Luciano Angelini e la TERZA VIA Una iniziativa mirata a smuovere le acque stagnanti e vischiose della politichetta savonese |
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Luciano Angelini, giornalista
cresciuto alla grande scuola della redazione savonese dell'Unità, tra i
fondatori di "Riviera Notte Sport", è entrato al Secolo XIX quando il
direttore dell'epoca Piero Ottone lanciò le cronache locali (1968). Al
Secolo XIX Angelini ha compiuto tutta la carriera, lasciando il servizio
nel 2002 dopo aver ricoperto l'incarico di direttore del Giornale.
Attualmente fa l'editorialista a "Repubblica". Dallo stile agile,
asciutto, penetrante, Angelini è un giornalista particolarmente versato
nel lavoro di inchiesta e nella sintesi di articoli di fondo, capaci di
indicare, sempre, l'essenziale interpretazione dei fatti.
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Gentile Direttore, ho
seguito con interesse il tentativo di avviare un dibattito sulla Terza Via.
Una iniziativa credo mirata a smuovere le acque stagnanti e vischiose della
politichetta savonese. Ho pensato di inviare un pezzo-quadro dei vari
interventi, nella speranza di poter contribuire a tenere accesa la fiammella
del dialogo e di coinvolgere le forze vive, anche se in sonno, della città. Il dibattito aperto da Trucioli sull’ipotesi di Terza
Via ha ottenuto attenzione e ha calamitato interventi (citiamo Sergio Tortarolo, Marco Russo, Anna Traverso, Giovanni Burzio, Livio di Tullio,
Roberto Cuneo, Pietro Santi, Giovanni Durante) di diverso tenore ed
estrazione . Ne è uscito uno scenario della città e della politica cittadina
tutt’altro che tranquillizzante su presente e futuro. Ma anche motivi di
riflessione e di fiducia, se non altro per la partecipazione e per le
proposte che emergono al di là e al di sopra delle (corpose) critiche. E
che, a mio avviso, meritano una (ancorché parziale) analisi, una messa a
confronto nel tentativo di portare avanti una sorta di tessitura tra le
varie forze (ancora) vive e vitali della città. Ce n’è abbastanza per comprendere malessere, diffidenze, incapacità progettuali, mancanza di strategie condivise, assenza di dialogo con la città che caratterizzano il quadro politico savonese, ma anche pruriti emergenti. Segnali che trovano conferma nella lettera-manifesto firmata da 38 esponenti di area centro sinistra ma di diverse “etnie” dal sindacato all’associazionismo, dalla cultura alle professioni, all’imprenditoria. E che dovrebbero fare drizzare le orecchie al centro sinistra, ma anche al centro destra (ammesso e non concesso che riesca a ritrovare il bandolo della matassa e a ricompattarsi attorno a uno straccio di leadership), ché la corsa per la poltrona che fu di Ruggeri potrebbe essere tutt’altro che decisa. Prodromi che si avvertono e che si manifestano, tra distinguo e differenziazioni, negli interventi di Marco Russo (avvocato, figlio e nipote d’arte, ex presidente delle Acli, già consigliere comunale, non a caso uno dei 38), Giovanni Burzio (già mitico segretario della Cisl con Armando Magliotto alla Cgil e Nicola Pozzi alla Uil, ex consigliere comunale e provinciale, fiero oppositore di Alberto Teardo ai tempi della Tangentopoli savonese), Anna Traverso (coordinatrice dell’associazione Aprile), Livio Di Tullio (segretario generale della Camera del Lavoro, pure lui tra i firmatari della lettera-manifesto). L’avvocato Russo non ha dubbi nel dare un giudizio negativo dell’amministrazione Ruggeri. “Si è caratterizzata per un forte accentramento delle decisioni e per un ridottissimo, se non inesistente dialogo con la città”. Parole come pietre. La critica è severa, totale. Russo denuncia “l’assenza di una strategia complessiva di ampio respiro; la mancanza di una visione