TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

Il Secolo XIX ha annunciato il memorial “fratelli Lanteri”, sbagliando nomi e parentele

Il “trofeo della neve” a Monesi

vittima di un clamoroso errore

E Rai 3- Regione “ignora” che per gli sciatori (in migliaia) ci sono solo tre “gabinetti” privati

 

di Luciano Corrado

 

Monesi -  E’ la mattina del 6 febbraio. Il Secolo XIX e la Stampa, con le cronache imperiesi, arrivano tardi. Sono le 11 quando si formano piccoli gruppi: sciatori liguri, soprattutto. Qualcuno – tra i meno giovani – ha appena appreso dal quotidiano genovese una notizia (vedi…) che lo lascia incredulo.  Il titolo: Gara di sci a Monesi- Trofeo “Lanteri”.  Testo <…Prende il via il trofeo dedicato alla memoria di Alessandro, Giovanni e Roberto Lanteri, i tre fratelli che nei primi anni ’60, hanno lanciato la stazione sciistica nel firmamento dello scii italiano. Tre personaggi protagonisti della vita di Monesi, conosciuti non soltanto dagli abituali frequentatori delle piste alle pendici del Saccarello…ma anche da tutti gli appassionati della Riviera.  Da loro sono arrivati i primi impulsi a dare vita ad un centro che, altrimenti,  non avrebbe avuto servizi di nessun tipo, mentre con la loro opera hanno favorito e promosso un turismo della neve che, a quei tempi, era semplicemente sconosciuto…>.

Prima sorpresa-sconcerto:  mai esistiti da queste parti o almeno nessuno li ha mai conosciuti tre fratelli di nome Alessandro, Giovanni e Roberto Lanteri.  Non risultano nei registri dell’anagrafe del Comune di Briga Alta, né in quello di Triora o di Mendatica. I tre paesi che fanno da corollario a Monesi.

Seconda sorpresa-interrogativo: il pezzo pubblicato a pagina 33, nella rubrica settimanale IN PRIMO PIANO, con diffusione regionale e nel Basso Piemonte, è siglato con I.GA.  Presumibilmente Ino Gazo, dipendente della scuola pubblica, che ha già firmato altri servizi, della Valle Arroscia. L’ultimo in cronaca Riviera, lunedì 7 dicembre, a tutta pagina. Anticipando di qualche giorno la “Neve, Monesi si prepara alle feste”. Ottima pubblicità, con tanto di locandine lungo la Riviera di Ponente.

Purtroppo il manto bianco – quando si dice scaramanzia delle notizie che portano male – si presenterà solo in tutta la sua potenzialità col nuovo anno.

Si diceva dei nomi e parentele sbagliate. Inesistenti. A meno che non sia farina del suo sacco, chi sarà stato l’informatore-disinformatore del (negligente) Gazo?  Causando una figuraccia.

Già si rimane male  quando capita di sbagliare il nome dei vivi (ed ogni giornalista-cronista sa quanto siano le possibilità di errori, nella battitura, nel ricopiare, nell’ascoltare). E’ senz’altro più sconfortante se in ballo ci sono dei morti, con moglie, figli, o figlie, parenti diretti viventi.

Dei tre nomi citati, uno è giusto, Roberto il cui fratello era Guido, per anni e più volte, sindaco di Briga Alta. E’ suo il merito di aver resistito più a lungo, nei momenti di gloria e nei momenti peggiori, della storia di Monesi. Ha gestito, con successo, insieme alla moglie e a due zie (che collaboravano) l’albergo “Redentore”, uno dei simboli della località. Zia Rita ha collaborato per molti anni. Teresa si è ritirata prima.

Il “Redentore”, con l’intero complesso attiguo, è stato opera dei fratelli Galleani: Enrico (il “conte”), Roberto, Ingo e fu quest’ultimo ad occuparsi quasi esclusivamente della fase realizzativa (immobili ed impianti). Il tutto insisteva, salvo piccole porzioni di terreno edificate e a sosta, sulla più vasta area privata  (oltre un milione e mezzo di ettari) della Liguria, rimasta in eredità ai fratelli Enrico e Terenzio Toscano. Il papà che fece fortuna in Sud America (ma poi fu vittima di un esproprio-nazionalizzazione totale di tutti i beni) era soprannominato l’”Americano”.

