TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

          

Come è maturata la grande svolta per la clinica privata di Albenga

Dalle serate danzanti al brindisi

L’epilogo glorioso della San Michele

Il ruolo di tutti i personaggi apparsi sulla scena. La “conversione” a sinistra

 di Luciano Corrado

Albenga – Ha vinto la città e l’iniziativa privata. Febbraio 2010 sarà una data storica per la sanità di questa provincia. Così come era stata l'inaugurazione del nuovo ospedale di Albenga. E prima ancora il binomio Albenga e Clinica Salus dove sono nati migliaia di cittadini savonesi, anzi albenganesi, almeno per l’anagrafe. Pur provenendo dall’intero ponente, dall’entroterra, imperiese compreso. La “Salus”, a lungo importante realtà socio-sanitaria, in collaborazione e a supporto della sanità pubblica (si pensi al periodo in cui un piano del vecchio ospedale non era agibile, in ristrutturazione), è morta e sepolta, soprattutto per interessi politici e massonici (in parte). Ad iniziare da quella sinistra, spesso becera e “professionista” che non accettava l’esistenza di strutture private-convenzionate in Liguria.

Dapprima furono “soppresse” le cliniche nell’imperiese, poi toccò alla Salus dell’allora dottor Lazzaro Maria Craviotto e della moglie Rosa Griffo.

Non servirono le conoscenze nel mondo della Dc (Grillo) e dell’episcopato ingauno. Persino il ministro democristiano della Sanità, Rosy Bindi, attuale presidente del Pd, considerava le “case di cura” private sanguisuga da estromettere dalle convenzioni.

La Regione più penalizzata d’Italia è stata proprio la Liguria, con una simbiosi politica-strategica che univa, sulla sanità, scudocrociato e sinistra.

La “Salus” è stata smantellata, col suo patrimonio (anche di attrezzature), col suo ruolo sociale, con posti di lavoro a tempo indeterminato. E forse divulgare le memorie che nel corso degli anni scrisse il suo fondatore Craviotto, pneumologo e all’epoca direttore del Dispensario di via Triste, sarebbe testimonianza istruttiva.

L’iniziativa sanitaria privata di Craviotto fu combattuta ed inseguita da consorterie massoniche fino alla vigilia della sua morte. Al punto che la mattina del decesso non ebbe neppure il tempo di leggere l’articolo di un quotidiano genovese che lo chiamava in causa in una grana grottesca relativa a Punta Murena.

Per la cronaca restano gli atti, i documenti, i ritagli, a “perenne testimonianza”. Forse pochi conoscono la vera storia di Punta Murena, il complesso finirà per fare gola e con una futura giunta regionale di centro destra, con l’architetto Marco Melgrati assessore all’urbanistica, avremo un epilogo in gloria.

Hanno “ucciso”  la Salus (vedi un articolo dell’ottobre 2000 che non è, ovviamente, la rappresentazione reale dei fatti e nulla si seppe sulle querele). Hanno finalmente capito che non si poteva lasciar morire la “San Michele”. I coniugi Nante-Zunino avevano gestito, tra l’altro, per un periodo la stessa Salus, prima di realizzare la più moderna struttura nella zona di Pontelungo.

Come ricostruiremo più avanti, a sommi capi, gli ultimi anni sono stati tormentati e difficili per la San Michele. Hanno lasciato il segno sia l’abbandono del timone di Maria Rosa Zunino Nante, donna di polso, intelligente e pragmatica, preparata nel settore, sia la vecchiaia e la malattia di Libero Nante. Brava amministratrice lei, buon medico lui. Hanno resistito anche quando il figlio Nicola, medico (è stato giovane presidente provinciale dell’Ordine dei medici), ha fatto la scelta dell’insegnamento universitario, lontano da casa.

L’uscita di scena di Maria Rosa Nante, aver dato in affitto la struttura, non hanno avuto l’esito auspicato.  Era il 3 ottobre 2007 quando i giornali titolavano: <Fallita la clinica San Michele. Lo ha deciso il giudice Fiorenza Giorgi dopo aver esaminato la documentazione presentata da un lato dalla Spingi Srl, società che deteneva una quota azionaria della clinica e che a dicembre aveva presentato istanza di fallimento,  dall’altra la Sanitade, società costituita dal gruppo  Caltagirone e da Hci impegnate in un piano di salvataggio della casa di cura>.