d’insieme dei problemi della città”, il che ha portato “ad azioni limitate e settoriali che non hanno risolti i problemi ma li hanno complicati”. Nel mirino anche la (non) gestione dei servizi sociali e le carenze sul piano culturale. Ma Russo, fatta la sua diagnosi, propone le sue terapie: “ridare fiducia alla città e ai suoi soggetti sociali, ridare voglia di investire nella città sul piano culturale, sociale, civile”; fare tornare nel vocabolario savonese la parola “industria”, sparita da qualche anno; affrontare, in collaborazione con gli altri Comuni, la Provincia e la Regione, l’esigenza di ricostruire un tessuto industriale significativo e di alto livello qualitativo”. Per l’ex presidente delle Acli, altro tema prioritario quello delle infrastrutture: “Aurelia bis, trasporto per ferrovia, trasporto pubblico, alle cui soluzioni è strettamente legata ogni possibilità di crescita turistica e soprattutto portuale”.Russo paventa che l’ipotesi di una Terza Via (“Nata dalla somma degli scontenti e basata su un ragionamento di quadro politico e non di programma”) rischi di essere una proposta di tipo elitario, ma ritiene che per il centro sinistra sia un campanello d’allarme da non sottovalutare, perché “si innesta su delusioni, sconcerto, voglia di risposte più significative, richiesta di maggiore partecipazione”. “Chi esprime “critiche e canta fuori dal coro non sempre è stonato”, sottolinea. |
Giovanni Burzio è lapidario nel condannare le scelte dell’amministrazione comunale degli ultimi 15 anni, a cominciare dalla liquidazione del Pris (Piano regolatore intercomunale) e nel denunciare gli intrecci tra forze politiche ed economiche, intrecci manifestatisi con la smobilitazione dell’apparato industriale nella zona portuale (privatizzazione Ilva, fallimento Omsav, mutamento di destinazione d’uso dell’area e successivo via libera all’operazione Dellepiane-Campostano-Orsero). L’ex leader Cisl sottolinea come si sia mancato l’obiettivo della saldatura urbanistica della città, apparso “secondario rispetto al progetto strategico del mattone nelle aree portuali”, mattone usato per “costruire residenze per ceti ad altissimo reddito”, un insediamento “estraneo alla concreta vivibilità della città”. Burzio guarda con preoccupazione alle manovre del centro sinistra per il futuro sindaco di Savona. Fa una proposta chiara: “Serve una coalizione larga che comprenda tutte le componenti progressiste, nessuna esclusa, senza ingerenze e senza pregiudiziali”. Non nasconde timori: “Vanno guardate con sospetto le voci che indicano il sindaco futuro, già presente oggi nell’aula del consiglio comunale (Rambaudi, Aglietto, Caviglia, ndc)”. E lancia un avvertimento: “Da punto di vista del personale politico si tratta di ripartire da zero”. Burzio sollecita una progetto alternativo di discontinuità rispetto al passato, il superamento netto del “ruggerismo” insomma, l’eventuale passaggio attraverso le primarie “non solo per designare il sindaco ma l’insieme della squadra di governo: “Serve una coalizione larga che comprenda tutte le componenti progressiste, nessuna esclusa, senza ingerenze e senza pregiudiziali”. Progetto ambizioso, ma lontano come lo sbarco su Urano. Dare un’occhiata al clima e ai frequentatori e al clima di Palazzo Sisto IV per rendersene conto. E al modo in cui, con un’abile operazione pilotata dall’interno dei diesse, è stata in parte “bruciata” la candidatura di Federico Berruti. Livio di Tullio, segretario generale della Camera del Lavoro, è tranchant. “L’amministrazione comunale uscente è stata lo specchio della città. Una città di anziani e di arrivati nella quale le rendite sia economiche che di posizione e la debole spinta al ricambio generazionale hanno portato a una