Una rubrica sulla bioetica a cura della Dr.ssa Bardi BIOETICA e DEMOCRAZIA |
E' possibile scrivere all'Autrice di questa rubrica ed intervenire inviando una email a : collaborazioni@truciolisavonesi.it, oggetto: Bioetica in calce all'articolo Rileggendo il testo, mi rendo conto di aver usato un codice meno divulgativo e me ne scuso anticipatamente con i lettori, che spero tuttavia vogliano apprezzare il “pathos” che ne traspare, che è pathos non neutrale in un confronto tra principio di laicità e principio di autorità. Ma, essendo la laicità l’affermazione della “neutralità” del politico rispetto alle varie ideologie presenti nella società che esso governa (e non per questo domina), sostenerne le regioni è neutrale in modo originario, oltre la contingenza del presente confronto referendario. Come ho ripetuto più volte nel corso di questa rubrica, le tecnologie biomediche spostano nel territorio della scelta ciò che prima apparteneva al caso e alla necessità naturale. Lo spostano cioè sul terreno della decisione etica, che appartiene alla libera valutazione di ogni persona, salvo che non si pensi ad uno stato etico. Dal diritto, ovvero dalla legge e, quindi, dalla politica, si attende che vengano tracciate delle regole di comune convivenza, tese a rendere politicamente, comunitariamente sostenibile –in senso formale e sostanziale- la libertà dei singoli, che trova il proprio limite nella libertà altrui. A tali regole è affidata la costruzione della comunità dei liberi, non sulla negazione delle aspirazioni, cui, almeno in quelle di interesse bioetico, la tecnologia dà nuove possibilità di realizzazione; non sull’afflizione dei desideri, quanto sulla loro armonizzazione. Armonizzare i desideri dunque, dando ad essi, nella loro pluralità, le più ampie possibilità di appagamento: questo lo scopo della politica, cui non appartiene la definizione di che cosa sia la felicità, di sposare una particolare visione del bene ma solo quella di crearne le chances di realizzazione socialmente compatibile. Un sistema normativo che, dal punto di vista etico non può che essere minimalista, relativo ai punti senza di cui non sussiste possibile convivenza, punti che tuttavia la tecnologia ci impegna a ridefinire via via, chiamandoci ad un grande esercizio di responsabilità politica e di creatività morale. Difficile oggi dare definizione del “nemini laedere”, nel momento in cui la possibilità di protrarre la vita oltre i suoi termini naturali, ci obbliga a confrontare la durata della vita con la sua qualità e a stabilire gerarchie di valore. Laedere significa obbligare a vivere o lasciar morire, quando questa è la scelta di colei o colui cui la vita appartiene? La vita da sola non funziona più, ammesso che mai lo abbia fatto, come valore assoluto: sostenerlo comporta costi etici enormi, nel senso che lascia sul terreno molte vittime. La riflessione etica non può permettersi il lusso di seguire riferimenti assoluti: deve scegliere chi salvare (l’embrione?) e chi sacrificare (la madre etc.). Occorre confrontare dal punto di vista valoriale e in termini umani costi e benefici: un conto che un tempo pagava la natura, alternativamente madre e matrigna. A noi non restava che subirne le condizioni. La responsabilità è propria delle società costituite sul principio di libertà individuale, non vi è chiamata alla responsabilità nei sistemi dell’obbedienza, quali sono, pur nella sostanziale differenza dei riferimenti e dei metodi, il neo-liberismo più sfrenato e il cattolicesimo dell’intransigenza. Il mercato ci vuole obbedienti, come ci ha sempre voluto obbedienti il papa-re: ecco da che cosa si originano le singolari alleanze a cui assistiamo nei nostri tempi e che pongono capo al fenomeno teo-con. L’estremamente dinamico e l’estremamente statico convergono nella deresponsabilizzazione del cittadino rispetto alle scelte che lo attendono. E i mezzi di comunicazione