E prima ancora Luca Rebagliati su Il Secolo XIX: <all’origine la difficile situazione finanziaria della San Michele, acuita dai dissapori tra diversi soci. Dopo la rottura tra il medico Corrado Giorgi che deteneva la maggioranza azionaria e la Spingi srl, questione finita davanti ai giudici di Milano che avevano riconosciuto ai soci di minoranza una provvisionale di 250 mila euro per un finanziamento soci di cui la Spingi chiedeva la restituzione….Qualche mese fa, però, era entrato in scena anche l’imprenditore Antonino Caltagirone che aveva deciso di acquistare la casa di cura (non i muri ndr) in compartecipazione con la Health Care Italia. Piano di salvataggio che non ha convinto il giudice…e da ieri è al lavoro il curatore fallimentare>.

Sono stati scritti, in questi ultimi giorni, parecchi articoli per “festeggiare” la rinascita, sotto i migliori auspici, della San Michele. Nessuno ha ricordato il ruolo primario avuto dal curatore Pier Lazzaro Cerruti, commercialista di Savona al quale spesso i giudici del Tribunale affidano le “missioni” di salvataggio più difficili, impossibili. E’ accaduto anche in vicende di dissesti delicatissimi e complessi industriali, commerciali, nella vicina provincia di Imperia.

Pier Lazzaro Cerruti non ha bisogno di pubblicità, non ama passerelle. Alle sue spalle tante vicende di aziende, grandi e meno grandi, di questa provincia. La professionalità, serietà, scrupolo, impegno, senso del dovere, pragmatismo praticato – non è un giudizio di parte, ma di cronaca dei fatti, dei risultati – hanno avuto sempre positivi riscontri.

Un commercialista neppure organico alla politica in senso partitico. Avrà i suoi “rapporti”, le appartenenze, l’amico che ha fatto successo in politica e nelle stanze del potere, ma Cerruti resterà nell’albo d’onore dei commercialisti liguri. E con lui, il decano Giobatta Auxilia.

Per farsi un’idea del clima e dell’ambiente in cui era stato chiamato il “curatore fallimentare”, ecco un episodio  del dicembre 2006. Il Secolo XIX ospitò un’intera pagina di “informazione pubblicarla” in cui era scritto: <Con riferimento all’articolo apparso sul quotidiano Il Secolo XIX in data  6 dicembre 2006, a titolo “Istanza  di fallimento per la clinica San Michele, la Casa di Cura San Michele 2 Srl precisa che è falsa e assolutamente infondata la notizia di un imminente fallimento dell’azienda. Nei confronti dei terzi che, in malafede, hanno diffuso tale notizia sono state intraprese tutte le azioni di tutela da parte dei nostri legali. Al contrario, è certo che l’attività della clinica è in continua e costante crescita. La soddisfazione ed il gradimento dei pazienti sono la dimostrazione più evidente della stato di salute dell’azienda, oltre al prestigioso riconoscimento del lavoro di chi ne fa parte. …La clinica continuerà ad essere un bene prezioso per la comunità…A tutti voi i  migliori auguri di buone feste…>.

L’articolo scatenante l’aveva scritto l’informato e documentato corrispondente Luca Rebagliati nel quale ricordava che l’istanza – vera e non fantasiosa purtroppo – l’aveva presentata una società che fa capo alla famiglia varazzina Delfino <che fino ad un paio d’anni fa deteneva una parte del pacchetto azionario…dopo la rottura con i soci…le licenze fanno capo al medico genovese Corrado Giorgi….>.

Quindi una dichiarazione dell’amministratore di allora  Giorgio Zordan; assicurava che con l’uscita di scena di <questi personaggi la San Michele ha risollevato le sue sorti…>.

