra più facilmente attraverso una pelle malata. La diffusione del contagio è maggiore per le scarse misure igieniche. L’acqua è preziosa e non ci si può lavare troppo spesso e le fognature sono a cielo aperto. Facilita la diffusione della malattia la denutrizione che rende gli organismi più vulnerabili.
In quel periodo i testi medici cominciano a distinguere e catalogare i sintomi, ma non sanno dare indicazioni terapeutiche. Di fronte alla peste ogni rimedio di tipo medico è impotente e allora di fronte al terrore della morte ci si rivolge alla religione.
“Digitus Dei erat et non est consilium contra Dominum” . Si crea una contrapposizione tra “Schola Salvatoris” e “Schola Hippocratis” o quantomeno una subordinazione della seconda alla prima.
Comunque, tra mille difficoltà e molti periodi di crisi, si fa strada la figura del medico.
Margherita Pira