assolvono egregiamente alla loro funzione di indurre disimpegno. Obbediente, disimpegnato, dogmatico, intollerante: ecco l’uomo del terzo millennio. E siccome non si chiede condivisione ma obbedienza, nel caso della fecondazione assistita non si invita a votare NO ma a NON VOTARE. Si induce alla non scelta, negando persino la possibilità da parte dei comuni mortali di esercitare un’ opzione motivata su questioni che devono cadere gerarchicamente dall’alto. E cadere su tutti. E’ una morale molto debole e poco umanamente dignitosa quella che gioca sugli impedimenti. Un debole Dio quello che viene imposto per legge. Anche a Eva e Adamo è stato vietato moralmente ma non impedito “politicamente” (mi si passi la metafora) di cogliere il frutto dell’albero della conoscenza: l’albero era lì, piantato nel bel mezzo del giardino, ai singoli la scelta di coglierne o meno. Così la Chiesa dovrebbe parlare ai cattolici, secondo un magistero e un criterio di persuasività morale, senza il solito nefasto vizietto del potere e della spada. La legge 40 costituisce la fase nemmeno troppo embrionale di uno stato etico, che confonde la sfera dei valori assoluti con la dimensione della convivenza tra i possibili, intendendo con questo termine “politicamente compatibili”. La laicità non è accessoria ma essenziale alla democrazia, ovvero a un sistema politico fondato sul libero confronto e sulla pluralità delle opzioni, sullo statuto di cittadinanza, che è sempre con-cittadinanza, e non di sudditanza, che trova poi nel voto un semplice artificio per superare, con il massimo di soddisfazione possibile, l’esigenza di decidere. Non di mettere fuori circolo le istanze delle minoranze, la cui sconfitta non può che essere intesa come provvisoria. Tanto più in una società multiideologica quale è la nostra da molto tempo. Tanto più in una società multiculturale quale è la nostra da tempo relativamente breve. In questo contesto, risulta sconcertante l’analfabetismo democratico di quei politici che dicono che sceglieranno secondo la loro coscienza (sic!) e non hanno capito che, da parte loro, non si tratta di scegliere se far impartire il battesimo al proprio figlio, ma di prendere decisioni tali da ricadere sui destini di tutti: chi può essere talmente arrogante da poter voler imporre la propria valutazione di coscienza ad altri, che non la condividono? Non siamo chiamati a decidere se noi riteniamo più giusto adottare o concepire in provetta ma se vogliamo consentire che altri scelga al di fuori del nostro tribunale etico personale. Che cosa c’entra la TUA coscienza? Tienitela per quando sceglierai di ricorrere o meno alle pratiche –in dimensione etica- ma non per confezionare la legge comune e, come la 40, foriera di sacrificio- in dimensione politica. Se non ti è chiaro, allora cambia mestiere. Né è possibile pensare di poter porre al centro delle dinamiche decisionali un principio metafisico quale la sacralità dell’embrione, controverso e privo di rilevanza empirica. La base di un tessuto comune, tale da rendere compatibili le diverse visioni del bene, non può che essere oggettivamente minimalista e partire dal dato più innegabile: la sofferenza. E un fatto è certo: l’embrione non soffre. Ma soffre la madre, soffre la coppia genitoriale, soffre il bambino privato del diritto di nascere sano, soffrono i malati che attendono possibilità di cura, soffrono persino gli animali di cui nessuna chiesa si interessa e al cui utilizzo a livello di sperimentazione farmacologica la clonazione terapeutica prospetta interessanti alternative. Creare la possibilità perché si riduca il complessivo tasso di sofferenza e si massimizzi la soddisfazione complessiva: questo deve essere lo sforzo della politica: il resto appartiene al singolo, libero e responsabile. E se Dio esiste, ciascuno gli risponderà altrove, delle proprie scelte: non di quelle che ha impedito ad altri. La