L’assessore in carica  (siamo nel dicembre 2006)  Vincenzo Damonte, un passato socialista alle presidenza dell’Usl albenganese, escludeva tassativamente possibilità di riconversione residenziale della struttura. Mentre rimarcava che diverso era il discorso per l’ex Villa Salus <ormai in disuso, ma da riutilizzare in modo armonico con le esigenze della città, come l’ex collegio delle Orsoline di San Fedele o Villa Doria a Campochiesa>.

Siamo al 30 novembre 2007 quando nelle rare esternazioni (in quel caso era d’obbligo a seguito della divulgazione di notizie fuorvianti) il dottor Pier Lazzaro Cerruti precisava: <Non risponde al vero che sarebbe in corso una sfida a tre per aggiudicarsi la gestione provvisoria della fallita clinica; il 23 novembre  è stato infatti stipulato, previa autorizzazione del tribunale, una contratto di subaffitto d’azienda tra la Curatela da me rappresentata e la società Sanitade, peraltro unico soggetto….>.

I giornali davano per probabile un’offerta per rilevarela San Michele dalla curatela ed esistevano altri pretendenti, <tra cui i gruppi che fanno capo agli ex soci e agli ex manager della casa di cura…i cui eredi Nante mantengono la proprietà dell’immobile, con contratto di locazione che scade nel 2010>.

Continua la carellata-fotografia. E’ il 26 settembre 2008 quando le cronache sparano l’“arresto di Corrado Giorgi, 53 anni, radiologo di origini genovesi,  ex amministratore  della San Michele. Il provvedimento chiesto dal sostituto procuratore Ubaldo Pelosi e firmato dal Gip Donatella Aschero. Il capo d’accusa: bancarotta fraudolenta, false fatturazioni per acquisti altrettanto falsi di costosi macchinari provenienti dall’estero, sottrazione di fondi dalle casse aziendali e mancato versamento di contributi di oneri erariali per diversi milioni.

Seguì una girandola di rettifiche e chiarimenti a mezzo stampa. Giovanni Caron, direttore generale della San Michele nel periodo arresti, disse che il gruppo  Healt Care Italia era estraneo all’inchiesta giudiziaria ed erano stati potenziati una serie di servizi di endoscopia, gastroscopia e colonscopia, cosi pure per il laboratorio d’analisi.

Precisazione pure in merito al dissesto di Villa Salus. Il proprietario dell’immobile, Gian Stefano Craviotto (figlio di Lazzaro Maria Craviotto) ricordava: <La società Villasalus, di cui il dottor Giorgi è stato amministratore, è un soggetto giuridico diverso da Villa Salus srl che è tuttora attiva  e non è stata in alcun modo coinvolta in inchieste giudiziarie>.

La parabola del dottor Giorgi avviò il suo declino già con l’inizio di luglio 2007 quando fu reso noto, via media, che la Clinica San Michele passava di mano. Entravano l’imprenditore Antonio Caltagirone  ed <un grosso gruppo internazionale specializzato nella sanità privata>:  Health care Italia Spa, proprietaria tra l’altro dell’American Hospital di Roma. Il direttore sanitario, Mario Vella, non escludeva che i due soci potessero acquisire la stabile..

Ai primi d’aprile 2009 a tutta pagina Il Secolo XIX, a firma di Giovanni Ciolina, titola: <Bancarotta alla clinica San Michele, chiuse le indagini, 11 indagati. Coinvolto l’imprenditore Antonino Caltagirone. Beni distratti, perizie addomesticate e bilanci taroccati. Oltre a Corrado Giorgi, amministratore unico, Roberto Delfino, 58 anni, amministratore di fatto fino al dicembre 2003; Luciano Gerini di Cisano sul Neva, presidente del collegio sindacale; Concetta De Luca, di Albenga, dipendente per la denuta della contabilità; Alberto Baietto di Loano, membro del collegio sindacale, Luca Tortarolo di Cogoleto, anche lui nel collegio sindacale fino al febbraio 2005; Antonino Caltagirone, amministratore di fatto dal settembre 2005 al 2007; Ida Boni. amministratore di fatto dal settembre 2005 ed ex direttore della filiale di Albenga della Carige; Paolo Manca di Albenga, sindaco del collegio dal dicembre 2005 al novembre 2006; Carlo Cartasegna di Cairo, membro del collegio sindacale e Gianpaolo Tosa, di Genova, perito>.

