SAVONESI CHE HANNO FATTO LA  NOSTRA STORIA

 

PAPA SISTO IV

GIUSEPPE AONZO

GIUSEPPE OLMO

CESARE TALLONE

LE DONNE SAVONESI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI 

LA CLASSE OPERAIA

I MARTIRI DELLA RESISTENZA

GIUSEPPE SAREDO

EMILIO E GINA LAGORIO

I GARIBALDINI SAVONESI

I PRIMI DIRIGENTI DELLA CAMERA DEL LAVORO

ARRIGO CERVETTO

RENATA CUNEO

ADELCHI BARATONO

GIULIANO DA SANGALLO

 SANTA MARIA GIUSEPPA ROSSELLO

I DEPORTATI SAVONESI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO

GIOVANNI  MICHELANGELI

GIN BEVILACQUA

LE FAMIGLIE PIU' ANTICHE DELLA CITTA'

ANGELO VIGLIENZONI

ANDREA  PICASSO E AMILCARE LUNARDELLI

GIUSEPPE BRIGNONI

LUIGI CORSI

IL CONTE GILBERTO FELICE CHABROL DE VOLVIC 

ANDREA  AGLIETTO

CAMILLO SBARBARO

 

LE DONNE SAVONESI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI 

Proseguendo nell'illustrare le vicende savonesi legate alla lotta di Liberazione, riteniamo doveroso ricordare le donne della nostra Provincia, che furono internate nei campi di sterminio.

Si tratta di una pagina poco nota al punto che i dati sono molto incompleti, essendo addirittura distrutta una parte della documentazione.

I campi dove le donne savonesi furono rinchiuse furono essenzialmente quelli di Ravensbruck, Flossemburg ed Auschiwtz.

Secondo i dati dell'Associazione Nazionale Ex – Deportati le donne che vi trovarono la morte furono.

Regina Amato di Savona

Albertina Roetingler di Finale Ligure.

Da altre pubblicazioni abbiamo, inoltre, ricavato questi nominativi:

Lucia Marenco, di località imprecisata

Armide Goso di Bardineto.

Riuscirono invece a sopravvivere alla deportazione e far  ritorno a casa.

Fiorina Saccone di Vado Ligure, nata nel 1924 ed internata a Ravensbruck;

Maria Patrone di Osiglia, nata nel 1919 ed internata a Ravensbruch;

Giovanna Caprini, nata a Savona nel 1929 ed internata a Ravensbruck;

Maria Montina di Vado Ligure, nata nel 1920, internata ad Auschiwtz;

Ester Amato di Savona, nata nel 1922, internata ad Auschwitz – Birkenau.

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LA CLASSE OPERAIA

La storia della Savona operaia si è avviata con il periodo napoleonico e si esaurita, in concreto, durante gli anni'70 del XX Secolo.
Negli anni centrali del '900 nella Provincia di Savona si potevano contare un numero di stabilimenti di grande importanza.
Primo fra questi quello siderurgico dell' “Ilva – Altiforni – Acciaierie d'Italia – che con le sue succursali di Vado e Cogoleto, occupava normalmente circa 4.000 operai e 160 tecnici e amministrativi.
L'industria metalmeccanica poteva vantare, tra i diversi grandi e medi stabilimenti, alcuni di importanza nazionale quali erano il Tecnomasio Brown – Boveri di Vado Ligure, le Officine Elettromeccaniche Scarpa e Magnano, la Soc. Anonima Servettaz – Basevi, la Soc. An. Piaggio di Finalmarina.
L'industria chimica contava, soprattutto in Val Bormida e nella Valle di Vado, una ventina di stabilimenti: la società Montecatini di Bragno, la SIPE (poi ACNA) di Cengio; la Soc. An. Lavorazione Carboni Fossili e Derivati (Monteponi); la Vacuum Oil; la Soc. An.Astrea; la Soc. del Petrolio Nafta.
L'industria vetraria era presente con le vetrerie savonesi A.Viglienzoni e la Soc. Artistico Vetraria di Altare; quella navale era caratterizzata dai cantieri di Varazze, Loano, Pietra Ligure, Savona; quella tessile dal Cotonificio Ligure di Varazze; quella dei materiali refrattari di Vado, mentre le fabbriche albisolesi di stoviglie occupavano circa 400 dipendenti, con una produzione annua superiore alle 10.000 tonnellate.
Non deve , inoltre, essere dimenticato il tessuto di piccola e media industria: Arcos saldature elettriche, Officine Bertolotto, Scuffi, Pizzorno, Trucco, mentre il porto di Savona movimentava annualmente una media di oltre 2.500.000 tonnellate di merce.
In tutti questi opifici prestarono la loro opera silenziosa tantissimi operai, che con la loro fatica costruirono la ricchezza della nostra terra. Alcuni furono protagonisti di gesti di vero e proprio eroismo , come quelli che organizzarono lo sciopero del 1 Marzo 1944, finendo deportati a Mauthausen o coloro che organizzarono il sabotaggio delle macchine per impedire ai tedeschi di trasportarle in Germania.
Tutta la classe operaia savonese fu, poi, protagonista della grande stagione di lotta, negli anni'50 e '60, in difesa dei posti di lavoro.
Oggi, in occasione del primo maggio 2005, dedichiamo la nostra pagina riservata ai “Savonesi illustri”, alla classe operaia savonese, ai nostri padri che hanno saputo difendere, oltre al loro lavoro, anche la dignità di Savona.

