versione stampabile

PARTITI E DEGRADO DELLA POLITICA

di Sergio Acquilino*

 

Le vicende degli ultimi giorni relative alla presentazione delle liste per elezioni regionali hanno confermato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, l'estremo degrado della politica nel nostro paese.

Abbiamo assistito, sia a Roma che a Milano, e da parte dei sostenitori di coloro che hanno cercato di rappresentare l'efficienza (Formigoni) ovvero il “nuovo” (Polverini), ad episodi di assoluta incapacità e di completo disprezzo delle regole che la dicono lunga sulle qualità di questa supposta “classe dirigente”.

Ma la costa più grave è che a questa superficialità organizzativa (ed a manovre poco limpide) si è accompagnata una arroganza senza pari, giunta perfino ad approvare un decreto che togliesse il PDL dai pasticci.

Dispiace constatare che il Presidente della Repubblica non abbia saputo resistere alle pressioni del governo in questo senso ed abbia controfirmato un norma illegittima fatta ad hoc per sanare i  guai del centrodestra in Lazio e in Lombardia.

Si tratta infatti di un episodio gravissimo, di natura eversiva, che colpisce la democrazia e la legalità costituzionale e getta nel più completo discredito le istituzioni e che dovrà essere combattuto con una larghissima mobilitazione di tutti i democratici.

Ed è anche molto grave che un ministro della Repubblica (La Russa, per la precisione) sia giunto ad affermare, secondo quanto ha riportato l'Agenzia ANSA del 3 marzo, che “non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto”.

Certo, La Russa è stato molto vicino al neofascismo (e sembra esserlo ancora), e quindi se ne intende di battaglie alla “boia chi molla”, ma questo dovrebbe indignarci ancora di più, perché frasi come quelle (“siamo pronti a tutto”) in bocca ad un ministro rappresentano un chiaro attentato alla Costituzione.

Già, la Costituzione, quella secondo cui (art. 49) i partiti dovrebbero essere associazioni di cittadini che si uniscono per concorrere a determinare la politica nazionale.

Il problema è che negli ultimi anni i partiti si sono trasformati in qualcosa di molto diverso da quello a cui avevano pensato i nostri costituenti, ed è questa la principale causa del degrado della politica.

E le vicende della presentazione delle liste del centrodestra in Lombardia e Lazio rappresentano un chiaro esempio che il degrado della politica è il prodotto della degenerazione personalistica dei partiti.

Infatti i problemi del centrodestra sono nati proprio dalle lotte intestine tra i loro candidati, che fino all'ultimo si sono battuti per avere il “posto al sole” nei listini dei presidenti, con quel che ne consegue anche in termini economici.

Infatti sempre più negli ultimi anni il partito è diventato soltanto il trampolino di lancio verso remunerative avventure individuali nelle istituzioni, a tutti i livelli, tanto è vero che da mesi vediamo sui muri delle nostre città manifesti non delle varie forze politiche quanto piuttosto dei singoli candidati che cercano di accaparrarsi la quota maggiore delle preferenze all'interno della lista, più che convincerci della bontà delle loro idee.

Ed in questa ottica l’avversario non è tanto chi milita in un altro partito, quanto piuttosto colui che appartiene alle altre fazioni del loro stesso partito, luogo in cui non si parla di politica o di programmi, ma di posti o posizioni di comando.

Non ci si stupisca quindi che un (ex) senatore della Repubblica si faccia chiamare “mio schiavo” da un imprenditore corrotto e corruttore e si presti a tutto (patti con la mafia inclusi) pur di raggiungere e mantenere lo status di parlamentare.

Questa degenerazione è particolarmente evidente nel centrodestra, dove il partito principale nasce come emanazione diretta del “capo”, ma ha colpito anche, in misura più o meno grave, alcune forze di opposizione, come dimostrano cronache recenti.

Che cosa si può fare, quindi, per uscire da questa situazione, sempre che sia possibile.

La risposta ce la fornisce ancora l'art. 49 della Costituzione e l’ha sviluppata molto bene Franco Astengo in un lucido ed interessante articolo apparso su Trucioli savonesi qualche giorno fa.

Per ritrovare il senso della buona politica occorre riappropriarsi dalla funzione originaria dei partiti quali associazioni ove si concorre alla elaborazione delle grandi scelte nazionali e, ovviamente, di quelle locali.

In altri termini servono dei luoghi ove lo scambio di idee prevalga sui personalismi e diventi nuovamente il motore dell'attività politica:  un partito inteso come intellettuale collettivo, dove anche “la cuoca partecipi al governo della nazione”, come diceva un rivoluzionario del secolo scorso.

Occorre quindi ripensare il rapporto tra individuo e collettività, non ovviamente per sopprimere o soffocare le singole individualità in un grigio collettivismo, ma proprio per permettere a tutti di potersi affermare (di poter affermare la propria personalità) in un contesto sociale, dove “il libero sviluppo di ciascuno sia condizione del libero sviluppo di tutti”.

Ed occorre iniziare a costruire, partendo subito dopo queste elezioni, quel “soggetto in grado di indicare, in prospettiva, un diverso modello di società, di relazioni politiche, economiche e sociali”, per riprendere proprio le parole di Franco Astengo.

Un soggetto politico (un partito, appunto) che sia luogo di partecipazione e di confronto, che si candidi a diventare forza di governo a tutti i livelli senza però rinunciare ai propri principi, dove l'amministrare non sia finalizzato a ricoprire posti di potere (o a sponsorizzare interessi privatistici) ma a fornire risposte ai bisogni dei cittadini.

Di fronte alla degenerazione individualistica della politica gli anticorpi possono ritrovarsi soltanto attraverso la partecipazione larga ed appassionata di un grande numero di persone, donne e uomini, che si ritrovano a fare politica per affermare loro idee comuni, consapevoli che solo in questo modo si creeranno le condizioni per l'affermazione anche delle loro singole individualità.

  

Sergio Acquilino: avvocato, sindaco di Celle Ligure dal 1995 al 1999 è candidato alle elezioni regionali nella lista  Sinistra Ecologia Libertà Savona