Truciolisavonesi intervista la sinistra cittadina

SERGIO TORTAROLO E LA TERZA VIA

La parola “industria” è sparita dal vocabolario savonese

LA SCHEDA

Sergio Tortarolo, nato a Savona nel 1950, laureato in Matematica, insegnante presso il Liceo Artistico, ha iniziato la militanza politica nei primi anni '70 nelle fila della Federazione Giovanile Comunista Italiana.

Distintosi subito per i suoi brillanti interessi culturali ha assunto, successivamente, l'incarico di responsabile provinciale della Cultura per il PCI ed era eletto al Consiglio Comunale di Savona nel 1980.

All'indomani dello scandalo Teardo, allorché al Comune di Savona si formò una giunta monocolore PCI, Tortarolo assunse l'incarico di Assessore alla Cultura, mantenuto per un decennio ottenendo risultati considerati ,ancor oggi, molto positivi.

Assessore all'Urbanistica nella Giunta Magliotto (1990) diventava Sindaco della Città alla fine del 1992 in una situazione di forte difficoltà, sfociata nello scioglimento del Consiglio Comunale dopo alcuni  mesi.

Dopo la sconfitta del centrosinistra nelle elezioni 1994 ha svolto l'incarico di capogruppo dei DS, incarica cui è tornato nell'ultimo periodo, dopo aver svolto le funzioni di Presidente del Consiglio Comunale dal 1998 al 2002.

1) Quale valutazione fornisce rispetto all'amministrazione comunale uscente?

Le Amministrazioni Comunali che si sono succedute dalla metà degli anni novanta ad oggi hanno dovuto fare i conti con una deindustrializzazione della città ormai compiuta in modo irreversibile. L’indicazione di un nuovo modello di sviluppo (mix di turismo, servizi, artigianato, commercio, piccola impresa) con barra fortemente orientata sul turismo, è stata largamente condivisa ed ha ricevuto consensi fra le categorie economiche, compattando un fronte molto ampio e socialmente articolato.

Aver indicato un obiettivo, simbolicamente rappresentato dal recupero delle aree ex-OMSAV e del fronte mare di levante, è stato vissuto con pieno sostegno e convinzione. Non sfuggiva già in partenza, tuttavia, che, un conto è definire una strategia, un altro è concretizzarla. Nel corso di questi anni inoltre si sono verificati due fatti, entrambi negativi: in primo luogo, la crisi economica ha raffreddato le potenzialità di intervento dei cittadini, ridimensionandone le propensioni ai consumi e, in secondo luogo, le progressive sempre più incisive decurtazioni nei trasferimenti di risorse dallo Stato agli Enti locali. Aggiungo, inoltre, che per quanto fortemente sostenuto (ed enfatizzato) un progetto-simbolo non appare sufficiente a ridisegnare uno sviluppo equilibrato ed armonioso della città.

Oggi, quindi, mi pare si sia esaurita la spinta propulsiva (per usare una famosa espressione) di un certo modello: non si tratta di ipotizzare ritorni all’indietro, impensabili ed antistorici; al contrario siamo in mezzo al guado, la corrente è aumentata, le risorse diminuite, ma occorre comunque arrivare all’altra sponda. Non c’è bisogno di abiure, ma, al contrario, va irrobustita la linea programmatica di governo della città, proprio per le difficoltà crescenti e i bisogni nuovi che devono essere soddisfatti. Non mi pare sufficiente quindi la parola “discontinuità” e mi pare del tutto errata la parola “continuità”, per usare le terminologie da voi proposte.

2) Quali le sembrano le priorità programmatiche per la Città di Savona?

In primo luogo, dopo alcuni anni in cui la parola “industria” è sparita dal vocabolario savonese, ora (soprattutto per gli effetti e i rischi gravissimi del caso Ferrania) si torna a riflettere sull’esigenza di ricostruire, nella nostra provincia, un tessuto industriale significativo e di alto livello qualitativo. Ciò significa porre il lavoro al primo posto nell’agenda e la collaborazione con gli altri Comuni, la Provincia, la Regione, la concertazione come metodo primario: qualcuno si era illuso che Savona potesse farcela da sola, come isola felice: non è così, le interazioni del territorio sono evidentissime e la comprensorialità delle scelte un bene da ricostruire al più presto.

Il secondo punto del programma mi pare debba essere individuato nel porre a soluzione (finalmente!) la questione delle infrastrutture, in particolare della Aurelia-bis, del rafforzamento del trasporto per ferrovia e del trasporto pubblico. E’ banale dirlo, scontato ripeterlo, ma se non si risolve il problema di dare certezze di tempi ragionevoli a chi entra ed esce da Savona, non c’è prospettiva né per il turismo, né per il porto, che è stato e rimarrà, il perno attorno a cui costruire le scelte di sviluppo.

In terzo luogo c’è un’altra esigenza, più volte affermata in tutti i programmi elettorali: il riequilibrio delle periferie da realizzarsi in modo sistematico e non episodico con opere pubbliche, integrazione di servizi e d iniziative.