sofferenza non basta per ispirare una legge che sia diversa dalla 40, ovvero pietosa, non invasiva e non pilatesca? Ma voglio tornare sulla democrazia: sempre più spesso saremo chiamati a decidere su questioni che riguardano il più originario noi stessi: il nostro corpo, la nascita e la morte. C’è qualcosa di più nostro del morire e della estrema possibilità di decidere quando la sofferenza rende la nostra sopravvivenza insostenibile?A quali Tribunali etici ci rassegniamo ad affidare la licenza di un uccidere peggiore per crudeltà della stessa condanna a morte, ovvero la condanne alla vita, quando è vita che noi percepiamo dannosa? Non è un caso che tra i teo-con ci siano personaggi come Bush, aspiranti signori della vita (l’embrione è di stato) e della morte (lo Stato ha licenza di uccidere). Non è un caso che nei bracci della morte e nei lager si consumi l’umiliazione della persona, privandola della possibilità di suicidio. E così per le condanne all’infelicità, alla frustrazione degli slanci e delle aspirazioni, i divieti al libero e perciò dignitoso esprimersi dei sentimenti d’amore. E ci sono poi le decisioni che saremo chiamati a prendere in nome delle generazioni future, in termini di scelte ambientali e utilizzo di biotecnologie. C’è un ventaglio di possibilità che si squaderna e che sta a noi rendere benefico e riduttivo della sofferenza, governandolo attraverso la responsabilizzazione di tutti, distante sia dal tutto-lecito che dal niente-lecito. Dobbiamo attrezzarci per poter esercitare la responsabilità che incombe, con la maggiore consapevolezza possibile, perché saremo noi o le persone che amiamo o quelle nella cui sofferenza ci immedesimiamo a subirne gli effetti, . Di questo ne va; e l’ultima cosa che possiamo eticamente permetterci è rifugiarsi nel limbo della pura obbedienza: tutto sarà, fuorché priva di conseguenze per esistenze altrui. Tutto saremo, fuorché innocenti.
la posta della rubrica di bioetica 30 maggio 2005 Le invio una lettera spedita al giornalino per ragazzi "il messaggero di Sant'Antonio", cui avevo abbonato le mie figlie.La lettera e' una critica ad un articolo, firmato Fra Simplicio, apparso sul "messaggero" contro la clonazione.La redazione del giornalino ebbe l'onesta' di pubblicarla. Saluti. Franco Tadiotto Genova in conclusione: reputo la difesa del darwinismo, dell'evoluzione, della clonazione, della ricerca, ecc. contro l'ignoranza, una battaglia di retroguardia. Caro Fra Simplicio intervengo circa una risposta sulla clonazione pubblicata sulla tua rubrica. Devi sapere che ogni cellula vivente contiene, nel suo nucleo, tutte le informazioni per essere la totalita' dell'individuo. Per esempio, la cellula muscolare contiene le informazioni per essere cellula epatica, renale, ossea...ecc. Solo che in qualche modo, queste parti del DNA non vengono lette e la cellula muscolare resta e si duplica come cellula muscolare; cosi' per le cellule del tessuto nervoso, osseo ecc. Ci sono forme cancerogene in cui le cellule di un tessuto, nervoso per esempio, cominciano a riprodursi o a deformarsi in cellule di tessuto diverso. Ritornando alla clonazione, cioe' alla riproduzione di un individuo animale (in ambito vegetale questo e' gia' alla portata di tutti gli agricoltori) a partire da una cellula, si puo' affermare che la conoscenza di questi fenomeni potra' tornare utile anche per la comprensione e la cura del cancro e dunque non e' vero che gli scienziati perdono tempo dedicandosi a queste ricerche. Una volta capito come fanno le singole cellule a leggere solo l'informazione genetica per il tessuto in cui sono inserite, potremmo impedire che le cellule sane si trasformino in cancerogene ecc. Portando alle estreme conseguenze questo discorso, e' pensabile arrivare anche alla clonazione del singolo organo, cuore, fegato, rene, senza passare per l'individuo completo, cosi' come potrebbe essere possibile