Il 26 gennaio 2010, Corrado Giorgi, con residenza a Garlenda, ha patteggiato la pena a due anni e quattro mesi di carcere, pagamento delle spese. Si era aggiunta, nel frattempo, l’accusa di truffa alla banca Carige per un mutuo di un milione di euro con finalità diverse a quelle indicate per la ristrutturazione di un immobile, con il coinvolgimento di Caltagirone, della moglie Ida Boni, del perito Tosa.

Per la cronaca l’imprenditore Caltagirone si era presentato a candidato sindaco di Albenga, senza successo e neppure un seggio, alle elezioni del 2005 in una lista civica.

Tra l’altro, nel processo sul crack si erano costituiti parte civile i curatori fallimentari Pier Lazzaro Cerruti (San Michele) e Stefano Pasquali (Villa Salus)  con il patrocinio dell’avvocato Carlotta Fiori di Albenga.

Il 2009 ha segnato  un bombardamento di notizie-  Il Secolo XIX ha primeggiato- per la salvezza della San Michele; con un forte impegno politico del Comune e del sindaco Tabbò, ma soprattutto una spalla importante. Il presidente della commissione regionale della Sanità, Antonino Miceli,  di Loano, da sempre uomo di sinistra fin dai tempi in cui era dipendente e sindacalista all’istituto La Marinella, tra Pietra e Borgio. Una solida esperienza alla Cgil di cui è stato segretario.

Il tamburo dei sindacati è stato costante e pressante. I dipendenti che i giornali indicavano inizialmente in 70 unita, sono scesi ad una cinquantina; una forte presenza di stranieri comunitari in corsia.

Uniti ed in coro Massimo Scaletta, Giovanni Oliveri e Silvio Valdisserra hanno tenuto alta l’attenzione, cercando soprattutto nell’immediato di scongiurare licenziamenti e la chiusura dei rubinetti del credito delle banche. Utilizzando lo strumento della cassa integrazione. <Dobbiamo difendere – ricordavano i sindacati – il fiore all’occhiello della sanità privata albenganese>. Con l’intervento di Valerio Favi, portavoce provinciale di Azione sociale.

Sipario aperto, a lungo, per Miceli dalle colonne dei giornali locali. Impegno che ha coinvolto in prima persona lo stesso assessore regionale alla Sanità, Claudio Montaldo ed il fedele manager dell’Asl 2, Flavio Neirotti.

A luglio 2009 la notizia della disdetta del contratto d’affitto con la società Sanitade che gestiva la clinica, con l’amministratore  Giovanni Caron. Sono seguite proroghe della cassa integrazione. E l’atteso e sospirato annuncio che il prof  Nicola Nante <....55 anni, Professore ordinario di Sanità Pubblica all'Università di Siena, dove dirige la Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, il Laboratorio di Programmazione ed Organizzazione dei servizi sanitari ed il Laboratorio di igiene ambientale. E' stato dal 1987 al 1992, presidente dell'Ordine dei medici ed odontoiatri della Provincia di Savona (Il più giovane presidente d'Italia).>  avrebbe deciso di gestire personalmente la casa di cura. <Una notizia molto positiva – commentava Miceli - , un passo importante verso il salvataggio>.

Nel settembre 2009 l’annuncio che la Regione Liguria avrebbe garantito  3.5 milioni di convenzioni annue. Il 4 novembre la conferma che Nicola Nante aveva acquistato l’intero pacchetto azionario di cui deteneva già il 16 per cento. Il resto era delle due sorelle Giovanna, 49 anni, laurea in Scienze economiche, oggi gestisce un Centro Estetico, ed è stata assessore al Turismo ad Albenga con il sindaco Angelo Viveri. Poi Eugenia, 51 anni, laureata alla Luiss di Roma, giornalista e Vice capo redattore a Rai Tre, responsabile della trasmissione "Il Tg dei ragazzi" e della madre. Con scambio di diritti di altre proprietà immobiliari della famiglia. Ai primi di dicembre le prime interviste di Nante, del tipo: <Così rilancerò la clinica. Un sogno che cullavo da bambino>.