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I MARTIRI DELLA RESISTENZA 

Dedichiamo questa pagina sui savonesi illustri, che uscirà nel numero di “Trucioli” proprio il giorno del 25 Aprile 2005, sessantesimo della Liberazione ai savonesi trucidati dai nazisti o sterminati nei lager.
Dal settembre 1943 all'aprile 1945 duecentoquarantuno savonesi (come ricorda il dott. Guido Malandra, autore del fondamentale “I caduti savonesi nella Lotta di Liberazione) sono morti, o hanno trovato la causa di morte, nella lotta di liberazione dell'Italia dagli invasori e occupanti tedeschi e dai fascisti loro asserviti coadiuvanti, quasi potendosi dire che ogni sessanta ore per venti mesi un savonese abbia perso la vita.
E per la lotta di Liberazione sono diciotto savonesi per sola nascita, non più abitanti a Savona e altrove caduti, mentre sono ventidue i caduti a Savona altrove abitanti e quattordici i caduti a Savona solo per morte, altrove feriti.
I savonesi caduti per la Lotta di Liberazione, tutti abitanti a Savona, in Città, nei quartieri periferici e nelle frazioni, sono complessivamente 241, di cui 231 uomini e 10 donne: dei caduti 184 erano partigiani e 57 civili.
Dei 241 savonesi, partigiani e civili, caduti per la Lotta di Liberazione 61 morirono a Savona (53 partigiani e 8 civili, furono 125 a perire fuori Savona (114 partigiani e 11 civili), 1 partigiano muore all'estero (Luigi Testolin in Jugoslavia), 47 morirono deportati nei lager (di cui 17 partigiani e 30 civili), 8 muoiono dopo il 7 Maggio 1945 per ferite subite o infermità contratte in precedenza.
Dei savonesi caduti per la lotta di Liberazione sono stati decorati al valor militare alla memoria cinque di medaglia d'oro ( Augusto Bazzino, Domenico Lanza, Bruno Lichene, Ermanno Maciocio, Pietro Paietta), quindici di medaglia d'argento, sei di medaglia di bronzo e uno di croce di guerra.
Savona ha ricordato questi suoi cittadini caduti per la lotta di Liberazione, cui anche deve la medaglia d'oro al valor militare di cui è stata decorata, nella sua memoria collettiva e nel sacrario, dove tanti di loro sono sepolti, eretto dalle famiglie dei caduti nel Cimitero di Zinola.
 

GIUSEPPE SAREDO

Nei giorni scorsi è stata pubblicata una biografia di Giuseppe Saredo (un'opera analoga a quella uscita negli anni'30): un savonese illustre che la maggior parte dei nostri concittadini conoscerà, forse, per la targa stradale della via che attraversa la parte “vecchia” del quartiere delle Fornaci (un pezzo dell'antica via di Nizza che, un tempo, snodandosi tra orti e parti, principiava dalla Chiesa di N.S. Di Consolazione: da lì si dipartivano, da un lato- appunto – la via di Nizza, e dall'altro lato la via alla Rocca di Legino che, inerpicandosi sulla salita della “Parpaggiona” conduceva alla Doria, rasentando le ville di campagna dei patrizi savonesi).

Giuseppe Saredo ( 1832 – 1902) fu un grande uomo di Stato.

Professore di diritto costituzionale in molte Università, scrittore, fondatore della rivista la “Legge” è noto soprattutto per la sua inchiesta sul fenomeno della camorra napoletana: per la prima volta, nel nostro ci rese conto della vastità e della pericolosità della presenza camorristica, e questa denuncia fece davvero epoca.

Nel 1879 entrò a far parte del Consiglio di Stato, che poi presiedette per molti anni.

Nel 1891 fu nominato Senatore.

Fu autore di testi di grande importanze per lo studio del diritto: “Trattato del diritto civile italiano”, “Istituzioni di procedura civile”, “Trattamento delle leggi, dei loro conflitti di luogo e di tempo e della loro applicazione”, “Del procedimento in Camera di Consiglio”, “Del procedimento dell'azione civile contro l'autorità giudiziaria”, “Sul diritto costituzionale in Italia”.

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Emilio e Gina Lagorio

Emilio Lagorio è un personaggio e un testimone memorabile della Resistenza savonese e della politica locale. Uno che lotta fino alla Liberazione, ma anche uno che ragiona con la propria testa e che perciò, nel 1956, di fronte ai fatti d'Ungheria, lascerà il Partito comunista con una nobile e antiretorica lettera di dimissioni “…non penso con ciò di tradire quegli ideali di democrazia, di vera libertà, di pace nei quali ho creduto e credo...”. Nella sua vita evento importante è anche il matrimonio, per almeno due motivi: il primo è che questo viene deciso perché lui e la fidanzata possano «essere più liberi e disponibili» nell'occuparsi della resistenza in città: il secondo motivo per il quale questo matrimonio ci interessa è la sposa: Luigina Bernocco, oggi nota come Gina Lagorio.

Nata a Bra nel 1930, la famiglia si trasferisce presto in Liguria. Figlia unica, Gina, sviluppa una passione per la lettura e la scrittura, e si laurea in Letteratura Inglese all'Università di Torino. Collabora con molti giornali, ed inizia la sua carriera da scrittrice verso i trent'anni, con Un ciclone chiamato Titti, del 1969, dedicato a sua figlia. Nel 1974, si stabilisce a Milano, attratta dalla vita culturale della città, e li intraprende la carriera politica, battendosi per i diritti delle donne.

Alle sue spalle, eletta nella sinistra indipendente,  una esperienza di parlamentare, dal 1987 al 1992, ed una carriera di insegnante e di scrittrice che l’hanno fatta apprezzare non solo in terra di Liguria, ma anche nel mondo.

In “Raccontiamoci com’è andata - Memoria di Emilio Lagorio e della Resistenza a Savona” con prefazione di Furio Colombo del 2003, che riceve il premio Scaffale, Gina Lagorio traccia un profilo del marito e della Resistenza savonese, a cui lei stessa partecipò. Con una narrazione misurata e diretta presenta fatti e date, racconta luoghi, fotografa personaggi. Non mancano pagine letterariamente rilevanti: la tristezza indelebile delle macchie “grigio-rugginose” delle colline savonesi disboscate “a specchio sul mare”, il matrimonio con Emilio, i giustiziati di Valloria, i processi di epurazione che scuotono le coscienze, le necessità e le contraddizioni della pacificazione .
Ha scritto Giovanni Raboni di questo libro: è “un gesto di pietà familiare, una sommessa, segreta storia d’amore”. Ma anche una risposta ai revisionismi e ai negazionismi, ma anche e soprattutto a tanti vergognosi voltafaccia.
Ed in questo percorso che la Lagorio partecipa assieme all’ex-Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e al giornalista Giorgio Bocca alla nascita del "Comitato antifascista braidese per la difesa e l’attuazione della Costituzione".

