Si era nel 1953:
La legge truffa!

Si dice che in politica tutto sia lecito pur di battere i barbari e, spesso, basta saperli creare per aver mano libera in azioni antidemocratiche e, peggio, nelle guerre.

di Sergio Giuliani

Dai muri di tutta l’Italia gridava la parola “Forchettoni!” a commento delle caricature dei ministri democristiani (altro che fair play della prima Repubblica!) e, a seguire le vicende recenti di BankItalia - Fazio, c’era stata una bella presa di possesso della democratica DC del potere bancario. Ma si sa; erano tempi in cui Tito rumoreggiava alle frontiere e Stalin appena moribondo.

Si dice che in politica tutto sia lecito pur di battere i barbari e, spesso, basta saperli creare per aver mano libera in azioni antidemocratiche e, peggio, nelle guerre. Diranno gli storici se, in quell’ ormai remoto 1953, c’era davvero per l’Italia il rischio di scomparire sotto il tallone rosso; certo è che la neonata repubblica ebbe a subire un oltraggio con la legge che avrebbe attribuito un cospicuo premio di maggioranza all’ “apparentamento” così venne chiamato- che avesse acquisito il 50% più uno dei suffragi validi.

Stava per scadere il tempo a De Gasperi che aveva negoziato il trattato di pace coi vincitori (L’ Italia era stata sconfitta: aveva firmato l’ armistizio e soltanto la parte delle forze armate confluita con gli alleati e la guerriglia partigiana le avevano meritato il riconoscimento della cobelligeranza, una certa salvaguardia  dell’integrità territoriale  che non impedirà purtroppo la tristissima pagina dell’esodo dalle terre dalmate - e il poter usufruire di aiuti economici consistenti per la cosiddetta “ricostruzione”) e la politica italiana era sotto la stretta tutela degli Stati Uniti, più pesante allora che, con la “guerra fredda” i rapporti tra Usa ed Urss erano davvero conflittuali.

La sconfitta, per molti versi inattesa, del blocco delle sinistre nel 1948 sembrava rendere inevitabile lo scattare del premio ed una maggioranza parlamentare davvero inossidabile.

La campagna elettorale fu tesissima (allora le piazze si riempivano!) e senza esclusione di colpi. Gli italiani avevano dappoco sperimentata la gioia e la responsabilità del libero voto e le discussioni erano ovunque e vivacissime.

In casa mia (io ero ragazzino) si aspettava l’appuntamento con passione e con idee molto chiare. Senonchè, il giorno prima, una telefonata al deposito locomotive (allora non s’aveva il telefono in casa; era davvero per pochi e si comunicava tramite lunghissime attese ai centralini) avverte che mia sorella è in pericolo di vita: mia madre parte subito per Firenze, mentre mio padre, che non aveva ottenuto la cessazione del servizio, rimane con me a Savona.

Notizie lentissime. Mia madre e noi, ai centralini, ad attendere di poter avere notizie. Mentre esce per andare alla “Teti” (così si chiamava l’ attuale Telecom), mia madre vede i seggi e, da democratica come era, soffre di non poter votare.

Chiede persino al cugino sindaco una specie di deroga che costui, spiacente, non le può certo affidare.

In casa, io preparo qualcosa di cibo e papà torna dal lavoro come bastonato.

Curvo; non mangia, ha persino paura a telefonare e se, al centralino,c’è ritardo, s’agita e lo scambia per orrenda notizia.

Nelle strade, la gente va ordinata ai seggi, in fila. Siamo al lunedì; alle una. I seggi chiudono alle due.

C’è appuntamento per la sera, post intervento operatorio risolutivo. Papà s’abbatte sul tavolo, con la testa tra le braccia conserte...pensa al peggio e gli trema la bocca per un singhiozzo che non viene fuori. M’accarezza. Io gli dico “Vai a votare!” Mi guarda incredulo; quasi offeso “Che vuoi che m’importi!”

Insisto, querulo e gli porgo l’impermeabile per coprire la muta di macchina che ha addosso.

Scendiamo. Al seggio non c’è quasi più nessuno e la cosa è lesta. Lui ha chiuso l’impermeabile stretto al collo, a non far vedere che ha una camicia da lavoro certo poco presentabile.

Torniamo in casa ed il pomeriggio è lunghissimo, con lui che non parla, agitato.

Si va al centralino: telefona mamma: tutto bene: mia sorella è davvero salva!

Percorriamo, tornando da Piazza del monumento alle Fornaci, la via Venti Settembre ed arrivati all’altezza dell’attuale “Nicola” il giornale murale de “L'Unità” titola glorioso: ”La legge truffa NON è scattata!”

Da ragazzino, ho aiutato anch’io, allora, la democrazia. Vorrei e voglio continuare a farlo da anziano.                                                                       

      Sergio Giuliani