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Dal Torrione (1564) simbolo di Borgio

arriva una “lettera aperta” ai cittadini


<Gentili cittadini di Borgio, cattolici e laici, maggioranza che governa e minoranza “silenziosa”, mi presento. Sono il  vostro Torrione, credo di potermi onorare, non da oggi, a simbolo della città. Sono qui e resisto dal 1564. Ho appena compiuto 446 anni. Vi ricordate davvero di me? Temo di essere stato sempre “glorificato”, di fatto abbandonato a me stesso. Visto che viviamo nell’era della “comunicazione di massa” sarete informati che sono rimasto l’unico in Liguria ad essere contemporaneamente l’emblema del paese e anche il più diseredato. Non si tiene conto, se non a parole (sui libri, sui giornali), della mia storia e di ciò che rappresento in quanto a valori, tradizioni, cultura storica.

A pagina 5 del libro, edizione 1993, “Storia di Borgio e Verezzi  secoli 1700 e 1800 con i toponimi dei contadini”, Gianni Nari (U Piùllu),  con indiscussi meriti, ci tramanda alcuni interessanti brani. Ci sprona, ogni volta, a lasciare alle future generazioni le pagine più significative della storia di Borgio e di Verezzi. Storia di fatiche, di glorie e di dolori, pur sempre storia nostra e come tale patrimonio di tutti. Grazie Nari per questo messaggio.

E poi? Predicate bene e razzolate male, vecchio detto dei nostri avi!

Ho avuto il “privilegio”, grazie al libro di Nari, della prima pagina illustrativa e scritta del magnifico volume. Con tanto di “sezione e prospettiva del Torrione”, curata da Enrico Molinari.

Voglio che sia riprodotto, dando incarico al viandante Luciano Corrado, vecchio cronista e ora volontario a Trucioli Savonesi, di riprodurre l’articolo che lo stesso Nari scrisse sul Secolo XIX il 24 aprile 1987, cioè 23 anni fa (vedi…). Titolo: <Difese Borgio contro i Saraceni, ora potrebbe diventare un museo. Il Centro Culturale ha chiesto il recupero pubblico del Torrione>.

Quante belle e significative parole ha usato il benemerito storico locale Nari.  Mi ha descritto in modo impeccabile. Cosa rappresento e lo stato in cui mi trovo. L’importanza che potrei assumere nel contesto della valorizzazione, polo d’attrazione, veicolo promozionale e di indotto, visto che si parla tanto di crisi turistica, cause e rimedi. Non a parole vuote, però. Non annunci in perfetto stile politichese. Vendere illusioni confidando nei cittadini senza memoria. Accade da decenni. La “malattia Italia”. Il “sistema parassitismo”. Da Casta incrollabile, cementata.  E votata.

La valorizzazione culturale, a mio modestissimo ed umile avviso, visto come sono ridotto, dovrebbe avere delle precise priorità, iniziare cioè dalla base.

Invece penso di essere stato abbandonato. Ho chiesto all’anziano, come me dimenticato testimone, Corrado di fotografarmi così con i miei anni (vedi foto dello stato attuale, ieri e oggi). In quali condizioni mi presento ai visitatori, il mio “bigliettino da visita  purtroppo logoro, impresentabile vorrei dire. E per favore niente cartoline “Saluti da Borgio” che mi ritraggono.

Se dovessi fare l’anamnesi del mio stato temo di non essere creduto oltre i confini del paese. Finestre rotte, rumenta a gentile omaggio, usura del tempo, rovine in avanzamento, degrado permanente, piccoli crolli, incuria più totale.

Eppure non mi resta che scrivere questa lunga lettera aperta, destinata, presumo, ai cestini. Non ho, lo ammetto, molte speranze. Anche perché io, Torrione, non dispenso né voti, né favori, né ho la forza di ribellarmi con proteste plateali. I giornali locali e i media, mi ignorano da anni, la Rai si presenta solo se “comandata” dal potente di turno.

Potrei ricevere la visita degli amici di “Striscia la notizia”,  vantando un record di abbandono, ma mi hanno riferito che in tutta Italia c’è di peggio. Anzi, ogni sera ci sottopongono il martellante e urgente “stato di bisogno” di canili in degrado e abbandono sparsi per lo stivale, da Nord a Sud. E’ la nuova “cultura mediatica berlusconiana”, al di là del bravo Antonio Ricci.

Cosa volete che possa fare il diseredato Torrione, con  oltre quattro secoli di vita.

Con chi dovrei confrontarmi se neppure il mio sindaco, l’ex manager di banca Carige, Antonio Vadora, indipendente dalla politica, un diploma da ragioniere, due o tre anni all’Università di Pisa, facoltà Economia e Commercio,  un felice matrimonio in quel di Cisano sul Neva, da otto anni e mezzo primo cittadino, non ha trovato il tempo per decidere. Infatti: “il torrione”, il nostro simbolo, il più antico “gioiello” che ha resistito alle invasioni, alle tragedie e alle guerre, non è stato inserito nelle priorità del paese.

