Abbiamo letto  nel  blog UOMINI LIBERI  l'ottimo articolo di  Mauro Cerulli sulla Cassa di Risparmio, del 3 dicembre 2004. Lo riprendiamo chiedendo ai lettori di commentarlo

CHE FINE HA FATTO L’INCHIESTA SULLA CASSA DI RISPARMIO DI SAVONA?

Nel Gennaio del 2001, alla fine di un’inchiesta penale durata quasi 4 anni, il PM dr. Alberto Landolfi aveva chiesto il rinvio a giudizio di sette persone, accusate di aver commesso dei reati abbastanza gravi in relazione ai noti fatti che hanno portato alla vendita del pacchetto di maggioranza della Cassa di Risparmio di Savona alla consorella genovese ed alla pratica fine della banca locale, diventata una succursale di secondo piano della proprietaria del capoluogo.

Gli imputati sono persone che all’epoca erano ai vertici della fondazione Carisa e sono accusati del reato di false comunicazioni in bilancio e turbativa di pubblica gara.

La richiesta di rinvio a giudizio è del Gennaio 2001 e di quel fatto ne diede notizia solo il quotidiano La Stampa. Il Secolo XIX, di solito attento ai pettegolezzi più infimi, ritenne questo fatto meno meritevole del classico scoop “cane morde signora”.* Come mai? Poiché non è giusto che certe notizie vengano dimenticate vogliamo ricordare alla popolazione savonese, che in buona parte è o è stata cliente della Cassa di Risparmio di Savona, che i sette imputati, secondo la tesi accusatoria del PM, si sarebbero messi d’accordo, con l’intento di favorire la Banca Carige ed a danno della Banca Toscana, e, abusando della loro funzione, avrebbero esposto nel bilancio consuntivo per l’esercizio 1996/1997 fatti relativi alla condizione economica della Fondazione non corrispondenti al vero.

In particolare essi avrebbero inserito nel rendiconto patrimoniale un milione di azioni della Carisa che erano già state oggetto di cessione alla Banca Toscana. In questo modo, considerando che tutto ciò andava indicata in bilancio come debito di circa 1 milione di Euro nei confronti della banca del gruppo MPS, avrebbero omesso di attestare la sussistenza di una rilevante plusvalenza. font>

Costoro avevano infatti qualificato l’operazione come “storno” omettendo di segnalare e di dare opportuno risalto al fatto che la Banca Toscana aveva rifiutato di restituire le azioni acquistate, al fine di procurarsi la facoltà di riaprire la trattativa con Carige per la cessione del pacchetto di maggioranza della banca.

A giudizio del dr. Landolfi, il gruppo dei sette avrebbe commesso ulteriori irregolarità per impedire un corretto confronto fra le potenziali acquirenti, facendo mancare la trasparenza e la libera competizione e la conseguente valutazione della migliore offerta.

Vogliamo ricordare ai savonesi che nel 1995 la Carisa stava per essere venduta per un tozzo di pane alla Carige e solo l’operato di alcuni coraggiosi consiglieri di amministrazione della fondazione, che si erano opposti all’allora presidente Bartolini, aveva evitato questo scempio e questo regalo ai genovesi.

La Carige ha comprato lo stesso – regolarmente o no, lo stabilirà il Tribunale – la Carisa ma l’ha pagata molto di più.

Sono passati quattro anni e non è ancora non è stata fissata l’udienza preliminare e la cosa è abbastanza strana, perché di solito non passa neppure un anno tra la richiesta del PM e la fissazione dell’udienza: siamo degli addetti ai lavori e quindi parliamo con cognizione di causa.

Cosa è successo: il fascicolo si è smarrito? Vogliamo ritrovarlo e fissare al più presto l’udienza preliminare?

I savonesi hanno il diritto di sapere se chi era alla guida della fondazione aveva agito o meno onestamente.

Vogliamo ricordare infatti che nella richiesta di rinvio a giudizio del PM si fa riferimento ad una lettera che il big della Carige rag. Berneschi aveva scritto il 20 Febbraio 1996 al presidente Bartolini in via del tutto riservata: Caro Bartolini – scriveva Berneschi – Ti confermo che non appena la Carisa sarà inserita nel gruppo Carige sarà mia cura che tu possa essere nominato comsigliere del CDA della Carige.

Le cose non sono andate così ma Bartolini, pur essendo sottoposto a procedimento penale anche per il reato di corruzione, è diventato presidente della Carisa.

Come sono lontani i tempi in cui bastava un avviso di garanzia per fatti commessi nelle pubbliche funzioni a far dare le giuste e dovute dimissioni.

Non vorremmo che si aspettasse quella che si chiama Legge Previti per far cadere tutto in prescrizione.

Fra gli imputati vi sono anche persone di spicco e degne di stima e sulle quali non ci azzardiamo ad esprimere alcun affrettato e prematuro giudizio: da costoro ci aspettiamo solo che difendano il loro nome e la loro onorabilità rinunziando ad un’eventuale prescrizione per arrivare ad un proscioglimento nel merito.

AcAccettare un proscioglimento per prescrizione in un caso del genere significa infatti per i non addetti ai lavori una cosa peggiore di una piena ammissione di colpevolezza. Ed allora saremo costretti a dare ragione a quelli che affermano che la vendita della Carisa alla Carige (la cosa peggiore, dal punto di vista commerciale, che si poteva fare, come attesta l’attuale situazione e la fuga dall’istituto dei cervelli migliori) sia stata non solo un pessimo affare per Savona ma anche una pentola maleodorante a cui è solo stato messo un coperchio.

Comunque la cosa non finisce qui: stiamo facendo indagini in proposito in attesa del processo e se giudicheremo attendibile e rilevante la documentazione in esame non mancheremo di portarla a conoscenza a chi è interessato alla questione.  

*PS. Il mio articolo contiene una brutta caduta di stile nei confronti dei giornalisti del Secolo XIX che stimo e non volevo offendere con una interlocuzione che aveva lo scopo di far sorridere.
Intendo fare pubblica ammenda su battute fuori luogo  rispetto alla serietà dell'argomento: sono certo che gli amici del Secolo XIX, la cui professionalità, al di là delle facezie di cui sono colpevole, è fuori discussione, sapranno spiegare perchè in quell'occasione hanno, come si dice in gergo, "bucato la notizia". In genere non succede.

Mauro Cerulli

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