In quarto luogo credo bisogna avere il coraggio di affrontare radicalmente il problema della mobilità in città, sia quella dei mezzi pubblici che di quelli privati; sia delle auto , che dei pedoni, delle biciclette.  Osservo che Genova ha ricevuto un impulso dalle soluzioni che sono state apportate al suo tessuto urbano da un progettista competente e preparato: si è scoperto tra l’altro che via San Lorenzo, via San Vincenzo e molte altre potevano essere sottratte alla morsa del traffico e restituite in tutta la loro bellezza ai cittadini. I benefici siamo solo capaci di ammirarli in casa d’altri e preferiamo convivere con un traffico ormai paralizzante? E’ utopico ipotizzare, come obiettivo, la pedonalizzazione di via Paleocapa?

Non è facile, certo, ma provarci è doveroso. Credo sia un impegno non dilazionabile in rapporto alla qualità dell’ambiente urbano e alla sua salubrità.

Le misure sul traffico, quelle sull’arredo, sulla pulizia, sul verde sono finalizzate a migliorare la qualità delle vita di tutti i cittadini: è ciò che oggi tutti si aspettano e che vorrebbero vedere affrontato seriamente.

Potrei continuare con questo elenco introducendo altri temi (ad esempio: il piano regolatore sociale, la cultura, il decentramento) o approfondendone alcuni, ma preferisco fermarmi qui.

 

3) Quali prospettive politiche prevede per le prossime elezioni amministrative? 

Si delinea in modo chiaro l’esigenza di passare ad una fase di concretizzazione degli obiettivi e di riequilibrio in relazione ad una città che vuole crescere, ma avverte i segni della crisi economica e paga i prezzi del suo alto livello di invecchiamento e della fuga di molti dei suoi giovani più preparati e qualificati. Si pongono esigenze amministrative nuove, o quanto meno in forme nuove che  chiedono risposte alla politica. Vivremo un anno di difficile transizione, che può essere utile e costruttivo oppure, al contrario, di crisi e logoramento. I partiti politici sono in grado di interpretare questa realtà e tradurla in un progetto? Esiste una strategia per tenere assieme società civile e partiti? Occorre partire dalla consapevolezza dell’esigenza di un ripensamento progettuale profondo e finalizzato a ricostruire un rapporto positivo con la città e i suoi problemi.

Ho usato intenzionalmente il verbo “ricostruire” perché penso che, se è vero, come ho provato ad osservare, che è stato proposto un modello efficace e che oggi va sostituito con un modello che lo sappia inglobare e superare, si tratta proprio di ricomporre proposte e soggetti coinvolti, forze sociali ed economiche, in modo originale ed aggiornato. Questo problema si pone, in modo particolare per le forze di centrosinistra: se considerano il vantaggio elettorale come acquisito, se si muovono senza la percezione delle rilevanti novità sociali, dell’esigenza di una reale concertazione con la città, in una parola del bisogno di ridare un respiro alto alla politica, potrebbero ritrovarsi in una situazione difficile.

E’ evidente che, oggi, ci si aspetta dal sistema politico nel suo complesso (o addirittura lo si pretende) un colpo d’ala rispetto all’immagine dei partiti come uffici di collocamento, come testimoni (o attori, a seconda dei casi) delle corse alle poltrone. In questo contesto si pone la proposta di  “terza via” della redazione di “Trucioli”; il centrosinistra, vittorioso alle recenti elezioni e nelle cui mani è giusto riporre la speranza fondamentale di avere una grande svolta alle politiche 2006, deve gestire una fase di transizione e, dunque, di crisi. Mi pare tuttavia che la proposta di “Trucioli” nasca dalla somma degli scontenti e poggi su un ragionamento di quadro politico e non di programma: rischia di essere, certamente al di là delle intenzioni, una proposta di tipo elitario. Solo se il centrosinistra riesce a dividersi o a presentarsi con un assemblaggio artificioso di sigle e non come una proposta forte e unitaria, questa idea di terza via può avere un seguito (comunque, Venezia insegna e la Puglia anche).

Mi pare essenziale che si tenti, almeno inizialmente, di mettere seriamente in campo una proposta che riprenda la spinta unitaria che ha caratterizzato le recenti elezioni, ragionando seriamente con i partiti e fuori da questi, per guardare più lontano e più in alto. Tuttavia, se fossi un segretario dei partiti savonesi del centrosinistra, guarderei come ad un campanello d’allarme questa vostra proposta che si innesta certamente su delusioni, sconcerto, voglia di avere risposte più significative, richiesta di maggiore partecipazione; chi esprime critiche e canta fuori dal coro non sempre è stonato. Mi pare, infine, che esista in città una esigenza e una domanda per il centrosinistra di rilegittimare il proprio ruolo di governo esprimendosi con coesione e convinzione, in modo da costruire un consenso sociale ampio e un progetto convincente per le esigenze economiche e sociali dell’intera città: partendo dalle cose da fare e non da coloro a cui andranno delegate.

Fin qui le risposte fornite alle nostre domande dal Professor Sergio Tortarolo che ringraziamo per la disponibilità.