coltivare i prosciutti, i quarti di bue ecc., eliminando la macellazione. Si dice che la scienza non e' cattiva; puo' essere cattivo l'uso che se fa. "E tutto porta alla rivelazione." Genova 9/12/93 Franco Tadiotto Nella mia precedente e-mail, con il testo della lettera inviata al "Messaggero dei Ragazzi", dove elenco i vantaggi, ancora solo teorici, che l'ingegneria genetica portera' all'uomo, lettera che, con molta onesta', i frati di Padova hanno pubblicato sul loro giornale (a pagina 4 del ME.RA n° 8 del 2 aprile 1994), concludo auspicando una strategia contro l'ignoranza del "volgo". La scuola ha fallito. Jules Verne, nel suo libretto "Parigi nel XX secolo), afferma che aver alfabetizzato la totalita' della gente, non ha promosso la lettura e il piacere dello studio. Testualmente nella prima pagina, capitolo "Societa' Generale di Credito Istruzionale" scrive: "A furia di moltiplicare le succursali dell'Universita', i licei, i collegi, le scuole elementari, i convitti cristiani, i corsi preparatori, i seminari, le conferenze, gli asili, gli orfanotrofi, una istruzione sia pur minima aveva permeato fin negli ultimi strati l'ordine sociale. Se nessuno leggeva piu', almeno tutti sapevano leggere, e addirittura scrivere: non c'era figlio d'artigiano ambizioso o contadino declassato che non aspirasse ad un posto nell'amministrazione; il funzionarismo si sviluppava sotto tutte le forme possibili; piu' tardi vedremo quale legione di impiegati il governo guidasse al passo, e militarmente..." Saluti. Franco Tadiotto Genova
La ringrazio per i contributi di riflessione che ci ha fornito e la ricambio con una citazione che ho appena letto e mi sembra rispondente sia alle sue considerazioni generali che al tema che in questi giorni ci riguarda più da vicino "Credo che Dio stia guardando con pazienza alla nostra confusione. Ci manca la forza creativa di ripensare il mondo anche da un punto di vista morale, come già avevamo fatto molte volte nel corso della storia. Cambiare non vuol dire perdere il filo, vuol dire allargare lo sguardo. Sarebbe terribile essere prigionieri dei capricci di una scienza incontrollata. Ma per padroneggiare la scienza e portarla al passo di quel che consideriamo buono e civile occorre conoscere e capire. Potrà essere una cosa così tremenda la scienza quando fa nascere un bambino, sia pure lungo percorsi ignoti?". (Ellen Goodman, in Chiara Valentini - La fecondazione proibita - Feltrinelli ). Savona 25 maggio Proseguendo un discorso iniziato con Gloria durante un suo intervento in un dibattito sui referendum, mi piacerebbe approfondire la relazione che si potrebbe creare tra ricerca staminale e obiezione di coscienza alla ricerca con utilizzo di animali. Giorgio in quell’ occasione mi aveva espresso le sue perplessità di animalista nei confronti di una battaglia fatta in nome della libertà di ricerca. Ora, la possibilità di ricerca in materia di clonazione terapeutica, a partire dalle cellule staminali, va proprio nella direzione da noi auspicata, perché la possibilità di riprodurre organi o tessuti consentirà una sperimentazione dei farmaci più sostenibile dal punto di vista etico, perché effettuata senza i gravi costi della sofferenza animale, e dal punto di vista scientifico, perché mirato sull’uomo e sul suo tipo di reattività, spesso diversissimo da quella animale, come i figli del talidomite hanno tragicamente dimostrato. Inoltre, al di là degli spettri agitati dai soliti “apocalittici” che accompagnano tutte le scoperte scientifiche e conseguenti introduzioni tecnologiche a iniziare dalla locomotiva a vapore, la possibilità di una riserva personale di “organi di ricambio”consentirebbe di trovare un’alternativa, incomparabilmente migliore sul piano clinico, agli xenotrapianti (trapianti da altra specie) e alla produzione di animali allo scopo ingegnerizzati. Quanto all’obiezione di coscienza concessa agli studenti