Che tempi!!!
Quelli in cui si sceglieva il primo sindaco della Liberazione. La Piazza Sisto IV era piena di gente che seguiva i lavori tramite uno di quegli altoparlanti lunghi come una tromba a pistoni (forse lo stesso che aveva annunciato, cinque anni prima, l'entrata in guerra e chissà se è vero, come è stato detto troppe volte, che tutti avevano applaudito) fissato al balcone.
Scalone e sala consiliare erano gremitissimi: un pubblico che aveva tanta voglia, finalmente, di discutere, di uscir di sera alla luce dei ripristinati lampioni, di ritrovarsi nella libertà più difficile, che non è, come sembrerebbe, quella di parlare, ma quella di poter pensare di nuovo e con entusiasmo.
Dalla piazza si seguiva la lettura delle schede ed il nome che era più frequente (e la gente annuiva attenta) era "Andrea Serafino Aglietto".
Fu proclamato il Sindaco e mi abituai a vedere quest' uomo minuto, con l'aspetto di operaio e dal passato lucente per coerenza antifascista e persecuzioni. Era di pochissime parole; quasi stentate; certo non un leone di piazza come l'Angiola Minella o Giovanni Battista Urbani; non un dottor sottile e suadente come Carlo Russo.
Con la mano a sorreggere la testa pelata, ascoltava tutti , avversari ed alleati, sempre attento non per educazione soltanto, ma per interesse. Non uno scatto, ch'io ricordi (allora s'andava ai consigli comunali perché, dicevano i "grandi", chi decide si sente così accettato e sorretto [non gli applausi un poco stupidi di "Ballarò" ] e i "piccoli" vanno di già a scuola di democrazia e di civile confronto.
Ascoltava per ore, il sindaco Aglietto; senza dar segni di fastidio, di stanchezza. Forse sentiva grandemente la responsabilità (ed erano tempi di serissimi problemi per l'Italia della "Ricostruzione") del suo mandato, ma condivisa pienamente da chi lo aveva voluto eletto. Avevo l"impressione, alle volte, che imparasse a fare il sindaco di una città finalmente libera dalle fazioni con un impegno civico, con un sacrificio personale che m' è rimasto.
Ero un ragazzino, ma mi è rimasta in mente quella lezione di
modestia, di sottotono (non mi piace l'inglese "understatement") per cui esci di
scena come vi sei entrato; semplicemente, hai compiuto un dovere civico perché la
collettività ti ha indicato per quel ruolo, alieno, forse, al carattere ed alle
ambizioni: ma l'hai affrontato da sottomesso e con impegno continuo e fruttuoso.
E la democrazia, ben impiantata, funziona forse con meno
entusiasmo e con "ritmi" più studiati ed automatici,ormai.
In questi giorni si parla di candidati sindaci; chissà che non sia anche utile un'occhiata a sessant'anni fa, a come fu sindaco Andrea Serafino Aglietto, primo cittadino della Savona liberata.
Sergio Giuliani