A febbraio 2010 altra novità: < Asl e San Michele, trovato l’accordo sulle convenzioni. Appena operative cesserà la cassa integrazione. Nante assicura “offriremo servizi che nessuno dà>.

Il 24 febbraio la scesa in campo del presidente della Regione Claudio Burlando, ex sindaco del Pci di Genova, ex ministro dei Trasporti, con la conferma-garanzia di impegno massimo.

E la prima comparsa-sorpresa, sui giornali, di Franco Bellenda, personaggio di spicco da lunga data. Ex democristiano, già amministratore Usl e Asl, presidente di Arte (ex Iacp), 72 anni, in gran forma, assessore nella giunta di centro destra a Carcare per il Pdl, con responsabilità nel Bilancio, programmazione economica, tributi ed informatizzazione.

Bellenda può contare non solo sulle indiscusse capacità di manager pubblico. Ha coltivato una sapiente e discreta rete di conoscenze che non fanno mai male quando si devono amministrare aziende di un certo livello. Alla San Michele, poi, occorre davvero uno sforzo.

La figlia di Bellanda, Enrica, è avvocato affermato, responsabile di quello che è diventato il primo studio legale (sia nella struttura che come volume di lavoro) della provincia (Vivani-Marson).

Paolo Marson è l’ex presidente dell’Acts, inizialmente in quota a sinistra, su scelta del sindaco di Savona, di sinistra,  Federico Berruti, contitorale di studio anche ad Albenga (in società con la moglie del vice sindaco, avvocato Franco Vazio, tra le famiglie più affermate della città, oltre a consigliere della Carisa di proprietà Carige). Enrica Bellenda è sposata con Roberto Sangalli, gavetta al Secolo XIX, di cui è capo redattore a Savona.

Roberto Marson, fratello di Paolo -  assessore provinciale di peso nella giunta di centro destra di Angelo Vaccarezza, sindaco di Loano -  è tra i vice presidenti dell’Unione Industriali (settore edile) e componente della Commissione edilizia di Savona.

Azzeccatissimi gli articoli di Secolo XIX e La Stampa del 26 febbraio. Il primo annuncia il ritorno al lavoro, dal prossimo lunedì, di una cinquantina di dipendenti; dell’affidamento, da parte di Nante, a Franco Bellenda della carica di  amministratore delegato della “nuova” San Michele.

E Angelo Fresia sul quotidiano torinese ribadisce l’importanza dei tre milioni e mezzo annui garantiti dalla Regione; la presenza ad Albenga  di Burlando, dell’assessore regionale Carlo Ruggeri, ex sindaco Pci di Savona, ex presidente della Cooperativa Sabatia (con una sorte non proprio felice); il capogruppo democratico Michele Boffa, presidente perdente al vertice della Provincia nella sfida con  Vaccarezza.

E da Fresia una “flash” finale interessante: <Bellenda ha ringraziato tutti, l’entusiasmo del nuovo proprietario e la mia esperienza amministrativa (e diciamo pure politica ndr) hanno aperto la strada al rilancio, anche se il lavoro sarà ancora lungo. Nicola Nanteconclude Fresia – ha affidato all’ex sindaco socialista Mauro Testa il compito di stappare una bottiglia, definendo Testa “l’uomo che ha salvato per due volte la San Michele”>.

Nessuno ha  invece ricordato il ruolo importante, sui bilanci e sulle presenze, che ebbe per lunghi anni il “mago dell’anca”, Lorenzo Spotorno.

Conclusione finale. Dalle serate danzanti dei primi anni ottanta (vedi…archivio) al brindisi  dei nostri giorni e lo scampato pericolo.  L’unione fa la forza.

Le cronache dei giornali ci hanno tuttavia privato dell’altra campana. Neppure una citazione sulla presenza o sull’assenza di esponenti del centro destra ingauno, provinciale e regionale. Sarà solo un caso, direbbe Ezio Greggio a “Striscia la notizia.”

Luciano Corrado