di medicina rispetto alla sperimentazione su animali, si tratta della più sconosciuta e disattesa tra le possibilità di dissociazione etica, la terza in ordine di tempo dopo quella militare e quella antiaborista, cui si aggiunge oggi quella nei confronti della fecondazione assistita. Il fatto che ci si possa rifiutare di partecipare a sperimentazioni su animali, senza pregiudizio professionale, sta ad indicare che è possibile una ricerca che utilizzi vie alternative; e infatti la stessa norma che prevede l’obiezione obbliga le strutture universitarie a dotarsi di strategie alternative. La terza obiezione risulta però la più sconosciuta, anche perché non ha nessuna Chiesa a sostenerla e diffonderne la valenza etica. I gesuiti sono insorti dinanzi all’introduzione dei “diritti animali” nella Costituzione; ma accanto a questa parte del mondo cattolico (che è poi la stessa che cerca un’ autorità capace di sbarrare la strada al desiderio di maternità, paternità e salute, al desiderio delle persone di esprimere la propria aspirazione sessuale condivisa), esiste anche un filone animalista ed ecologista, rappresentato soprattutto dal francescanesimo, che non a caso sosteneva una religiosità di gioiosa comunione con la natura, e non di affittiva venerazione della propria impietosa e autoritaria “sacralità”. Savona 24 maggio Gent.ma Dr.ssa Bardi, mi permetto di intervenire in un dibattito che ritengo utilissimo in quanto fruttuosamente provocatorio per le coscienze; nell'associarmi in toto alle osservazioni sulla falsa parità delle posizioni da tutelare, rispetto alle garanzie offerte agli embrioni, che sono oramai diventati oggetto inconsapevole di una vera e propria crociata intellettuale, volevo introdurre un elemento ancora più destabilizzante per le coscienze di coloro che presentano la posizione pro-embrione come una doverosa azione di tutela dei più deboli: perchè non assumere la stessa ferma posizione nei confronti dei veri deboli, che sono già in vita, e che, purtroppo per loro, sono destinati alla morte per fame e malattie, ogni giorno? Dei milioni di bambini ed adulti che ogni anno muoiono nell'indifferenza del mondo "sviluppato"cosa possiamo dire? Forse la sofferenza è considerata un viatico necessario, per un cristiano, ma è lecito, allora, accettarla per soggetti senzienti, con stupefacente rassegnazione, e combattere strenuamente, invece, per risparmiarla al prodotto della fecondazione che persino in natura, il più delle volte, non riesce a superare i primi stadi dello sviluppo? Giulio Magno L’argomento che lei porta è fondamentale e ben presente sul tavolo della riflessione bioetica.E’ pur vero che il papa precedente ha testimoniato, almeno nella circostanza della guerra contro l’Iraq, i valori della pace, ma, dal momento che si arriva poi sempre a stabilire delle priorità tra i valori, la Chiesa, almeno quella delle gerarchie, tra la guerra, la povertà, la fame e l’embrione sceglie l’embrione e lo fa quando accetta di far difendere i valori “teo-con” dalla spada insanguinata di Bush o dal neo-liberismo dei potentati occidentali, compresi quelli di casa nostra. Savona 24 maggio Gent.ma dott. Bardi, Le staminali embrionali hanno una caratteristica che non hanno le cellule adulte, ovvero l'essere totipotenti, vale a dire passibili di generare qualsiasi tipo di tessuto umano. Savona 24 maggio Davvero attraente la sua rubrica di bioetica, il tema dei referendum è molto difficile e delicato ma non sembra coinvolgere molto i cittadini. La sua richiesta mi ha offerto lo spunto per la rubrica di questa settimana, consistente in un prospetto riassuntivo di orientamento ai quesiti. Savona 8 maggio Gent.ma redazione, Gentile Signore, innanzitutto la ringrazio per l'attenzione attiva che dedica ai miei interventi il cui fondamentale obiettivo è non certo fornire soluzioni ma creare lo spazio del problema e mettere in moto il confronto. |