Sulla storia e le traversie di Monesi story, Trucioli Savonesi ha dedicato diverse capitoli e puntate, proprio per evitare che un giorno qualcuno si alzi al mattino e riscriva una cronaca-storia ricca più di fantasie, bufale giornalistiche che resoconti veritieri. Basta navigare nella sezione archivio di Trucioli e cliccare Monesi.

Difficile che l’abbia fatto Ino Gazo, del resto è ormai abitudine assai praticata nel giornalismo di ultima generazione, evitare di documentarsi, farsi scrupolo di sapere e chiedere al posto giusto, alle persone documentate.

Così può accadere che il principale giornale ligure stupisca i lettori tirando in ballo personaggi mai esistiti con quei nomi, attribuendo quel contesto. E, comunque, c’è una bella differenza anche nei ruoli, per essere accomunati. Ad ognuno i suoi meriti e demeriti, per non fare di ogni erba un fascio.

Intanto Guido Lanteri, il “mitico sindaco”, missino della prima ora, della destra dura e pura, non ha mai svolto il ruolo di “palazzinaro”, contrariamente al cugino Armando Lanteri, artigiano e costruttore, al quale si devono i palazzi sorti sia a Monesi di Triora (la parte nuova, che ha visto i Galleani come protagonisti), sia nella Monesi  (“Vecchia”) dove alpeggiavano i pastori di Mendatica, suddivisi anche a Valcona e a Le Salse. Dove non sono mancate goffe e rovinose costruzioni, speculazioni anche finite in malo modo. Deturpando le origini, depredando quel valore che caratterizza le zone montane. Dove si è conservato nel tempo i pregi architettonici della civiltà pastorizia. Basta recarsi sulle montagne Svizzere ed Austriache. I benefici di attrazione turistica di cui godono.

L’albergo Redentore è stato inaugurato nel 1954, e la famiglia di Guido Lanteri (con l’infaticabile moglie Lisa, originaria di Sanremo) l’ha preso in gestione il 4 novembre 1956. Struttura che nel corso dei primi anni aveva ospiti illustri, tra essi il ministro Paolo Emilio Taviani e famiglia, gli Scjaola e i Verda di Imperia.

Guido Lanteri riconosceva volentieri a Paolo Emilio Taviani il merito di un contributo statale di 280 milioni (ingente per quel periodo) per realizzare strade in grado di far uscire dall’isolamento l’intero circondario: Piaggia, Upega, Carnino. Soldi non solo promessi, ma messi con celerità a disposizione dal Ministero dell’Interno.  E il sindaco Guido ricordava che Taviani- cliente d’albergo, ghiottissimo di finocchi alla julienne, insalate miste; con moglie e figli sceglieva la camera n.16, la più spaziosa. E spesso lo raggiungevano il fedele segretario Paccagnini e dalla casa estiva di  Bardineto, il suo capo ufficio stampa, Secondo Olimpio. Il cui figlio, Guido, giornalista, è oggi tra i più autorevoli esperti-opinionisti de Il Corriere della Sera.

Ancora ricordi di Guido, prima della sua morte, all’amico e vecchio cronista: < Taviani era puntualissimo alla colazione in saletta e alle 12 precise si presentava al tavolo per il pranzo. Alla sera una pasto leggero. Tra le poche visite quella di Manfredo Manfredi. Tra i ricordi del “cliente Taviani” una festa che organizzò per il ritorno dal Cile di uno dei figli>.

Con l’abbandono, nel 1987, di Guido Lanteri dell’albergo Redentore – dove ha pure lavorato in estate alla reception, Emidia Lantrua che diventerà ottimo sindaco di Mendatica ed apprezzata insegnante a Pieve di Teco – è iniziato il declino della struttura ricettiva, sotto ogni aspetto. Del resto, non c’erano solo le due brave zie a dare man forte in cucina e nella pulizia, ma mamma e papà Lanteri, da Piaggia, provvedevano alla provvista di prodotti della loro terra,  raccogliere “erbe” selvatiche da utilizzare in cucina, come spezie o nei ripieni dei ravioli, nelle frittelle o frittate. Patate dell’orto, come conigli, galline, formaggi.

E risale a qualche anno dopo la nascita del bar, di fronte al Redentore, gestito dal fratello Roberto Lanteri, scapolo fino all’ultimo, gran simpaticone, anche per la sua “mole” paciosa, il suo parlare brigasco con i clienti. Fino a quando si spense per le complicazioni di un incidente.

