TRUCIOLI
SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni UNA
ANNOTAZIONE MARGINALE: CIRCO
BARNUM E IMMORALITA’ POLITICA
di Franco Astengo Una
sola annotazione, esposta molto brevemente, circa il contenuto del
“decreto interpretativo” varato dal Consiglio dei Ministri e già
controfirmato dal Presidente della Repubblica, relativo alle modalità di
presentazione delle liste elettorali. Molti,
infatti e giustamente, parlano di gravissimo sfregio alla democrazia:
non soltanto assistiamo ad un sostanziale cambio delle regole in
corso d'opera, perché è proprio difficile pensare ad una dimensione
meramente “interpretativa” di questo testo, e ad una gravissima
ingiustizia verso quanti, nel passato anche recente, pur operando in
buona fede e con perfetta regolarità si sono visti escluse le proprie
liste per disguidi formali molto meno gravi di quelli riscontrati, ad
esempio, per le liste PDL in Lombardia. Ma si
trattava di piccole formazioni politiche, per le quali evidentemente
regole certe ed eguali per tutti non possono valere (un po' quel che
succede nel campionato di calcio: del resto i due mondi, quello
calcistico, e quello del circo Barnum elettorale si assomigliano
sempre di più). Il varo
del decreto “interpretativo” oltrepassa, però, questa stessa dimensione
pure eccezionale, e tale da meritare la risposta più dura da parte delle
opposizioni: una risposta in termini di mobilitazione di massa, di
denuncia (anche in sede internazionale) delle irregolarità, magari
chiedendo gli osservatori dell'Unione Europea per il controllo
dell'intero procedimento elettorale (ai tempi, tanto bistrattati della
proporzionale ante-'93 il procedimento elettorale italiano, pur con i
suoi difetti, era certamente tra i più sicuri del mondo), di continua e
forte presa di posizione. Il
decreto “interpretativo” si inserisce anche e per di più in quadro
generale che sta dimostrando il permanere (ci rifiutiamo di scrivere il
“tornare”) di zone oscure in vaste ed importanti parti dell'apparato
dello Stato: questo decreto è un atto di vera e propria “immoralità”
politica, al punto da mettere in discussione l'intera validità
dell'insieme del procedimento amministrativo ed il rapporto tra pubblica
amministrazione nel suo insieme ed i cittadini. Non si
tratta di bolli, firme, attestazioni di incarichi e luoghi dove questi
incarichi sono esplicitati: a questo modo sono lesi diritti, si
espongono – in ogni campo – i cittadini ad arbitrii ancora più gravi di
quelli che già subiscono: tutto il rapporto con le varie amministrazioni
pubbliche potrà essere sottoposto ai capricci di chi, dall'alto del
potere, riterrà per se poco conveniente ciò che – in un determinato
campo – sarà contingentemente accaduto, di volta in volta. Con
questo decreto è saltato uno dei capisaldi dello stato di diritto: e ciò
è avvenuto perché il procedimento elettorale sta alla base, in eguale
misura del dettato costituzionale, del patto di convivenza civile che
tiene assieme l'Italia e rende lo stato italiano degno di sedere nei
consessi internazionali. Troppo
preoccupati di ciò che avviene all'interno del Palazzo e dei suoi
equilibri, quanti hanno concorso a questo insano provvedimento, hanno
forse dimenticato questo dato, spezzando in maniera forse decisiva il
patto che abbiamo appena descritto. Come
rimediare? Sarà difficile farlo, anche se non è possibile
rinchiudersi nell'Aventino disdegnando la competizione politica. Eppure
in questo momento è difficile lanciare una proposta politica definita,
se non si supera l'incrostazione principale, quella legata alla
trasformazione del sistema politico secondo un illusorio sistema
bipolare, attraverso il quale si sono eliminate dal contesto
parlamentare forze determinanti per un possibile sviluppo in positivo
dello stesso sistema. Un
sistema bipolare artificioso, non rappresentativo della realtà perché
costruito soltanto per garantire un meccanismo di alternanza finalizzato
all'esaustività del “governo” quale fine dell'azione politico,
attorno al quale si sono intrecciati i meccanismi della
personalizzazione della politica, della idea del “partito di proprietà”
che ha fatto stragi anche a sinistra, della deprecabile “vocazione
maggioritaria”. Se non
si aprirà un duro confronto politico su questi punti, non si comprenderà
perché oggi appare impossibile una proposta unitaria di azione delle
opposizioni, una ricerca di diversa soluzione di fronte alla crisi
verticale delle istituzioni, di difesa delle fondamenta di una
Costituzione Repubblicana disegnata attorno alla idea della
centralità della rappresentanza.
All'interno di una campagna elettorale ormai sicuramente falsata va
aperta una grande campagna politica che esami, analizzi, denunci
l'avvenuto superamento del limite della legalità repubblicana. Savona,
6 Marzo 2010
Franco Astengo
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