Scrive molti testi, alcuni dei quali troveranno spazio anche nelle librerie estere. La visione dell’arte e della vita di Sbarbaro, che considera il suo maestro, è quella che più l'ha influenzata, e a cui ha guardato come una meta non solo letteraria, che considera un uomo capace di conservare sino alla fine, l'innocenza di un bambino, incantato davanti alle forme e ai colori della natura; un uomo che rifiutava ogni dogmatismo ed arrivismo, ogni corruzione con il potere costituito, ogni sollecitazione mondana e men che meno il successo e la pubblicità; un poeta che non conservava niente o quasi niente delle recensioni o degli articoli a lui dedicati.

Tra le prime opere: Il polline (1966), Approssimato per difetto (1971), La spiaggia del lupo (1977) Premio Selezione Campiello, Fuori scena (1979), Tosca dei gatti (1983) Premio Viareggio, Golfo del paradiso (1987 Premio Rapallo, Tra le mura stellate (1991), Il silenzio (1993), Il bastardo, ovvero gli amori, i travagli e le lacrime di Don Emanuel di Savoia (1996), Inventario (1997), L’arcadia americana (1999).

Tra le opere di saggistica: Fenoglio (1970), Sui racconti di Sbarbaro (1973), Sbarbaro: un modo spoglio d’esistere (1981), Penelope senza tela (1984), Russia oltre l’URSS (1989), Il decalogo di Kieslowski (1992). I suoi testi teatrali sono raccolti nel volume Freddo al cuore (1989).

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 I GARIBALDINI SAVONESI

Il supplemento n.266 della Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia contiene l'elenco dei Mille di Marsala. Tra di essi si segnalano sei nominativi, provenienti dalla provincia di Savona:

1) Giuseppe Cesare Abba, nato a Cairo Montenotte il 6 Ottobre 1838, ivi residente, possidente, letterato;

 2) Angelo Astengo, nato ad Albissola Marina il 20 Settembre 1835, residente a Savona, negoziante;

3) Emanuele Banchero, nato a Savona il 14 Ottobre 1840, residente a Patasso (Perù) dove morì;

4) Giuseppe Baracco, nato a Finalmarina l'8 Ottobre 1943, ivi residente, capitano marittimo;

 5) Francesco De Maestri, nato a Spotorno il 18 Ottobre 1826, già capitano dei veterani (campagne d'Uruguay, Lombardia, Repubblica Romana, Seconda Guerra d'Indipendenza), morto nel marzo 1876 nell'ospedale di Savona;

6) Guglielmo Macarro, nato a Sassello il 24 Aprile 1841, residente a Genova, negoziante.

L'elenco prosegue citando persone nate fuori dalla provincia di Savona, ma residenti nel suo territorio: Giovanni Bertozzi, nato a Pordenone nel 1840 e morto a Varazze nel 1865;

Agostino Carminati nato a Bergamo nel 1837 e morto a Savona per ferite riportate in servizio;

Filippo Cartagenova, nato a Genova nel 1826 e morto a Varazze nel 1872;

Domenico Merello, nato a Genova nel 1828, morto nel 1877 ad Albissola Marina;

 Giovanni Tigre nato a Venezia nel 1825, residente a Savona fino al 1866.

Debbono essere ricordati anche: Luigi Ghilini nato a Loano nel 1841 e morto nella battaglia di Milazzo il 20 Luglio 1860;

Anton Giuseppe Becchi, nato ad Albissola Marina ,morto sedicenne a Napoli il 7 Novembre 1860, entrambi appartenenti alla seconda spedizione Medici e Antonio Bruzzone, nato a Savona e ferito a Capua, aggregatosi alla spedizione garibaldina con Cosenz.

In altre imprese garibaldine furono protagonisti anche: Giacomo Minuto che morì difendendo la Repubblica Romana nel 1849, Nicolò Lavagna e Luigi Calzia che furono con Garibaldi in tutte le avventure sudamericane e, ancora, Giuseppe Parodi, Lorenzo Parodi, Gerolamo Boccardo, Vincenzo Silice, Luigi Selva, Nicola Guidi.

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I PRIMI DIRIGENTI DELLA CAMERA DEL LAVORO

La data del 7 Aprile 1901 rimarrà come una delle più belle nella storia del proletariato savonese, perché ben 1000 operai, appartenenti a 10 Leghe di Resistenza della nostra Città, dichiaravano costituita la Camera del Lavoro, riaffermando così la necessità, il dovere dell'organizzazione.

In quei giorni si procedette all'elezione del Comitato Esecutivo.

Pensiamo che i nomi dei componenti di quel Comitato (i primi dirigenti della Camera del Lavoro di Savona) possano stare, a buon diritto, nella nostra Galleria dei Savonesi Illustri:

Francesco  Artuso , fonditore

Giuseppe Cava, tipografo (il celebre poeta dialettale)

Benedetto Ciarlo  (stivatore del porto)

Giuseppe Duce (tipografo)

Antonio Moretti (aggiustatore)

Antonio Zannoni (vetraio)

Luigi Campolonghi (pubblicista)

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ARRIGO CERVETTO

Arrigo Cervetto (1927-1995), operaio dell'Ilva, autodidatta, protagonista della Resistenza, intellettuale teorico del marxismo, capace di compiere un lungo percorso dall'anarchia al leninismo attraverso lo sviluppo di una densissima biografia intellettuale.

Possiamo definire Cervetto come uno “scienziato politico” compreso nella sua ricerca intellettuale, capace però di essere protagonista del grande dibattito sviluppatosi tra gli anni'50 – '60: più ancora che per le organizzazioni politiche da lui dirette come Azione Comunista, Movimento della Sinistra Comunista e, infine, Lotta Comunista, cui ha fornito l'impronta decisiva per farne, ancor oggi, un gruppo di notevole importanza, Cervetto deve essere ricordato per le sue intuizioni di fondo, rivelatesi di grande importanza per quanti hanno intrapreso il difficile cammino nel campo della ricerca politica.

