Siamo tutti d’accordo sul fatto che sia vergognoso infliggere sofferenza e morte agli animali per la creazione di profumi e belletti ma, malgrado la nostra buona volontà, è oggettivamente molto difficile capire quali prodotti non si avvalgono di queste pratiche. Le diciture sulle etichette, incluse la dicitura “no-cruelty” o il logo del coniglietto, non garantiscono infatti un bel nulla in quanto, in mancanza di normative rigorose, esse si riferiscono di norma alla fase della lavorazione e non a quella della creazione delle materie prime. Ma è proprio per le materie prime che, nella sola Europa, circa 50.000 animali vengono torturati ed uccisi ogni anno. Vediamo di capirci qualcosa di più.
Nel 1976 entrò in vigore in tutta Europa la direttiva CEE 768 che stabilì che NON è obbligatorio testare su animali i prodotti cosmetici FINITI ma E’ obbligatorio testare su animali i NUOVI ingredienti DI SINTESI (sono quindi esclusi da questo obbligo gli ingredienti VEGETALI!)
Il risultato di questa direttiva fu che:
a) le aziende cosmetiche europee che testavano i prodotti finiti smisero di farlo (perché non obbligatorio, inutile e costoso)
b) tutti gli ingredienti di sintesi di nuova formulazione (che di norma vengono realizzati da
laboratori specializzati e poi venduti alle aziende cosmetiche che li lavorano) sono
necessariamente testati su animali.
Nel 1993 è stata poi approvata una legge comunitaria che avrebbe dovuto introdurre il divieto di testare su animali i prodotti cosmetici, ingredienti inclusi, a partire dal 1998. Poiché non è possibile immettere sul mercato sostanze che non siano state riconosciute innocue e poiché ancor oggi non esistono tutti i test “alternativi” alla sperimentazione su animali, l’applicazione della direttiva UE avrebbe in pratica obbligato le aziende cosmetiche ad utilizzare esclusivamente ingredienti già esistenti sul mercato (svariate decine di migliaia) e quindi ridotto la loro possibilità di lanciare prodotti innovativi o,comunque, di far credere al pubblico di aver trovato sostanze dalle capacità miracolose.
Questo contrasto di interessi avrebbe potuto essere in buona misura evitato se l’ECVAM, l’Istituto di Ricerca istituito appositamente per trovare metodi “alternativi”, avesse ricevuto adeguati incentivi economici e, soprattutto, se i test già messi a punto dagli scienziati di questo centro non fossero a tutt’oggi fermi in un cassetto, in attesa di “validazione”. E’ opportuno ricordare anche che i test su animali non sono mai stati validati da nessuno e che, a detta di molti scienziati, sono tutt’altro che affidabili.
Sta di fatto che gli interessi del mondo dell’industria hanno avuto la meglio e la direttiva del 1993 non solo non è mai stata applicata ma, nel 2003, è stata addirittura sostituita da una nuova legge che proroga i termini al 2009 e, per tre test in particolare, a data indefinita. In realtà, voci ufficiose già anticipano ulteriori slittamenti in quanto, fatti i dovuti calcoli, è assai improbabile che per il 2009 siano disponibili tutti i test alternativi necessari così come è improbabile che l’etica abbia la meglio sugli interessi economici.
L’unico piccolo progresso concreto raggiunto dal 1993 ad oggi è rappresentato dal bando dei test su animali per i prodotti FINITI che, in Italia, è entrato in vigore nell’aprile 2005. Malgrado l’apparenza e quanto sbandierato da certa stampa non bene informata, si tratta di una progresso davvero piccolo giacché, come ho già detto, non essendo obbligatori dal ‘76, questi test non venivano più eseguiti da anni. L’unico reale passo in avanti prodotto da questa disposizione è che, man mano che si esauriranno le etichette in circolazione, le aziende non potranno più ingannare i consumatori con la dicitura “prodotto finito non testato su animali”, dicitura che è riuscita a causare immotivata fiducia anche tra i consumatori più attenti.
Il cosmetico “no-cruelty” in senso assoluto non esiste. Tutti i cosmetici in commercio sono infatti realizzati con ingredienti che sono stati testati su animali, in tempi recenti o in tempi remoti. La definizione è quindi necessariamente RELATIVA.