A Guido Lanteri hanno dato un commosso e sincero addio almeno 500 persone, il 20 ottobre 2008 ed oggi riposa accanto ai genitori, al fratello nel camposanto di Piaggia (Briga Alta), lasciandosi alla spalle una scia di ricordi, ma soprattutto un vuoto incolmabile. Tra cui gli ultimi strazianti incontri col cronista-cliente-amico dall’età dell’infanzia.

Guido tre anni fa aveva lasciato, insieme alla moglie, la conduzione del negozio di alimentari, che ora sta risorgendo grazie all’intraprendenza e all’amore per queste terre di Monica Arnaldi, imperiese.  Anche con il negozio i coniugi Lanteri erano riusciti a creare un piccolo “polo d’attrazione”; preparavano ravioli, gnocchi, tagliatelle, ripieni, tutti i ottimo stile, gusto e sapore casalinghi, focaccia, pizza . E non mancavano i clienti della Riviera che raggiungevano Monesi esclusivamente per fare provviste, da mettere persino in freezer.

Oggi il “timone” è passato alle figlie Elisa e Federica, quest’ultima ha mancato per un soffia l’elezione a sindaco di Briga Alta, dopo il ritorno alle urne conseguente alla morte di papà.

Assai diverso e tormentato il percorso di Armando Lanteri, cugino dei fratelli Guido e Roberto. Come spesso accade nella vita ci furono alti e bassi nei loro rapporti. Anche perché Guido  era assai critico per la gestione complessiva ad opera del “gruppo Galleani” e di chi li rappresentava, prestanome compresi, nel periodo in cui esplose lo “scandalo della banca”, la vendita, con vicissitudine giudiziarie varie e pesanti ripercussioni a Monesi. Con i Galleani ebbe il glorioso esordio, con i Galleani il doloroso “tramonto”.

Armando si fece in quattro, con alcune scelte non sempre azzeccate, come quando fini per affidare alcune difficoltà ad un signore che con tanto di talare, anello ed abbigliamento, si presentava come vescovo della Valle d’Aosta. Quando venne smascherato (non è il caso di approfondire come), Armando fece l’amara sorpresa di scoprire che era stato alleggerito di alcune centinaia di milioni dal truffatore e senza risolvere alcuni problemi che gli aveva affidato in modo assolutamente fiduciario.     

Armando, infaticabile lavoratore come il cugino Guido, si dibatté per anni con problemi sempre maggiori, superiori alle sue forze economiche. Se la vendita degli alloggi, nelle due Monesi, aveva riscosso un certo successo, non mancarono le traversie.

Al resto pensarono le solite banche, qualche controversia nell’ambito dell’ingarbugliatissima vicenda famigliare dei Galleani, con personaggi di Laigueglia (agente immobiliare) e di Alassio (commercialista-amministratore) che alla fine provocarono il collasso, fino al baratro per la morte (incidente sul lavoro) dello stesso Armando. E a nulla hanno potuto la moglie, la figlia, il figlio. La valanga dei bilanci ha travolto tutto e tutti.

A tutto questo si aggiunga che già a metà degli anni ’80 arrivarono i primi segnali di crisi. Il Secolo XIX e Gazzetta della Lunedì hanno ospitato nel corso degli anni 27 articoli, quasi tutti a firma di chi era stato testimone diretto della nascita della nuova Monesi, del “miracolo” con anni d’oro.  Un titolo per tutti: “Amaro declino di Monesi, la “piccola Sestriere”- Non si riescono a vendere case e condomini comprati negli anni ruggenti. Crollato un mito assieme a quello dei banchieri Galleani che avevano valorizzato la zona. I villeggianti sempre più rari. Persino la seggiovia, dopo 34 anni, di onorato servizio si presenta malandata>.

Nel 1988, Giulio Geluardi, su La Stampa, scriveva: <Monesi è abbandonata, la località alpina sta vivendo i giorni più bui dal 1953. Dopo la piscina e la discoteca, ha chiuso l’unico albergo. Due nuove società hanno rilevato gli impianti. Manca ancora un piano di sviluppo. I progetti del Comune di Triora>.

Articoli e grida di allarme, che nella fase iniziale, almeno per quanto riguarda il cronista ora con i capelli bianchi, facevano arrabbiare Armando Lanteri: <Se continuate a scrivere che tutto va male, perderemo sempre di più…>. In qualche circostanza ci affrontò in modo rude e duro, sorvoliamo sul “passare alle vie di fatto”. Armando era fatto così.