Ricordiamo due testi : “L'imperialismo unitario”, dove in pieno anni'50, è messa a nudo la logica dei blocchi contrapposti basati, però, proprio da una base “unitaria” e quindi da un ruolo come di USA e URSS in funzione imperialista; “L'involucro politico” dove si rintracciano già tutti gli elementi che porteranno, poi, alla crisi verticale del sistema politico italiano ed allo smarrimento, da parte dei soggetti tradizionali della sinistra italiana, di qualsiasi riferimento di classe.

Molto opportunamente la sua organizzazione, Lotta Comunista, ha in questi giorni ristampato, nel volume “Scritti e  Memorie”, una serie di testi di Cervetto sulla storia del movimento operaio savonese: un notevole contributo a far luce su di un periodo, quello della Savona Città d'industrie, che non può assolutamente essere dimenticato.

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RENATA CUNEO

Dieci anni fa, proprio in questi giorni, moriva Renata Cuneo, una delle più illustri esponenti del movimento artistico savonese del '900.

Renata Cuneo, scultrice di grande talento lavorò in uno stile moderno, facilmente comprensibile, all'altezza dei tempi in cui viveva, dimostrando di possedere un innato senso dell'arte, ed una profonda cultura umanistica.

La Cuneo era persona schiva, lontana dalla ricerca di celebrazioni ed encomi, capace di tenere viva la realtà artistica savonese fungendo anche da punto di riferimento, sia sul piano della creatività immediata, sia al riguardo della ricerca e dell'innovazione.

Savona conserva, in tanti luoghi, la sua impronta creativa.

Basterà ricordare, tra le sue opere più conosciute, la grande fontana di Piazza Marconi (la fontana del “Pesce”), la cassa processionale del Venerdì Santo “Ecce  Homo” che sostituì quella originale della scuola del Maragliano perduta con il bombardamento dell'inverno 1944 che distrusse, assieme ai quartieri dei Fraveghi e dei Cassari anche la chiesa degli Scolopi in fondo a Corso Mazzini, in cui la “cassa” era conservata, la statua a ricordo dei marinai che si trova nell'aiuola antistante Palazzo Lamba -  Doria e la statua a ricordo delle vittime del lavoro che è conservata nei Giardini Isnardi, a fianco del mercato civico coperto e di fronte all'antica sede dell'Ilva, culla del lavoro savonese.

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GIULIANO DA SANGALLO

Giuliano da Sangallo, architetto ed intagliatore il cui vero nome era Giuliano Giamberti (1445 – 1516.

Fin dall'inizio guardò a Brunelleschi per la limpidezza e la vivacità lineare, ed in seguito all'Alberti per l'idea di struttura.

Operò a Firenze e a Roma, dove nel 1514 successe a Bramante nella direzione del cantiere di San Pietro, insieme con Raffaello.

In quel periodo il papa Giulio II lo incaricò di costruire il suo palazzo a Savona, e l'architetto da Sangallo visse a lungo nella nostra Città, al punto che possiamo ben considerarlo savonese d'adozione.

Riportiamo così di seguito un antico testo che parla di quel Palazzo che, oggi, dopo essere stato sede della Prefettura Napoleonica, della Sottoprefettura e del Tribunale,giace praticamente inutilizzato ed  in degrado da molti anni.

“ Il Palazzo della Rovere fu fatto disegnare e fabbricare al Sangallo, da Giulio II, che volea porvi scuole di ogni scienza e come dire una Università. Fu dipinto dal Semino e da altri tali. Venne prima in possesso dei marchesi di Garessio; mutato in convento di monache, le antiche pitture scomparvero; rimutata in sede dei tribunali e stanza dei magistrati, la gran sala, in cui ora è la corte delle Assisie, fu ornata di pitture da Gerolamo Brusco, che vi figurò l'apoteosi di Napoleone, descritta e lodata dal professore Alizeri. Questo palazzo ebbe fama del più bello di Liguria, dopo il Ducale di Genova. La facciata dello stile severo del tempo, fu guasta per far luogo a botteghe”.

(Nicolò Cesare Garoni – Guida Storica Economica ed Artistica della Città di Savona – dai tipi di Gio.Sambolino 1874).

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SANTA MARIA GIUSEPPA ROSSELLO

Terziaria francescana, fondatrice delle figlie di N.S. della Misericordia, nacque ad Albissola Marina il 27 Maggio 1811 e morì a Savona il 7 Dicembre 1880.

Visse, impiegando gli anni in quante più opere di bene poté.

La sua è una storia di una vocazione, che richiese da lei sacrifici e rinunzie e che, in cambio, la portò alla santità.

Al battesimo, i  genitori modesti lavoratori stovigliai con 9 figli, la chiamarono Geronima Benedetta.

Geronima Benedetta iniziò a lavorare giovanissima, imparando l'arte di cucire i pizzi con il palloncino e, successivamente, nel 1827 entrò a servizio a Savona, presso la famiglia Monleone a Savona.

Entrata nell'ordine francescano come terziaria, sentì sempre più pressante la vocazione religiosa e nel 1837 si presentò al vescovo Monsignor De Mari, per esporre  un suo progetto di congregazione destinata a recuperare le ragazze “randagie”.

Il Vescovo diede il suo assenso, affidando a Benedetta e ad altre quattro compagne la conduzione di una casetta in vico del Vento (più o meno dove adesso sorge l'Istituto Ferro – Franceri), ammettendo il 22 Ottobre di quell'anno le fanciulle alla vestizione, scegliendo un abito non molto differente da quello che usavano le donne liguri del tempo.

A quel punto Benedetta prese  il nome di Giuseppina e l'Istituto si chiamò di figlie di N.S. Della Misericordia.

Gli Istituti Religiosi retti dalla Congregazione, di cui Santa Maria Giuseppa Rossello fu eletta Superiora Generale mantenendo l'incarico per 38 anni, crebbero di numero, espandendosi anche fuori dalla provincia di Savona ed Oltreoceano, in Argentina.

La Casa della Divina Provvidenza, che sorge ancora oggi imponente tra via Montegrappa, via De Mari e via Naselli Feo, fu fondata il 10 Maggio 1858, nella ex-villa Lamba Doria acquistata per 25.000.

Suor Maria Giuseppa morì il 7 Dicembre 1880.

