Sciopero del 1° marzo e condizione di classe
(…”I sempre più ricchi… ed i sempre più poveri”… )
di
Franco Astengo
Il prossimo 1 Marzo tutti
i migranti d'Europa si fermano per una sciopero
finalizzato a reclamare attenzione e visibilità
al riguardo della loro stessa esistenza, del
loro ruolo assolutamente decisivo per il
funzionamento dell'economia dei paesi ricchi,
delle esigenze di dignità, di prospettive per un
futuro vissuto in una società diversa da quella
in cui stiamo vivendo.
Ci siano permesse due
osservazioni preliminari: il 1 Marzo
rappresenta, in Italia, una data fondamentale
nella storia del movimento operaio.
In quel giorno, infatti,
nell'anno 1944 gli operai delle grandi fabbriche
del Nord a
Milano, Torino, Genova, Sesto San Giovanni,
Biella, Savona scesero in sciopero
contro l'occupazione nazista; un atto di grande
coraggio collettivo, per il quale fu pagato un
prezzo altissimo soprattuto sotto l'aspetto
delle deportazioni nei campi di sterminio di
Mauthausen, Gusen, Ebersee, ma che
dimostrò la ferma volontà della parte più
avanzata dei lavoratori italiani di lottare in
prima persona, per il riscatto nazionale, nel
momento più difficile della nostra storia.
Ciò ricordato va affermato
come, con lo sciopero dei migranti del 1 Marzo
si perda comunque una occasione: quella di uno
sciopero generale europeo.
Non abbiamo, certo, il
mito soreliano dello “sciopero generale” come
momento esaustivamente scatenante nella forza
della lotta e ci rendiamo ben conto della
situazione nella quale viviamo, in questa fase. |
La condizione dei
lavoratori nella dimensione sociale di questo
nuovo secolo, siano essi o no migranti, sia essi
o no impegnati nell'industria, nei servizi, in
tutti settori sta (secondo i canoni usati per
valutare le conquiste strappate , in
particolare, nella seconda metà del '900)
paurosamente regredendo.Una condizione che sta
regredendo in una dimensione “trasversale” che
appare non tanto di classica “proletarizzazione”
dei ceti intermedi e di formazione di un
altrettanto classico “esercito di riserva”
formato da sottoproletari, quanto del profilarsi
di elementi, nella situazione stessa di lavoro,
di ritorno alla “servitù della gleba”.
E' questa la situazione
dei migranti nella quasi totalità dei frangenti
in cui si trovano, vittime del ricatto della
mancanza di documenti, dell'impossibilità di
vivere in una casa, di essere legati ad un vero
e proprio “nomadismo” nella ricerca di lavoro
tramite l'ingaggio dei “caporali”
( non solo in agricoltura); ma è anche la
situazione di altri, nati e cresciuti
qui, dalla pelle bianca e dagli studi elevati,
ridotti ad una sorta di servitù dalla morsa del
precariato, dall'assenza di controlli, dalla
pervicace corruzione imperante, dai capricci di
una falsa economia globale che in realtà punta
al servaggio di chi deve sottostare alla legge
del “sempre
più ricchi” per opprimere
“i sempre più poveri”.
Non produciamo cifre, in
questa occasione, ma le cifre ci sono e sono
spaventose; neppure pensiamo di aver scritto
queste cose per suscitare “mozioni
degli affetti” e, appunto,
ricerca di “visibilità”. Abbiamo cercato
di segnalare come, trasversalmente, dal punto di
vista dell'analisi sociale si stanno creando le
condizioni per una riproduzione della dimensione
di classe in forme forse inedite sul piano della
storia: di arretramento complessivo, di
compressione definitiva della mobilità sociale;
di costante ricatto per strappare le condizioni
minimali di vita necessarie alla sopravvivenza. In una
situazione di forte innovazione tecnologica, di
uso squisitamente individualistico dei beni di
consumo, di rimozione delle possibilità di
difesa collettiva e di rappresentanza politica
lo sciopero dei migranti del 1 Marzo 2010 deve
farci riflettere e, principalmente, deve farci
recuperare il pensiero di una battaglia di fondo
per la trasformazione sociale, che comincia
reclamando nuovi rapporti di forza. Ciò non avverrà
per via semplice e diretta; occorreranno
preparazione, capacità di confronto,
organizzazione: ma i migranti, il 1 Marzo 2010,
non dovranno essere lasciati soli.
Savona,
26 Febbraio 2010
Franco Astengo |