SAVONESI ILLUSTRI “IN NEGATIVO”

ALBERTO TEARDO
 

Dedichiamo questa rubrica a quei savonesi che non hanno recato lustro alla loro Città, anzi... ponendo al centro della nostra attenzione Alberto Teardo, nato a Venezia nel 1937, politico, assessore e Presidente della Regione Liguria negli anni'70.


Alberto Teardo, unitamente ad un folto gruppo di amministratori pubblici del PSI e della DC fu al centro di un clamoroso caso di “questione morale”, anticipatrice di “Tangentopoli” che dominò a lungo le cronache politiche, non soltanto a livello locale.
Ma andiamo per ordine: Alberto Teardo arrivò a Savona nei primi anni '60, impiegandosi come “maschera” presso il cinema Astoria.
Legatosi a settori della massoneria (il suo nome risultò compreso negli elenchi della P2 di Licio Gelli, sequestrati a Castiglion Fibocchi nel 1981 dal giudice Gherardo Colombo) attraverso il “boss” del PSI Ligure, Machiavelli (poi coinvolto nel famoso scandalo edilizio di Santo Stefano al Mare) avviò una rapida “escalation” all'interno del PSI, prima come rappresentante sindacale nella FIOM, poi come segretario provinciale (1966) ed, ancora, come presidente dell'Istituto Autonomo Case Popolari, nel periodo in cui Savona fu retta da una giunta di centrosinistra (1967- 1970).
Nel 1970 si candida alle prime elezioni regionali e diventa assessore alla Formazione Professionale.
E' quello il periodo in cui si avvia l'organizzazione di un gruppo di potere che, prima si impadronisce del Partito, poi delle istituzioni, con lo scopo di alimentare un circuito potere/denaro di vaste proporzioni.
L'obiettivo è semplice: puntare alla deindustrializzazione del savonese, per favorire settori di speculazione edilizia e governare, in funzione clientelare, ingenti flussi di denaro pubblico.
Teardo incontra pochi ostacoli sulla sua strada: il PCI legato alla logica dell'unità a sinistra preferisce stringere quelli che gli appaiono “accordi politici”, senza indagare la natura vera del potere teardiano; la DC punta ad alleanze che consentano di estendere il proprio potere.
Sul piano puramente politico Teardo (o meglio i suoi consiglieri politici, alcuni dei quali ancora sulla breccia, in particolare nella fila del centrosinistra come l'attuale assessore comunale Caviglia) elabora la strategia delle “giunte bilanciate”: ovverosia, una sorta di scambio di potere, rendendo intercambiabili PCI e DC a seconda delle diverse situazioni (se in Regione doveva esserci una giunta con la DC, allora Comune di Genova e Comune di Savona sarebbero state governate con il PCI e la provincia di Savona, di nuovo con la DC) e, addirittura, programmando “staffette” nei diversi posti di principale responsabilità: soprattutto l'arte di gestione del potere del PSI savonese di allora si esercitò negli enti di secondo grado, laddove il PSI conseguiva mediamente il 40% dei posti a disposizione, pur disponendo del 10% dei voti).
Una sorta di arma del ricatto politico, favorito soprattutto della miopia del PCI, che favorì, per mera ragione di sopravvivenza elettorale una sorta di “scambio”, esercitandosi nella difesa delle industrie in crisi, senza proporre soluzioni di innovazione e perdendo così il treno della riconversione industriale, mentre al PSI toccava il cosiddetto “nuovo” inteso, essenzialmente, come – appunto – speculazione edilizia, volano principale per le tangenti.
La questione principale da porre all'attenzione ancora oggi, a distanza di tanti anni è che si trattò di una scelta non tanto grave per via della storia delle tangenti (comunque, alla fine, i magistrati calcolarono l'accumulo di un patrimonio di 19 miliardi di lire: una cifra del tutto imponente per l'epoca), quanto a causa delle scelte compiute in funzione dell'uso del territorio: favorendo cioè quel processo di deindustrializzazione, di liberazione di aree, di favoreggiamento di quel perverso rapporto pubblico/privato che, al di là della vicenda che stiamo narrando, è proseguito nella realtà savonese ed ha rappresentato il fulcro della politica di conduzione “corporativa” dell'amministrazione pubblica che vediamo in opera attualmente, a partire dal Comune di Savona.
Accennavamo al fatto che PCI e DC (nelle fila della quale alcuni esponenti fecero parte direttamente del gruppo teardiano, a partire dal presidente della Provincia, Domenico Abrate) non si opposero, anzi si acconciarono alla politica teardiana per ricavarne vantaggi elettorali e politici: l'unica seria opposizione fu quella rappresentata, dall'interno, dall'ex- segretario della CISL Giovanni Burzio, candidatosi nelle fila del PSI alle elezioni regionali del 1975 e sconfitto per poche centinaia di voti e dal vicepresidente della Cassa di Risparmio, avvocato Carlo Trivelloni, autore di coraggiose denunce, per le quali dovette subire anche malversazioni fisiche, ed i cui esposti furono all'origine del frangente giudiziario che causò la fine politica di Teardo.
L'inchiesta giudiziaria, infatti, avviata dai giudici Francantonio Granero e Michele Del Gaudio, coadiuvati dal comandante della stazione dei Carabinieri Bozzo (già braccio destro del generale Dalla Chiesa, alla divisione Pastrengo), all'inizio degli anni '80, proprio mentre Teardo era diventato presidente della Giunta Regionale; sfociò in una seria di clamorosi arresti il 14 Giugno 1983, mentre Teardo era candidato alla Camera dei Deputati.
Con Teardo, nel giro di pochi giorni finirono in galera i principali dirigenti del PSI savonese dell'epoca: Borghi, Bordero, Caviglia (poi assolto), ed altri.
I processi segnarono la colpevolezza del gruppo, anche se non si riuscì a dimostrare l'esistenza di una connessione di tipo mafioso (articolo 41 bis), ma soltanto la semplice associazione a delinquere.
Il terremoto politico che seguì a quei fatti meriterebbe di essere raccontato in una sede opportuna: saltarono, ovviamente, giunte e consigli di amministrazione, ma non ci fu, da parte delle forze politiche la necessaria capacità di analisi nella ricostruzione del fenomeno e di presa delle indispensabili contromisure.
Tanto è vero che, sul piano generale, il meccanismo di rapporto potere/denaro si incrementò ulteriormente e si arrivò, nove anni dopo, alla vicenda di Tangentopoli e del Pool Mani Pulite di Milano.
Per quel che riguarda la realtà savonese il teardismo era finito, ma non certo, come abbiamo avuto occasione di segnalare, il metodo usato all'epoca: quello di scambiare il bene pubblico, con l'interesse privato.
Certo: oggi non appaiono esserci all'orizzonte questioni di tangenti, ci mancherebbe.
Il problema è quello della filosofia di fondo nel modo di concepire la pubblica amministrazione.

 

Per controllare la lista P2 di Licio Gelli si può andare alla pagina: http://www.disinformazione.it/p2-st.htm