scarsa attitudine all’innovazione che è rischiosa per definizione e per definizione eversiva”. Ma è solo il preambolo. “Ora questa sorta di galleggiamento non è più possibile…per l’avanzare di problemi economici e sociali che affliggono strati crescenti della popolazione, dal pensionato al commerciante, al lavoratore costretto al precariato, all’imprenditore”. Per arrivare all’affondo sull’era-Ruggeri. “C’è un’altra ragione per dire che una stagione si è conclusa: è la ricerca da parte delle persone di trovare ascolto e risposte ai propri bisogni…Una amministrazione oggettivamente non in grado di parlare con le persone e di avvertire questa necessità di cambiamento, anche perché sul concetto di delega totale ha fondato il suo agire, paga l’incapacità di comprendere il bisogno di dialogo e di ascolto, oggi da più parti richiesto”. Di Tullio della Terza Via non approva nemmeno la scelta del nome. Ma con un accostamento che potremmo definire “alto” e al tempo stesso “blasfemo”. Dice il sindalista della Cgil: “Con il termine Terza Via, oltre ad appartenere all’elaborazione di uno dei più grandi politici italiani, si indicava una prospettiva di sintesi e di compromesso molto avanzata”. Per chiarire. Di Tullio si riferisce ad Enrico Berlinguer, strappo dall’Urss dopo l’introduzione della legge marziale in Polonia (1981) e alla proposta di una Terza Via tra Est e Ovest, tra il comunismo sovietico e la socialdemocrazia, ipotesi che non ebbe successo. Tornando con i piedi sulla terra, Di Tullio si chiede (teme?) se il dibatitto lanciato da Trucioli sottenda la creazione di una lista al di fuori dei partiti tradizionali. Il segretario della Ccdl sembra vedere la pagliuzza (il semplice tentativo di avviare un dibattito capace di coinvolgere la città e i cittadini), ma non vede o non vuole vedere la trave del crescente distacco della gente dal teatrino della politichetta locale, caratterizzata da piccole beghe, ricerca di posizioni e di riposizionamenti di comodo, camarille, faide interne tra correnti e correntucole. La sua contrarietà a liste al di fuori dei partiti è netta. Come la difesa del suo partito e della coalizione. “Tutti quelli che, come me, si riconoscono nel centro sinistra dovrebbero assumere come interlocutori i partiti dell’Unione. Non credo che né il popolo del centrosinistra, né quello della sinistra più radicale apprezzerebbero una simile divisione”. Non è favorevole alle primarie, strada percorribile “solo se non fosse possibile individuare il primo tra pari chiamato a realizzare un programma con il contributo ed il sostegno di tutti”. Come dire: tutto (o quasi) deve cambiare, perché nulla cambi. I partiti scelgono e decidono, la città subisce. Anna Traverso è netta nel giudicare l’amministrazione Ruggeri: “Non è stata vicina ai cittadini, con tutta una serie di decisioni passate sulla testa di tutti (emblematico il caso Puc, ndc)”. Ammette, poi, che “ci siano state anche cose positive sul piano sociale…resta però il vulnus della lontananza dai cittadini”. Lanciato il sasso ora bisogna evitare che lo stagno si richiuda, inghiottendo critiche, proposte, progetti, iniziative più o meno valide, più o meno velleitarie, prove tecniche di partecipazione. I partiti (a cominciare dalle diverse anime dei Ds) sono pronti a fare quadrato, si dichiarano disponibili al dialogo ma sono pronti ad esporre il cartello “non parlate al manovratore”. Il sindaco? “Affare dei partiti”. Le primarie? “Sì, ma solo se non troviamo un accordo al nostro interno”. La Terza Via? “Che c’azzecca?”. Il manifesto dei 38? “Cattocomunisti a caccia di poltrone (Paolo Caviglia, Sdi, sul Secolo XIX)”. Se queste sono aperture al dialogo, c’è poco da stare allegri. Ma se la città si sveglia… Luciano Angelini |