Dopo soli 68 anni dalla sua morte, il 6 Novembre 1938, Pio XI stabilì di elevarla all'onore degli altari come Venerabile.

Fu Pio XII, il 12 Giugno 1949, a decretarla Santa.

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I DEPORTATI SAVONESI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO


Nell'occasione della giornata della memoria, 27 Gennaio, abbiamo pensato di dedicare il piccolo spazio della nostra rubrica riservata ai savonesi illustri, a quei nostri concittadini che, tra il 1943 ed il 1944 furono deportati nei campi di sterminio nazisti.
A Savona la presenza degli ebrei era molto limitata e, quindi, numericamente il peso della Shoah fu limitato, ma non per questo meno pesante ed importante.
La maggior parte dei savonesi deportati nei campi di sterminio erano, invece, operai delle fabbriche rastrellati nell'occasione degli scioperi che, nonostante le difficoltà dei tempi, ci furono e numerosi.
Non pubblichiamo qui elenchi dei savonesi scomparsi nella fossa dell'Olocausto: intendiamo ricordarli tutti, rivolgendo loro un pensiero deferente rivolto al “Mai più un orrore simile” (anche se, in verità, abbiamo assistito e stiamo assistendo al perpetuarsi della barbarie).
In particolare vogliamo ricordare i deportati in seguito allo sciopero del 1° Marzo 1944: in quell'occasione i nazisti ed i loro alleati della Repubblica di Salò rastrellarono, dalle principali fabbriche della nostra Città (Ilva, Scarpa e Magnano, Servettaz Basevi, ecc) 110 persone, scegliendole tra i principali organizzatori dello sciopero: dopo essere stati trasferiti, prima all'Istituto Merello di Spotorno e, successivamente, alla Casa dello Studente di Genova, furono deportati, in gran parte, nei campi di Mauthausen ed in quelli, da esso dipendenti, di Gusen ed Ebersee.

A Savona, ne tornarono vivi, alla fine della guerra, soltanto 8.
 

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GIOVANNI  MICHELANGELI

Giovanni Michelangeli nacque a Montefiore dell'Aso, in provincia di Ascoli Piceno, il 9 Aprile 1883. Trasferitosi ad Offida nel 1890, seguì gli studi in seminario e fu ordinato sacerdote.

Dal 1912 fu parroco ad Amatrice, ma nel 1920 lasciò l'abito talare ed iniziò una attiva milizia politica.

Aderì al Partito Socialista e, trasferitosi a Savona verso la fine del 1920. assunse la carica di segretario della locale lega contadina e di membro della commissione esecutiva della Camera del Lavoro.

Fu tra i primi che, a Savona, aderirono alla frazione comunista e, successivamente, al Pcd'I.

Partecipò al I Congresso Regionale comunista, svoltosi a Savona il 20 Marzo del 1921 nella sala del ridotto del Teatro Chiabrera con la presidenza di Antonio Gramsci, dove svolse la relazione sull'attività sindacale, affrontando particolarmente il tema dei consigli di fabbrica, criticando la direzione eccessivamente centralizzatrice svolta dalla CgdL che, in quel modo, ne limitava una piena espressione di tipo classista.

Da quel congresso fu designato membro del comitato esecutivo regionale del Partito.

Nel maggio dello stesso anno fu candidato alle elezioni politiche nelle liste del Pcd'I, che videro però, in Liguria, eletto un solo deputato, l'economista Antonio Graziadei.

Nel giugno del 1921 Michelangeli fu eletto segretario della Camera del Lavoro di Savona, sostituendo un altro comunista, Enrico Hoenning.

A Savona, infatti, la mozione presentata dai comunisti al Consiglio delle Leghe aveva ottenuto oltre 17.000 voti, contro i 4.000 della mozione socialista.

Al II Congresso regionale del Pcd'I,svoltosi a Sampierdarena il 22 Gennaio 1922, Michelangeli fu confermato nell'esecutivo regionale e delegato al II congresso nazionale, dove tenne una relazione sul rapporto tra il Sindacato ed il Partito.

Dopo lo sciopero dell'agosto 1922, come altri numerosi dirigenti comunisti savonesi, fu colpito dal bando fascista ed iniziò una avventurosa vita da esule condotta tra il Messico, gli USA (dove lavorò per un certo periodo in una banca di Filadelfia), la Germania (a Berlino nel 1923, fu componente del Comitato Centrale del Soccorso operaio internazionale), nuovamente gli Stati Uniti, che lasciò definitivamente nel 1928 per tornare in Europa, tra il Belgio e, soprattutto la Francia. A Parigi lavorava come parrucchiere (successivamente aprì un negozio a Mondeville presso Caen) e fu raggiunto , in circostanze romanzesche, dalla moglie, la savonese Teresa Canepa e dalla figlia Anna, che vive ancora nella nostra città con il marito, il  partigiano “Gelo” Miniati, figlio e nipoti.

La morte colse Giovanni Michelangeli ancor a in esilio, a Parigi, nel 1938 mentre stava lavorando all'arruolamento dei volontari per le Brigate Internazionali nella guerra di Spagna.

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GIN BEVILACQUA

Gin Bevilacqua, grande comandante partigiano caduto per la libertà, nacque ad Albisola Superiore il 2 Agosto 1895.

Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale, Gin Bevilacqua è assunto all'Ilva ed inizia  subito una intensa attività politica, iscrivendosi al Pcd'I nel 1924.

Durante il fascismo svolge attività clandestina : arrestato il 3 Aprile 1934 è condannato , dal Tribunale Speciale, a 10 anni di reclusione.

Amnistiato, dopo un lungo periodo di disoccupazione riesce e rientrare all'Ilva nel 1939 e riprendere   le fila del suo lavoro politico.

Il 26 Luglio 1943, non appena la radio annunciò la caduta di Mussolini, fu Bevilacqua a riunire il Comitato Federale del PCI, nella chiesetta di San Lorenzo (sopra Piazza Brennero) ed a parlare alla folla, assieme all'avv.Molinari, Campanile e Cristoforo Astengo, nella grande manifestazione di Piazza Mameli, durante le quali i savonesi gridarono tutta la loro volontà di pace.

