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Eterni amanti

I racconti di Cristina Ricci*


Oggi il mondo sembra essere impazzito.

La montagna è impazzita. Dal suo ventre si alza fumo nero. Sembra che il dio Vulcano abbia deciso di trasferire la sua fucina accendendo il suo sacro fuoco proprio sulla cima del monte alle spalle del nostro paese.

Ora capisco che le vibrazioni della terra dei giorni scorsi erano dovute alla costruzione dell’officina divina.

L’aria è densa e l’odore del fumo è mischiato a qualcos’altro che ancora non riesco a decifrare.

La gente farnetica e corre qua e là, senza una meta, in una gran confusione.

Vedo madri disperate correre. I neonati sobbalzano tra le loro braccia mentre loro affannosamente cercano altri figli che, nel caos, hanno perso di vista.

Ognuno cerca di mettere in salvo quel che ha di più caro.

I mercanti caricano i carri delle loro merci preziose e tentano invano di convincere gli animali a trainarli ma anche i buoi sembrano non capire più nulla.

I buoi.

Questo mi ricorda di te.

Anch’io, come tutti, devo mettere in salvo qualcosa di prezioso.

Da mesi mi reco alla fontana solo per vederti.

So che non dovrei.

So che i miei mi proibirebbero queste uscite se sapessero.

Il nostro pare ormai un appuntamento fisso. Con gli occhi abbassati tendo le orecchie.

Sento lo scalpitio degli zoccoli e già sento le mie guance avvampare. Un brivido caldo mi scuote ogni volta.

Riempio l’anfora e intanto ti osservo con attenzione anche se con apparente casualità.

Osservo i tuoi riccioli. Sogno di poterli tessere con le mie dita. Li immagino morbidi come il vello degli agnelli.

Scruto i muscoli della tua schiena che si tendono sotto la tunica mentre strattoni i buoi. Gli animali annusano l’acqua e sembrano volersi fermare sempre qui. Impuntano gli zoccoli nel lastricato. Agiti la frusta, ti prodighi in mille maniere ma sembri riuscire a convincerli solo quando qualche altro carrista ti raggiunge e inizia ad  apostrofarti con insulti.

Oggi tutti corrono qua e là, senza meta e senza senso come le formiche quando avvicino la torcia alla loro tana.

Corro anch’io, ingoiata dalla moltitudine. Vado contro corrente. Incastro il mio fragile corpo tra la folla e cerco di avanzare verso la fontana.  La gente mi respinge e ogni passo avanti è una conquista.

So che non ci sarà domani e, anche se credessi il contrario, avrei bisogno anch’io di mettere in salvo qualcosa di prezioso.

Ma non ho né scudi né gioielli.

In verità non posseggo neppure uno scrigno.

L’unico tesoro che ho è la mia vita.

Il mio futuro e te.

So che solo oggi mi è concesso così mi affanno per scoprire quanto possano essere dolci i tuoi baci. Magiche le tue carezze.

All’improvviso qualcuno afferra la mia mano. È una presa forte, salda.

Non conosco il tuo nome ma riconosco la tua voce. Mi lascio guidare molto più docilmente di quanto abbiamo mai fatto i tuoi buoi. Lasciamo la strada maestra. La folla si affievolisce tanto che noi avanziamo. Nonostante sia mezzogiorno il buio è quasi totale. Le vie sono cosparse di mobili e averi che i fuggiaschi hanno abbandonato pur di velocizzare la partenza e dobbiamo far attenzione a non ferirci urtandoli.

L’aria è sempre più calda.

Varchiamo il primo uscio lasciato aperto; incustodito.

Nella penombra, il trambusto sembra essersi placato. Non chiedi neppure il mio nome. La tue mani mi cingono il volto; mi avvicinano a te.

Chiudo gli occhi intuendo che presto mi bacerai.

Le tue mani mi accarezzano.

Si posano sui miei capelli, scendono lungo la schiena, mi stringono a te.

Respiro il tuo odore e sorrido scoprendo la morbidezza dei tuoi riccioli.

Rinasco stretta a te.

Raggiungo magiche e ignote mete dove non sarei mai potuto arrivare da sola.

Le nostre mani si intrecciano. I baci si interrompono solo per il breve istante di un sorriso.

Non conosco neppure il tuo nome.

Tra poco tutto finirà.

Solo i nostri corpi resteranno eterni.

Eterni come il nostro amore.

 

Liberamente ispirato dalla leggenda metropolitana che, tra i corpi ritrovati a Pompei, ci siano quelli abbracciati di un uomo e una donna.

 

 *Cristina Ricci, quarantun anni, abita a Spotorno,  ha  pubblicato il suo primo romanzo (La montagna d’acqua – ed. Il Filo, Roma), un altro recentemente finito e tanta voglia di scrivere.

A questo “scarno” curriculum si può aggiungere la collaborazione con il blog dell’Udi Savonese per il quale Cristina Ricci ha scritto alcuni pezzi