PARTITI E DEGRADO DELLA POLITICA
|
Le vicende degli ultimi giorni relative alla
presentazione delle liste per elezioni regionali
hanno confermato, se ancora ce ne fosse stato
bisogno, l'estremo degrado della politica nel
nostro paese.
Abbiamo assistito, sia a Roma che a Milano, e da
parte dei sostenitori di coloro che hanno
cercato di rappresentare l'efficienza
(Formigoni) ovvero il “nuovo” (Polverini), ad
episodi di assoluta incapacità e di completo
disprezzo delle regole che la dicono lunga sulle
qualità di questa supposta “classe dirigente”. |
Ma la costa più grave è che a questa
superficialità organizzativa (ed a manovre poco
limpide) si è accompagnata una arroganza senza
pari, giunta perfino ad approvare un decreto che
togliesse il PDL dai pasticci.
Dispiace constatare che il Presidente della
Repubblica non abbia saputo resistere alle
pressioni del governo in questo senso ed abbia
controfirmato un norma illegittima fatta ad hoc
per sanare i
guai del centrodestra in Lazio e in
Lombardia.
Si tratta infatti di un episodio gravissimo, di
natura eversiva, che colpisce la democrazia e la
legalità costituzionale e getta nel più completo
discredito le istituzioni e che dovrà essere
combattuto con una larghissima mobilitazione di
tutti i democratici.
Ed è anche molto grave che un ministro della
Repubblica (La Russa, per la precisione) sia
giunto ad affermare, secondo quanto ha riportato
l'Agenzia ANSA del 3 marzo, che “non accetteremo
mai una sentenza che impedisca a centinaia di
migliaia di nostri elettori di votarci alle
regionali. Se ci impediscono di correre siamo
pronti a tutto”.
Certo, La Russa è stato molto vicino al
neofascismo (e sembra esserlo ancora), e quindi
se ne intende di battaglie alla “boia chi
molla”, ma questo dovrebbe indignarci ancora di
più, perché frasi come quelle (“siamo pronti a
tutto”) in bocca ad un ministro rappresentano un
chiaro attentato alla Costituzione.
Già, la Costituzione, quella secondo cui (art.
49) i partiti dovrebbero essere associazioni di
cittadini che si uniscono per concorrere a
determinare la politica nazionale.
Il problema è che negli ultimi anni i partiti si
sono trasformati in qualcosa di molto diverso da
quello a cui avevano pensato i nostri
costituenti, ed è questa la principale causa del
degrado della politica. |
E le vicende della presentazione delle liste del
centrodestra in Lombardia e Lazio rappresentano
un chiaro esempio che il degrado della politica
è il prodotto della degenerazione personalistica
dei partiti.
Infatti i problemi del centrodestra sono nati
proprio dalle lotte intestine tra i loro
candidati, che fino all'ultimo si sono battuti
per avere il “posto al sole” nei listini dei
presidenti, con quel che ne consegue anche in
termini economici.
Infatti sempre più negli ultimi anni il partito
è diventato soltanto il trampolino di lancio
verso remunerative avventure individuali nelle
istituzioni, a tutti i livelli, tanto è vero che
da mesi vediamo sui muri delle nostre città
manifesti non delle varie forze politiche quanto
piuttosto dei singoli candidati che cercano di
accaparrarsi la quota maggiore delle preferenze
all'interno della lista, più che convincerci
della bontà delle loro idee. |
Ed in questa ottica l’avversario non è tanto chi
milita in un altro partito, quanto piuttosto
colui che appartiene alle altre fazioni del loro
stesso partito, luogo in cui non si parla di
politica o di programmi, ma di posti o posizioni
di comando.
Non ci si stupisca quindi che un (ex) senatore
della Repubblica si faccia chiamare “mio
schiavo” da un imprenditore corrotto e
corruttore e si presti a tutto (patti con la
mafia inclusi) pur di raggiungere e mantenere lo
status di parlamentare.
Questa degenerazione è particolarmente evidente
nel centrodestra, dove il partito principale
nasce come emanazione diretta del “capo”, ma ha
colpito anche, in misura più o meno grave,
alcune forze di opposizione, come dimostrano
cronache recenti.
Che cosa si può fare, quindi, per uscire da
questa situazione, sempre che sia possibile.
La risposta ce la fornisce ancora l'art. 49
della Costituzione e l’ha sviluppata molto bene
Franco Astengo in un lucido ed interessante
articolo apparso su Trucioli savonesi qualche
giorno fa.
Per ritrovare il senso della buona politica
occorre riappropriarsi dalla funzione originaria
dei partiti quali associazioni ove si concorre
alla elaborazione delle grandi scelte nazionali
e, ovviamente, di quelle locali.
In altri termini servono dei luoghi ove lo
scambio di idee prevalga sui personalismi e
diventi nuovamente il motore dell'attività
politica:
un partito inteso come intellettuale
collettivo, dove anche “la cuoca partecipi al
governo della nazione”, come diceva un
rivoluzionario del secolo scorso.
Occorre quindi ripensare il rapporto tra
individuo e collettività, non ovviamente per
sopprimere o soffocare le singole individualità
in un grigio collettivismo, ma proprio per
permettere a tutti di potersi affermare (di
poter affermare la propria personalità) in un
contesto sociale, dove “il libero sviluppo di
ciascuno sia condizione del libero sviluppo di
tutti”.
Ed occorre iniziare a costruire, partendo subito
dopo queste elezioni, quel “soggetto in grado di
indicare, in prospettiva, un diverso modello di
società, di relazioni politiche, economiche e
sociali”, per riprendere proprio le parole di
Franco Astengo.
Un soggetto politico (un partito, appunto) che
sia luogo di partecipazione e di confronto, che
si candidi a diventare forza di governo a tutti
i livelli senza però rinunciare ai propri
principi, dove l'amministrare non sia
finalizzato a ricoprire posti di potere (o a
sponsorizzare interessi privatistici) ma a
fornire risposte ai bisogni dei cittadini.
Di fronte alla degenerazione individualistica
della politica gli anticorpi possono ritrovarsi
soltanto attraverso la partecipazione larga ed
appassionata di un grande numero di persone,
donne e uomini, che si ritrovano a fare politica
per affermare loro idee comuni, consapevoli che
solo in questo modo si creeranno le condizioni
per l'affermazione anche delle loro singole
individualità.
|