Questione politica & Questione morale
“A
Fra’ che te serve?” E da Biffi Gentili a Teardo, al mariuolo Mario Chiesa
di
Franco Astengo
“Questione politica e questione morale”:
un titolo usato e abusato nel corso degli ultimi
30 anni (ed anche prima..) per commentare lo
sviluppo delle vicende politiche italiane: un
titolo che torna ancora d'attualità (se mai ce
ne fosse stato bisogno) in questi giorni,
davanti ai fatti che si stanno dispiegando
davanti all'opinione pubblica.
Cosa c'è di diverso
rispetto al passato?
Da un certo punto di vista
poco, l'organizzazione del rapporto di affari
tra politica, imprenditoria, amministrazione più
o meno appare inalterata (nelle intercettazioni
rese pubbliche pare riecheggiare il fatidico:
“A Fra' che te serve?”, in certi
passaggi giustificazionisti pare tornare di moda
“la macchia nera su di un vestito bianco” dal
titolo di
Rinascita, nel 1985, quando si tentò
di denunciare la malversazione imperante negli
Enti Locali imperniata su di un distorto ruolo “pivotale”
del PSI che le vicende
Biffi Gentili a Torino e
Teardo in
Liguria avevano disvelato, ma della
quale non si voleva prendere coscienza per
timore di alterare il quadro delle alleanze nel
Comuni, nelle Province e nelle Regioni : solo
sette anni dopo il “mariuolo”
Mario Chiesa consentì di mettere allo scoperto gran parte del
traffico). |
Enucleiamo però almeno due
elementi di evidenti “diversità” rispetto
all'epoca di
Tangentopoli: il primo si riferisce
alla reazione del ceto politico di
governo (tipica di chi si sente arroccato nel
fortino del “cartel party”) che tenta di
coartare, per via legislativa, la giustizia (
penso che tutti si saranno accorti che certe
leggi non sono
“ad
personam” come si tentava di far
credere, ma riguardano un intero ceto politico,
all'interno anche di una idea di “alternanza”);
il secondo elemento emerge dall'analisi dei
fatti portata avanti dai principali mezzi di
comunicazione di massa ( parlo dei giornali:
perché dalla TV si capisce davvero ben poco ed
il messaggio dei “talk-show” è comunque
indirizzato a quella che, abbastanza
impropriamente, è stata definita “anti-
politica”.
Una “anti-politica” sparsa a piene
mani anche in passato, per far sì che dalla
“questione morale” emergessero i fattori
determinanti di uno spostamento complessivo a
destra: populismo, personalizzazione della
politica, cooptazione dall'alto e/o “dal basso”
se guardiamo ai criteri di selezione del ceto
dirigente, cui ovviamente non possono opporsi le
“primarie all'italiana” che, fra l'altro, non si
fanno proprio nelle occasioni in cui potrebbero
anche avere un senso, al di là del nostro
personale giudizio negativo sullo strumento in
sé; giudizio ancora più negativo per l'assenza
dei minimi strumenti di garanzia che il
PD
rifiuta di adottare quando decide di usare
quest'arma a doppio taglio). Non basta per
fronteggiare questo stato di cose, assai grave,
quella che è stata definita “bella” o “buona”
politica: intenzioni di cui appare lastricata di
sassi la strada dell'inferno, come dimostrano
casi clamorosi che non possono essere
dimenticati soltanto perché ci si trova in
campagna elettorale. Serve, invece,
prima di tutto l'ingresso sulla scena politica
italiana di un soggetto che manca: un soggetto
in grado di indicare, in prospettiva, un diverso
modello di società, di relazioni politiche,
economiche sociali. Un soggetto dove
l'interesse pubblico e collettivo prevale, che
non sia “un'isola”, si confronti con il resto,
ma si realizzi comunque attraverso strumenti di
agibilità dell'azione politica in modo da tenere
assieme la partecipazione, la rappresentanza, la
capacità di direzione.
Serve un partito che
intrecci assieme questione politica e questione
morale, nell'accezione in cui
Machiavelli distingue i partiti dalle
fazioni (portatrici di disordini), quali
portatori degli “umori sociali”: un partito
portatore, insieme, di una ragione universale e
strumento per l'intervento nelle istituzioni ed,
insieme, punto di coagulo del blocco sociale più
avanzato.
Abbiamo ceduto su questo
terreno; abbiamo ceduto al corporativismo e ad
una idea, sbagliata, di democrazia diretta di
tipo sostanzialmente
“referendaria” (non a caso tutte le
ultime tornate elettorali in Italia, sono state
praticamente dei “referendum” su di una
persona).
Occorre questa idea di
partito, comprendendo appieno come quella che è
stata definita “partitocrazia” (da
Maranini) può essere superata
soltanto tornando alla piena rilevanza della
rappresentanza politica collettiva.
A questo modo, nel
recupero di questo tipo di idea di partito, può
sciogliersi in positivo l'intreccio tra “questione politica” e
“questione morale”, interpretando
la crescente complessità sociale nella forma
della tensione al cambiamento ed impedendo che
il definitivo crollo della partecipazione
politica apra la strada al trionfo finale dei
“corpi separati”.
Savona, 22 Febbraio 2010
Franco
Astengo
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