Divagazioni intorno al concetto di “sacralità” della vita
di Salvatore Ganci
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Sbaglio di molto quando affermo di avere ascoltato bene la voce proveniente da una zona di Trastevere che richiamava il concetto di “sacralità della vita” nei casi dolorosi di Terri Schiavo e di Eluana Englaro? Occupandomi di Fisica non ho la finezza di una nozione di “sacro”, a partire dalla sua radice etimologica. Il termine si è evoluto fino al senso comune attuale, ma, nella civiltà latina anche nel senso opposto (se ricordo bene la traduzione di “auri sacra fames” ai tempi del Liceo…). |
Questa “sacralità” sembra un concetto riscoperto “ex novo”dalla Chiesa, da quando nei cattolicissimi stati dell’Occidente (Europeo) ha cominciato ad affermarsi il concetto di laicità dello stato. Con la cessazione degli effetti civili del vincolo matrimoniale persino in Polonia, l’aborto e, appunto, i casi di eutanasia di fatto, giungendo a sospendere anche l’idratazione. Sì, credo anch’io come semplice primate, di avere appreso, in senso relativistico, una nozione di “bene” e una nozione di “male” e che la vita abbia un attributo di “sacralità”. Che nessuno può togliere la vita a meno che sia il vivente in oggetto a manifestare al di là di ogni dubbio, che ciò avvenga nel caso di un accanimento terapeutico non voluto. Quindi l’uomo di Fede avrà concluso che il mio concetto di “sacralità” è molto relativo e non conforme all’insegnamento Ecclesiale: per me, abituato ai sistemi di riferimento, il concetto di “sacralità della vita” è una esigenza morale dell’uomo stesso che non vuole conformarsi a quanto imposto dall’alto. Tutti i “sistemi di riferimento” mi appaiono equivalenti solo quando concordiamo con un semplice concetto che alcuni Illuminati hanno più o meno sintetizzato nel: “non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. |
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E’ semplicistico, ma
lascio le considerazioni “fini” ai Filosofi. Mi piace però rendere partecipe il paziente lettore che la Storia ci tramanda (e per di più da fonti incontestabili) che mentre Voltaire enfatizzava l’inutilità della condanna a morte (ma non l’inutilità della pena e dell’espiazione della stessa) nel suo Dizionario Filosofico, a Trastevere, da sempre si tagliavano teste, e si impiccava, (stabilendo anche davanti alla morte una distinzione tra nobiltà e plebaglia). Spesso si era appesi per il collo a due corde (una sottile ed una più spessa, per sicurezza) anche per reati diversi da quelli contro la persona e che per delitti considerati “efferati” c’era la “mazzolatura” (semplice o con squarto). La rivoluzione francese ebbe l’effetto (benefico) anche nello stato pontificio, di rendere uguali davanti alla morte il plebeo e il nobile tramite la ghigliottina. Mi chiedo se nel granducato di Toscana, nel regno delle due Sicilie si “mazzolasse” il reo, nello stesso periodo storico, ma la mia è una domanda che giro “tout court” agli Storici professionisti. |
Mi basta sapere che,
con indulgenza plenaria “in articulo mortis”,
tutto ciò purtroppo avveniva nello stato
pontificio e che è incredibile come solo nel
1969 un “Vicario di Cristo” si sia
fortunatamente accorto che la pena di morte
andava comunque abrogata dallo
Stato della Chiesa, anche se, di fatto, l’ultima
esecuzione sia avvenuta, se non sbaglio, al 9
luglio 1870 nella persona di Agabito Bellomo in
Palestrina. E noti il mio lettore che questo
“strascico giuridico” avvenne quando c’era già
l’unità d’Italia … All’incredulo lettore
suggerisco di accedere a “Google Libri” dove può
scaricare e leggere gratis tanta bella ed
istruttiva Letteratura come la “Storia
autobiografica di Giambattista Bugatti”,
boia dello stato pontificio, dal 1796 al 1864,
meglio conosciuto come “Mastro Titta”, ma
anche il compendio delle Leggi dello stato
pontificio in due voluminosi tomi, e se è
attratto da storie più datate, la commovente
storia di Beatrice Cenci. Ma se proprio il mio
lettore è incredulo come San Tommaso, suggerisco
il classico “Malleus Maleficarum” scritto da due
Domenicani con le lodi pontificie, o la classica
storia della crociata contro gli Albigesi,
(colpevoli di volere vivere la povertà del
Vangelo) indetta da Innocenzo III e scritta da
un pio abate che risponde al nome di Vaulx de
Cernay. Il lettore potrà così considerare con
la propria testa se il concetto di
“sacralità della vita” non sia stato relativo
anche nella Chiesa e in che misura. La
diffusione di Internet, come tutte le opere di
un primate che si è evoluto e civilizzato,
ha portato con se il bene e il male. Il bene è
il disporre facilmente di un “Sapere” al quale,
fino all’avvento della Rete, in pochi potevano
accedere.
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