Nel momento più tragico: all'8 Settembre 1943, Bevilacqua dirige gli antifascisti impegnati a raccogliere le armi abbandonate nelle caserme dai soldati, lasciati sbandati e senza ordini dai comandi centrali., in fuga.

Il 25 Settembre 1943 a Santa Giulia, nei pressi di Dego, Bevilacqua costituisce il primo nucleo partigiano, denominato “Stella Rossa”.

Inizia, così la lotta partigiana: Bevilacqua sarà uno dei protagonista, in qualità di Commissario Politico del distaccamento Calcagno e, successivamente, ispettore della IV e V Brigata Garibaldi.

Nel Novembre 1944, durante una azione presso il Bric Camulera è arrestato, assieme ad altri cinque giovani compagni, ed immediatamente fucilato.

Pubblichiamo, di seguito, il testo della motivazione con cui gli fu assegnata, alla memoria, la medaglia d'argento al Valor Militare:

“ Combattente della lotta partigiana, fedele alla Patria ed animato da vivo amore per la libertà, dimostrava sino dai primi giorni tempra impareggiabile di organizzatore. Animava la Resistenza della zona di Savona e, nel corso di numerose azioni dava belle e sicure prove di decisione e valore. Durante un duro rastrellamento condotto da soverchianti forze, cadeva in mani nemiche sul monte Camulera mentre, incurante del pericolo, si portava da una posizione all'altra per animare la lotta. Nelle poche ore della sua prigionia manteneva contegno fiero ed esemplare e, sul luogo stesso della cattura, affrontava la morte con il coraggio dei valorosi”.

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LE FAMIGLIE PIU' ANTICHE DELLA CITTA'

Dalla “Guida Storica, Economica e Artistica” della Città di Savona, scritta da Nicolò Cesare Garoni e pubblicata, presso la Tipografia Sambolino nel 1874, pubblichiamo il capitolo dedicato alle più antiche famiglie della nostra Città.

..... La più antica, la prima che comparisce nei documenti risale al 1161. Al giuramento del marchese Oberto, è testimonio uno Astengo, e l'anno 1179 fra i consiglieri del comune è Baldovino Astengo.

Alla carta della Consevola del 1142 sono testimoni filii Natalis Homodei Astensis.

L'anno 1179 abbiamo fra i consiglieri del comune Ioanni da Nitia, o Nizza, Albertus Trino e un Guglielmo Greco.

I più antichi notari ci vennero da Milano e da Como. Guido Mediolanensis e probabilmente anche l'Ambrosius del 1136 e l'Ambrosius iudex consigliere del Comune l'anno 1179 e Arnaldus Cumanus, che rogarono fra la fine del secolo XII e il principio del XIII e da Milano, secondo la tradizione ci vennero i Foldrato, famiglia consolare che comparisce nel 1179.

Le famiglie Niella, Pavesi, Cuneo, Corsi antichissime sono senza dubbio originarie dei luoghi cui presero i nomi, e secondo le tradizioni, dal Mondovì ci vennero i Ferrero, da Acqui i Chiabrera, da Alba i Boschi, da Milano i Pozzombonelli e gli Zocca, da Tortona i Gavotti, dal Sassello i Gentili, da Nizza i Naselli, da Voltri i Grassi, dal Cervo i Salinieri, dal Finale i Raimondi, e Ogerio del Finale avea case nel castello l'anno 1228 ed avea sposato una Benenca, o Benedetta Terreta; da Celle i Bertolotti, da Albenga i Vizio, famiglia consolare antichissima e i Berninzoni.

Non entro mallevadore  della verità di queste tradizioni gentilizie, ma per legittimi documenti è fuori di dubbio che le prenominate famiglie pervennero in tempi antichissimi a Savona, dal Piemonte, di Lombardia e delle Riviere....

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ANGELO VIGLIENZONI

Angelo Viglienzoni, nato nel 1855 e deceduto, sempre nella nostra Città, nel 1924, fu un  grande industriale, realizzatore di molte opere di beneficenza e sociali per gli operai e l'infanzia.

Nel 1873 il padre, Giuseppe, con altri due savonesi, Angelo Frugoni e Stefano Caorsi, aveva impiantato uno stabilimento vetrario in via delle Trincee, sulla sponda sinistra del Letimbro.

Nel 1895, sotto la ragione sociale di Giuseppe ed Angelo Viglienzoni, la fabbrica si trasferì in Corso  Ricci (esattamente dove oggi sorge l'Ipercoop) assumendo rapidamente dimensioni grandiose ed occupando migliaia di operai, grazie all'esclusiva, in Italia, della fabbricazione di bottiglie scure per il vino.

Angelo Viglienzoni, prima ancora che la legge ne facesse obbligo, pensò di assicurare i propri operai contro gli infortuni, istituendo una apposita Cassa.

Sempre per i suoi operai fece costruire, all'inizio del '900, 150 appartamenti che si trovano nel palazzo “di ringhiera” di Via Aglietto (all'epoca via Generale Pescetto).

Mantenne, a proprie spese, una colonia alpina per i figli degli operai e, morendo, il suo lascito (compreso il palazzo di Via Paleocapa e le ville Bianca e Rossa di via Mongrifone) rappresentò la gran parte del patrimonio delle Opere Sociali di NS di Misericordia che, a Savona, hanno rappresentato per decenni il soggetto fondamentale per l'assistenza all'infanzia abbandonata e per gli anziani.

Pochi settimane fa la scrittrice savonese Nina Bazzino ha dedicato, alle vetrerie Viglienzoni ed alla costruzione delle Case Operaie, il bel libro “Soffiava nel vetro” (Sabatelli editore).

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ANDREA  PICASSO E AMILCARE LUNARDELLI

Nei giorni scorsi sono mancati due amministratori pubblici che, nel passato, si erano distinti per dedizione e competenza nel governo di importanti realtà della nostra zona: Andrea Picasso, già sindaco di Quiliano e Amilcare Lunardelli ex- sindaco di Savona.

Andrea Picasso (Drin) è deceduto a 78 anni, dopo aver ricoperto per un lungo periodo tra gli anni'60 e la metà degli anni'80, l'incarico di primo cittadino di Quiliano.