Invece Guido non aveva dubbi. Concordava: non serve più nascondere la verità. Nutriva profonda disistima per alcuni politici che ebbero anche degli interessi (progetti compresi) in quel di Monesi. Li riteneva tra i corresponsabili del “disastro” che finì per coinvolgere tutta l’intera vallata, con pesantissime ripercussioni sull’occupazione-posti di lavoro, attività commerciali.

Guido Lanteri ripeteva: ci contano solo delle balle, promesse, pensano prima di tutto ai fatti loro. Da qui il suo sostegno, in buona parte “riservato”, al cronista che ha avuto i natali su queste montagne, proprio perché la storia della nascita, della gloria e della “morte” di Monesi, fosse scritta all’insegna della “verità”. Quella “verità” che il sindaco Lanteri ha continuato a confidare fino agli ultimi giorni di vita.

Con speranze e tanti dubbi sul destino di questa terra alla quale lui era legatissimo e non voleva abbandonare neppure per un mese, per l’inverno, nonostante le insistenze della moglie che adorava, delle figlie.  <Finché si può resistiamo qui>. Per Guido, lasciare, era un affronto impossibile. Lui non era soltanto un’istituzione (vedi… il ricordo-orazione funebre lettera in chiesa da Rino Allaria) da queste parte, era rimasto il “combattente” senza armi che non voleva rassegnarsi a gettare la spugna. Voleva finire i suoi giorni con lo “scettro” di chi, per ideali, valori, attaccamento, può essere considerato tra gli “eroi storici” di un lungo capitolo della storia di Monesi e del circondario.

E forse avrebbe masticato amaro anche di fronte ai servizi televisivi di Rai 3 -Regione, con Stefano Ricasso, inviato speciale, utilmente impegnati nel promuovere questi angoli di paradiso della natura, dimenticati nei fatti dalla programmazione della Regione e della politica nazionale. Gli unici che hanno fatto qualcosa di concreto, con il governo Burlando, l’assessore Franco Zunino ed il collega Giancarlo Cassini.

Il 16 gennaio e prima ancora in un telegiornale più sintetico, la terza rete pubblica, con un servizio da Monesi ha dato la parola ai sindaci di Triora, Marcello Lanza e di Mendatica, Piero Pelassa, al tenace albergatore di San Bernardo di Mendatica (Settimia) Valter Gandolfo, maestro di scii; alla tenacissima e volenterosa esercente Tiziana Sabato, tra gli ultimi sette cittadini residenti invernali di Piaggia (Briga Alta). A  ancora a Giampiero Alberti.

Sono ripresi i discorsi di progetti e di “sogni”, visto le pluriennali illusioni e soprattutto i risultati. La “sagra saltuaria” delle illusioni senza fondamenta solide, allo stato dei fatti.

Forse valeva la pena ricordare che ben diverso scenario si trova in altre zone della Valle d’Aosta, dell’Alto Adige, della Alpi francesi, dei Pirenei. Anche meno fortunate rispetto alla “perla della natura” Monesi, alla sua vicinanza al mare. Alle migliaia di seconde case della costa.

Per Monesi troppi progetti annunciati e svaniti come neve al sole. Diffidenza e sfiducia hanno il sopravvento tra i tanti testimoni diretti degli accadimenti nel corso degli anni. Con immancabili tavole rotonde, convegni, passerelle.

Forse una completezza informativa imponeva di ricordare che una stazione sciistica di cui tutti auspicano il rilancio, per la quale si fanno molti affidamenti dopo l’inaugurazione della seggiovia invernale, il suo prolungamento, non può accogliere fino a 1200-1300 sciatori al giorno, senza “gabinetti” pubblici. Dotata, si fa per dire, di un servizio igienico messo a disposizione da un bar e di due servizi messi a disposizione dal ristorante-bar La Vecchia Partenza.

Non è il discorso di parlare bene o male, ma di non ignorare, come nulla fosse, un servizio terribilmente cruciale. Se poi aggiungiamo che l’intero agglomerato è ancora privo di uno smaltimento, a norma di legge, delle acque nere, il discorso si fa ancora più serio. Di proteste con Triora sono zeppe le agende. Con telefonate infuocate e minacciose. Non ci si dica, per favore, che mancano i soldi pubblici.

Lo ascoltiamo, in quel di Monesi, da 35 anni. E forse la Rai, purtroppo alle prese con le pretese dei politici di turno al potere, può essere utile a sensibilizzare l’opinione pubblica. Rendendo un servizio vero al cittadino.

Luciano Corrado