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La rubrica di Gloria Bardi

SOTTOTETTI E L'ANIMA LIBERALE

Non più tardi di venerdì scorso, durante una riunione in Comune a Finale Ligure  siamo arrivati a parlare della superficie delle case. L’occasione è stata data da un’allarmante voce che attribuisce alla Regione l’autorizzazione a ridurre a 28 mq l’area dei sottotetti. Non si capisce bene perché: forse ci piace collocare negli abbaini un’umanità abbastanza sofferente da poter produrre una nuova Bohème o forse ci piace pensare a margini di clandestinità stile Anna Frank che più sono compressi più risultano idonei allo scopo.

Del resto, per noi marinai la parola “sottotetto” richiama la parola “sottocoperta”, dove non è il caso di largheggiare.

Insomma, bando ai riferimenti letterari, siamo evidentemente convinti che l’abitatore di quel tipo di alloggio vada letto all’insegna della riduttività: sottodimensionato, sottogarantito, forse addirittura subumano.

Siccome poi l’altezza degli abbaini è mediamente inferiore a quella delle case standard, come testimonia il ben noto “bernoccolo” del mansardato, con la superficie, si riduce ulteriormente la colonna d’aria, tanto da far nascere la tentazione di definirli: “alloggi anaerobici” e rinunciare per sempre ad affittarli a Jane Fonda.

E poi male che vada all’abitatore di sottotetto resta sempre la possibilità di dare senso alla propria esistenza, puntando su una gatta con una macchia nera sul petto e su una stellina a un passo dal cielo blu: che cosa vuole di più dalla vita? Se fosse nel largo come potrebbe concentrarsi su mici e asteroidi? Che se poi ci sa fare ci scrive sopra una canzone, campa di rendita e invece che in una residenza protetta si ritrova, in terzetà, a fare i tour con la Vanoni.

Bando ai vaniloqui: Regione Liguria, se ci sei batti un colpo e tranquillizzaci.

Ma non ci siamo fermati qui venerdì scorso.

Il discorso si è allargato a una disquisizione sul taglio minimo (60 mq.) degli alloggi: tutti i presenti, destri e apparentemente sinistri, hanno convenuto sull’opportunità di ridurlo, per dare la possibilità ai giovani di comprare casa.

Tutti tranne io, che sono notoriamente la bastiancontraria della congrega.

Ma vi sembrano discorsi da fare? Siccome le case sono care, facciamo delle scatole per sardine e consentiamo ai giovani di comprarle: meglio che sotto a un ponte!

C’è qualcuno che pensa che il problema dell’abitare e del vivere siano questioni quantitative.

C’è qualcuno cioè che pensa che il problema-casa per i giovani, che è poi il problema-città (a Finale Ligure in pochi anni abbiamo perso 1000 abitanti), si risolva nell’ultimo passaggio: il portafogli.

“Tu mi dai piccolo soldo, io ti do piccola casa”.

C’è qualcuno talmente miope da non rendersi conto che il problema va affrontato alla radice, in una visione complessiva della città e del suo livello di umanizzazione. Che chi ha la responsabilità di decidere per tutti, dovrebbe finalmente  smetterla di programmare seconde case seconde case seconde case, con conseguenti lievitazione dei prezzi, indisponibilità degli affitti, emigrazione, carenza dei servizi, congestione viaria, spopolamento invernale, imperialismo del parcheggio.

Quest’ultimo sembra caratterizzare la nostra era: dopo la città orientale, quella greca, quella romana, quella basso-medievale, quella moderna, quella contemporanea e postcontemporanea, oggi abbiamo inventato la città-parking.

Domani sarà la volta della città morta.

E a questo tipo di considerazioni come mi si è risposto venerdì ?

“Ma le seconde case, cara la mia signora (leggi: stupidotta sognatrice), portano mercato, portano soldi, portano benessere”.

Il fatto che a dirlo fosse un immobiliarista toglieva  un po’ di universale pregnanza all’argomento.

E dopo aver invokato il benessere, secondo i più triti copioni berluskoniani, mi ha dato della komunista, anzi stalinista antiliberale.

Ma ad essere antiliberale è proprio il liberismo incondizionato; è il mercato elevato a legge, e quindi il binomio domanda-offerta, a creare, con la riduzione antropologica dell’uomo a consumatore, condizionamenti, dominio, disuguaglianze, impoverimento.

C’è qualcuno talmente miope da fermarsi al PIL come indice di benessere, ignorandone gli aggiornamenti!

Gli economisti hanno introdotto già da diversi anni l’HDI (Human Developement Index) che misura reddito, livello culturale, aspettative di vita.  Uno teorico liberale come Ralf Dahrendorf ci ricorda in “libertà attiva”, riprendendo il Nobel per l’economia Amartya Sen, come l’esistenza di chances di vita per il maggior numero possibile costituisca un autentico rivelatore di benessere e come “il mondo instabile” sia “fonte di molti pericoli che minacciano l’ordinamento liberale”.

 E il mondo che rinuncia ad assicurare chances di vita degna a tutti e, nella fattispecie ai giovani, è generatore di instabilità, a prescindere dai portafogli  che la politica miope dei “pochi, per pochi, maledetti e subito”, può provvisoriamente impinguare, a Manhattan come a Finale Ligure.

Non si tratta di essere comunisti né komunisti ma di essere lungimiranti qb.  

E quanto al solito refrain, che anche venerdì non mi è stato risparmiato: “la filosofia è bella ma la città non si costruisce coi sogni”, rispondo parafrasando in senso urbanistico Kant e Benedetto Croce: “i pensieri senza città saranno vuoti ma la città senza pensiero è cieca”.

Con noi dentro, a campare-tentoni nell’angustia di sottotetti mentali

  Gloria Bardi   www.gloriabardi.blogspot.com