Esponente del PCI, protagonista fin da giovanissimo della lotta antifascista, aveva guidato l'amministrazione quilianese in una fase di grande espansione della cittadina, favorendone un equilibrato sviluppo edilizio orientato essenzialmente verso i settori meno agiati della popolazione: da qui la presenza massiccia , sul territorio di Quiliano, di edilizia popolare.

Uomo di grande rettitudine morale, aperto al dialogo, Picasso ha interpretato davvero il ruolo del Sindaco all'antica, vicino ai problemi di tutti i cittadini.

Alla generazione precedente  a quella di Picasso, apparteneva Amilcare Lunardelli, classe 1912.

Operaio dell'Ilva, fiero antifascista Lunardelli fu condannato al confino e successivamente al carcere per otto anni.

Liberato al 25 Luglio, entrò nei quadri dirigenti del PCI, ricoprendo nel 1945 l'incarico di segretario della federazione di Viterbo.

Rientrato a Savona dopo la Liberazione, diventò segretario della federazione savonese comunista sostituendo Gilardi trasferito alla federazione di Imperia.

Dopo le elezioni del 1951 fu eletto Sindaco della Città: in quel ruolo esercitò una funzione decisiva nell'opera di ricostruzione della Città dalle macerie della guerra, completando l'opera già impostata dal suo predecessore, il Sindaco della Liberazione, Aglietto.

Riconfermato alle elezioni del 1956, Lunardelli si dimise nel 1957: le ragioni di quel gesto sono state affidate ad una lettera il cui contenuto è stato rivelato dal figlio Corrado, dopo la sua morte avvenuta proprio qualche giorno fa nella nostra Città.

Lunardelli era rimasto molto colpito dall'intervento sovietico in Ungheria (un evento che aveva suscitato un particolare dibattito proprio all'interno della federazione savonese del PCI: dibattito inseritosi nel quadro del vero e proprio sommovimento che aveva colpito il Partito a livello nazionale. Echi del dibattito savonese giunsero fino alla tribuna dell'VIII Congresso Nazionale (Novembre 1956): fatto davvero inusuale per un partito dalla forma (e dalla sostanza) monolitica qual'era ancora il PCI a quel tempo.

Lunardelli uscì così dalla politica, ritirandosi nel Cadore per svolgere l'attività di funzionario dell'ENI (negli anni'90 ritornò, poi, alla vita pubblica diventando Sindaco del Comune di Borchia di Cadore).

Tornato nella nostra Città a trascorrervi gli anni della vecchiaia, non aveva smesso di partecipare alla vita politica, intervenendo varie volte in convegni dove si trattava della storia della vita istituzionale di Savona.

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GIUSEPPE BRIGNONI

Proseguiamo nella galleria riservata agli amministratori più importanti, succedutisi alla guida della Città nei decenni trascorsi.

Parliamo oggi del cavalier Giuseppe Brignoni, eletto sindaco in due successive occasioni, la prima tra il 1887 (all'età di 42 anni, essendo nato nel 1845) ed il 1889, e successivamente tra il 1893 ed il 1895.

Si trattò di fasi particolarmente importanti per la vita della nostra Città, in quanto si trattava di completarne lo sviluppo edilizio impostato dal piano regolatore del 1856, svilupparne la presenza industriale in una fase di forte espansione ma anche di grandi contraddizioni (si pensi alle ricorrenti crisi della siderurgia, che pure rappresentava già un settore decisivo per l'economia cittadina), accrescerne la presenza di istituti scolastici, in un momento dove l'istruzione stava estendendosi a ceti fino a quel momento esclusi.

Brignoni , esponente del ceto borghese moderato ma fermo sostenitore del metodo democratico, può essere così ricordato come un Sindaco dello sviluppo di Savona.

Si deve alla sua amministrazione la tracciatura di due vie importantissime, per far uscire Savona dal ristretto ambito delle mura medioevali: Via Pietro Giuria e Via Caboto, mentre fu decisivo l'impulso verso il completamento di via Paleocapa, verso il mare (opera completata nel 1900).

Altrettanto importante l'iniziativa riguardante l'allargamento del porto, in funzione commerciale e di adeguamento alle nuove dimensioni delle navi, nel passaggio dalla vela al vapore.

Eletto Consigliere Provinciale nel 1899, morì nel 1919.

 

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LUIGI CORSI

Andiamo avanti nell'illustrare vita e opere dei grandi savonesi del passato, puntando principalmente la nostra attenzione sugli amministratori pubblici.

Il nostro ricordo tocca, questa volta, al marchese Luigi Corsi: un nobile, sicuramente all'altezza del suo compito mentre non lo sono i “proletari” (si fa per dire) che reggono attualmente le sorti del nostro antico Comune.

Luigi Corsi, nato nel 1815, combatté nel corso della Prima Guerra d'Indipendenza partecipando alle battaglie di Goito e Custoza.

Affermatosi nella professione legale, si dedicò alla politica risultando eletto al Parlamento Subalpino nelle elezioni del 1849, 1853, 1857.

Fu eletto, per una prima volta, Sindaco di Savona nel 1861 e rimase al suo posto di primo cittadino sino al 1874.

L'atto più importante della sindacatura del marchese Corsi fu l'adozione della variante del piano regolatore varato nel 1856 dagli architetti Cortese e Galleano (allora si facevano i piani regolatori!).

La variante, varata il 13 Giugno 1865 con votazione del Consiglio Comunale con atto firmato dal Sindaco, Luigi Corsi, dal membro anziano del Consiglio, Paolo Boselli, dal ministro dei Lavori Pubblici Jacini e dagli ingegneri Tissoni e Frumento, prevedeva la costruzione di via Paleocapa, Corso Italia, Piazza Mameli, via Niella, via Montenotte, via Guidobono e le altre vie di quello che, oggi, è denominato come “centro ottocentesco”. In quel tempo vi sorgevano orti, vigneti e aranceti.

Il Comune acquistò quella zona, di circa 6 mila mq, e grazie ad una associazione di capitali, promossa dal Marchese De Mari a cui parteciparono anche associazioni della classe operaia savonese (in particolare quelle dei calafati e dei carpentieri), si cambiò il volto della Città tracciandone le linee di sviluppo per il futuro.