In un primo tempo, si definirono “no-cruelty” i cosmetici realizzati esclusivamente con ingredienti immessi sul mercato prima del 1976 (circa 8000 sostanze che costituiscono la cosiddetta Positive List). E’ utile tuttavia notare che anche gli ingredienti della Positive List non sono “no-cruelty” in senso assoluto in quanto se è vero che i test su animali per le materie prime furono resi obbligatori nel 1976, ciò non significa che prima di questa data essi fossero vietati nè che le grosse aziende del settore non li utilizzassero con regolarità.
Con il passare degli anni, comunque, le poche aziende cosmetiche che garantivano di utilizzare esclusivamente gli ingredienti della Positive List sono via via scomparse dal mercato per cui nel 1998, le 35 associazioni animaliste europee che costituiscono la European Coalition to End Animal Experiments on Animals (in Italia rappresentata da LAV) pubblicò un elenco di aziende aderenti al cosiddetto “Standard Internazionale” che premiava le aziende che avevano accettato di sottoscrivere una serie di impegni in difesa degli animali e dell’ambiente. Purtroppo anche questo elenco non è più attendibile poiché, visto che la direttiva europea che sarebbe dovuta entrare in vigore nel 1998 non fu mai applicata, svariate aziende dello Standard non hanno più rinnovato il loro iniziale impegno.
Tra il 2004 e il 2005, sono state formulati due nuovi elenchi di aziende “no-cruelty”, uno a cura della sottoscritta e un altro a cura della LAV-Lega Antivivisezione. Nonostante che i due studi si basino su criteri diversi, in linea di massima i risultati sono molto simili, cosa che conferma la validità di entrambi. Lo studio LAV ha “premiato” le aziende che hanno ottenuto la certificazione eco-ambientale ICEA-AIAB, certificazione che viene concessa ad aziende particolarmente attente alla scelta degli ingredienti, per lo più vegetali e bio, alle misure di rispetto ambientale messe in atto dalle aziende produttrici e al non utilizzo di ingredienti animali derivanti dalla macellazione (gelatina, midollo, collagene ecc…). Il mio studio si basa invece sul criterio del COD (cut off date) ovverosia l’impegno, da parte dell’azienda, a non acquistare ingredienti di sintesi di nuova formulazione (testati su animali per legge), a partire da un certo anno del passato (a scelta dell’azienda). Impegnarsi (per iscritto) a non utilizzare NUOVE materie prime, equivale infatti a dire che l’azienda non sovvenziona più nuovi test su animali e quindi ha reciso i suoi legami con il mondo della vivisezione in maniera definitiva e totale.
L’elenco LAV è visionabile su www.infolav.org
L’elenco del mio studio è pubblicato su www.oltrelaspecie.org/bellezza_prodotti.htm
L’elenco complessivo di entrambi gli studi è visionabile su www.consumoconsapevole.org
Ed ora un piccolo segreto…
Le aziende di erboristeria seria fanno un uso di ingredienti DI SINTESI (testati su animali) molto limitato, tanto più limitato quanto più l’azienda è seria. Poiché, come abbiamo visto, gli ingredienti VEGETALI non sono soggetti ad obbligo di test su animali e sono quindi quasi certamente “no-cruelty”, è fuor di dubbio che un prodotto di erboristeria, anche quando non è garantito “no-cruelty”, è di gran lunga migliore, da un punto di vista animalista ed ambientalista, di un prodotto di profumeria o di un prodotto in vendita nei supermercati, realizzato quasi esclusivamente con ingredienti di sintesi. Approfitto per ricordare che gli animali non si uccidono solo nei laboratori ma anche e soprattutto inquinando l’ambiente, elemento al quale la loro vita è indissolubilmente legata. Comprare prodotti di erboristeria (e non solo i cosmetici) è quindi un grande favore, oltre che alla nostra salute, anche alla sopravvivenza di un numero illimitato di animali selvatici.
Nota Bene: il successo dei prodotti naturali ha attirato l’attenzione e gli appetiti delle aziende chimiche che, per conquistare i consumatori “verdi”, sempre più spesso producono marchi di “finta erboristeria” , marchi cioè che di naturale hanno solo il nome o l’immagine sull’etichetta (il marchio “Antica Erboristeria”, ad esempio, è in realtà prodotta dalla HENKEL, una delle più grosse multinazionali chimiche del mondo….)
Attenzione anche ai marchi di erboristeria in vendita in farmacia: è molto comune che essi siano prodotti da aziende attive, oltre che nel settore cosmetico, anche in quello farmaceutico, settore che più di ogni altro è causa di enormi sofferenze per il mondo animale.
Chi desiderasse ulteriori chiarimenti, può scrivermi su antonella.depaola@libero.it