Nominato Senatore del Regno nel 1876,fu rieletto Sindaco nel 1895, ma rinunciò all'incarico proprio per non ricoprire il doppio incarico. Morì due anni dopo, nel 1897.  

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CHABROL

Il Conte Gilberto Felice Chabrol de Volvic, prefetto del Dipartimento napoleonico di Montenotte (capoluogo Savona) dal 1806 al 1812 è stato, a nostro personalissimo giudizio, il miglior Amministratore Pubblico nella storia della Città.

Chabrol, che concluse la sua carriera con la prestigiosa nomina a Prefetto del Dipartimento della Senna, si rese subito conto dell'importanza di Savona, porto commerciale strategico nell'ambito dell'Impero (sotto questo aspetto, nel 1824, pubblicò l'importatissima “Statisque de l'ancien departemente de Montenotte), dando così grande impulso all'avvio della rivoluzione industriale a Savona: cantieri navali, fabbriche di mattoni, di maioliche, di saponi, filande, vetrerie, concerie.

Sotto la sua guida ( Chabrol era il Prefetto da cui dipendeva tutto il dipartimento, il maire o Sindaco di Savona era il marchese Sansoni che, però, dipendeva direttamente dal Prefetto secondo il rigido schema centralistico dello Stato napoleonico) furono pavimentate le strade, costruito il Cimitero alla foce del Letimbro (più o meno dove adesso c'è la chiesa del Sacro Cuore), avviò la costruzione della strada carrozzabile tra Savona e Torino (già tracciata dall'Armata d'Italia nel corso della campagna del 1796) e studiò i progetti di un acquedotto dalle dimensioni sufficienti per l'approvvigionamento idrico della Città e per l'ampliamento del porto.Insomma: l'esatto contrario dei nostri attuali amministratori.

Insomma: l'esatto contrario dei nostri attuali amministratori.  

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ANDREA AGLIETTO

Andrea Aglietto (“Drin”), nacque ad Arenzano nel 1888. Trasferito a Savona lavorò all'Ilva come operaio, aderendo giovanissimo al movimento socialista. Nel 1920 fu eletto consigliere comunale ed assessore alla Pubblica Istruzione nella prima giunta socialista di Savona, guidata dal Sindaco Mario Accomasso. Nelle fila del PSI si collocò , a fianco di Giacinto Menotti Serrati , sulla posizione dei “terzinternazionalisti”, che nel 1924 aderirono al PCI.

Antifascista convinto fu perseguitato dal Regime e condannato a 10 anni di carcere dal Tribunale Speciale.

Successivamente fu inviato al confino: tornò a Savona durante la Resistenza ed al 25 Aprile fu nominato dal CLN, Sindaco della Città. Confermato dalle elezioni del Marzo 1946 e successivamente da quelle del 1951, si dimise nel 1953.

Fu il Sindaco della ricostruzione di Savona dalle macerie della guerra e, per questo motivo, ricordiamo un passaggio del suo discorso tenuto in Consiglio Comunale il 12 Settembre 1953, nel momento del passaggio delle consegne al suo successore Amilcare Lunardelli: “Il popolo savonese ha saputo rapidamente sollevarsi dalle più gravi rovine materiali e morali nonostante le avversità rinascenti. Frutto questo dell'unione che la popolazione savonese ha saputo realizzare, nonostante tutto, attorno ai fondamentali interessi della nostra Città. A questa unione ho dedicato le mie forze, ben sapendo che in essa risiede la premessa per ogni successo”.

Aglietto rimase molto attivo nella politica savonese , fino alla morte avvenuta nel 1965, rappresentandone un'anima nobile, collocata al di sopra delle divisioni dovute alla lotta politica quotidiana, mirando sempre agli alti ideali del socialismo e dell'antifascismo.

A lui è dedicata la via traversa di Corso Ricci, su cui si affacciano le antiche “Case Operaie”.

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CAMILLO SBARBARO

Camillo Sbarbaro, letterato e poeta, nacque a Santa Margherita Ligure nel 1888. Mantenne sempre rapporti molto stretti con l'ambiente culturale savonese, in particolare con i poeti Bonino e Barile.

Visse a lungo a Spotorno.

Sbarbaro visse l'intera sua esistenza di letterato in una posizione d'avanguardia.

Viveva traducendo dal greco e dal francese (in particolare i grandi poeti dell'800: da Rimbaud a Verlaine) e studiando i licheni, di cui era diventato uno specialista di fama internazionale.

Le sue opere prime furono: “Resine”(1911) e “Pianissimo” (1914), cui seguirono i poemetti in versi ed i frammenti di “Trucioli” (1920) e di “Liquidazione” (1928) e delle altre molte raccoltine, spesso  minuscole, provviste di titoli per lo più composti da un solo vocabolo (Fuochi Fatui, Gocce, Quisquilie).

Sbarbaro è, forse, l'esempio italiano più rigoroso della prosa d'arte frammentistica: ma l'importanza, anche storica, della sua poesia discorsiva, in endecasillabi sciolti (inframezzati qual e là da qualche moncone) è stata notevole, in particolare sul Montale di “Arsenio”. Montale lo ricorda con rispetto ed affetto in “Ossia di Seppia”.

Camillo Sbarbaro morì a Savona nel 1967, e questo nostro ricordo speriamo possa valere a far sì che la cultura savonese torni ad occuparsi delle sue opere, nella dimensione che effettivamente meritano.

Trucioli di Liguria
Trucioli di Liguria raccoglie le prose di Sbarbaro dedicate al paesaggio di Liguria: da Ventimiglia a Noli, da Spotorno a Coronata, dal cuore di Genova a Portofino e oltre il grande poeta con la sua acuta osservazione ha catturato sulla pagina impressioni e suggestioni, nell'arco di più di cinquant'anni, dal 1914 al 1967. Tanto la riviera aspra e luminosa, quanto le città (Genova e Savona), con il loro variopinto paesaggio di umani,intrigano uno straordinario scrittore, che nell'estrema essenzialità della sua scrittura ci attesta l'accordo o il contrasto tra paesaggio e uomo, tra effimero e durevole

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