Sarei ingrato se non ricordassi ai miei concittadini che era stato il sindaco Enrico Rembado, diploma da ragioniere e mi pare compagno di Università di Vadora che era bravissimo in matematica, a decidere il mio acquisto da parte del Comune. Aveva, insomma, accolto e fatto proprio l’invito, di Nari e del Centro Culturale.

Infatti c’è un altro ritaglio del Secolo XIX del 21 dicembre 1988, a firma Gianni Nari dove è scritto: <…Il torrione del 1864 (si trattava di errore di stampa, leggi 1564 ndr), il palazzo dei Consoli ed un alloggio a Nord in via alla Torre, sono ora vincolati per un futura utilizzazione come biblioteca, museo della cultura materiale, sedi culturali ecc. Infine una parte dell’area verde sita a fianco del duomo di Borgio e delimitata da via XX Settembre, sarà adibita a piazzetta caratteristica. I proprietari avranno la possibilità di ristrutturare le vecchie stalle ed adibire i nuovi locali ad attività commerciali, mantenendo parte del giardino a proprietà privata. Ovviamente per realizzare queste opere il Comune dovrà comperare gli stabili con le aree adiacenti e quindi procedere ai restauri del vecchio e alla costruzione delle nuove strutture, in pratica alcuni miliardi di lire. I piani sono passati con l’approvazione della maggioranza (lista civica indipendente con sindaco Rembado, ndr), mentre l’opposizione Pci, Dc, Psi, si è astenuta. I consiglieri di minoranza si sono lamentati ancora una volta, per i metodi ed i modi – concludeva l’articolo di Nari – con cui l’amministrazione porta avanti progetti così importanti per la città>.

La critica, io ultracentenario testimone, rappresenta il sale della democrazia. Però venendo al concreto, alla concretezza, l’unico che alla fine ha fatto qualcosa per me è stato Enrico Rembado e la sua giunta. Hanno fatto in modo che fossi sottoposto a vincolo “monumentale”, altrimenti chiunque avrebbe potuto farne un “boccone”. Dopo il vincolo, il valore è diminuito permettendo al Comune l’acquisto, compreso il terreno attiguo. Mi pare 500 milioni, con i soldi di un avanzo di amministrazione. Fu predisposto, se la memoria non gioca brutti scherzi e chiederei subito scusa a tutti, un progetto di recupero dello stabile e dell’area di pertinenza. La Regione promise una parte del finanziamento. Credo siano trascorsi più di 8 anni e quel 30 per cento di contributi è rimasto a bagnomaria. Tra solleciti di Genova.

Mi chiedo e chiedo ai miei concittadini: il valoroso Centro Storico, il mio “cantore” Gianni Nari, dedito alle attività parrocchiali e forse già pensa alla sua anima in Paradiso, niente purgatorio e in questo lo posso assicurare, si è mai chiesto con quale coerenza intellettuale, umana, politico-amministrativa, hanno trattato, il “nostro torrione”?

Vogliono per caso una “medaglia ricordo” a ricompensa del disinteresse, per la presenza persino di una discarica? Vogliono i miei concittadini essere “citati” nel libro d’onore di Borgio per aver rilanciato, proprio in questi giorni, dalle cronache dei giornali (pare colpiti dal morbo di Alzheimer, in senso gioviale) la monorotaia, progetto del 1986 che però sollevò un’andata di proteste, per via dell’inserimento, credo, nel piano regolatore. Niente tralicci.

E ora rilanciata alla grande dai giornali il 25 gennaio scorso, a tutta pagina: “Si ritorna alle funicolari. Collega senza inquinare. Finanziati i progetti di Borgio e Celle, Savona ne discute”. E già, cari amici, ho qualche vago ricordo. Siamo in campagna elettorale. Claudio Burlando, ex ministro-compagno, ex sindaco rosso di Genova (con le patrie galere che lo custodirono da innocente) e l’assessore regionale ai Trasporti, Enrico Vesco, hanno pubblicamente annunciato, ha descritto la brava e scrupolosa Silvia Andreetto, che i progetti non resteranno questa volta sulla carta, ma saranno finanziati con i fondi Fas per 2 milioni di euro.

E poi una dichiarazione-osanna del sindaco Vadora che dice: <Ho ritenuto che realizzare  un collegamento del genere con un impianto di risalita a fune potesse essere fondamentale per migliorare la viabilità tra Borgio e Verezzi, ma costruire anche un’attrattiva turistica di tutto rispetto da cui si potrà godere un panorama unico e spettacolare. ..Grazie anche al ruolo di Verezzi che si sta sviluppando…grazie alla rassegna teatrale estiva che porta pubblico sempre più vasto e numeroso…>.

Come non essere d’accordo, e la mia sorte di secolare, solitario guardiano, non è considerata, neppure oggi, una priorità assoluta? Forse tutta colpa, a sentire i commenti dei passanti sotto le mie mura, è di quell’Enrico Rembado al quale l’ex dirigente di banca Vadora attribuisce pare tutte le maggiori disgrazie di Borgio, rimasta al palo, a fanalino? Turismo, unica risorsa, in picchiata.

Rembado che ha sì contribuito a tutelare, con tenacia, il territorio, ma aveva, mi assicurano gli amici ed ammiratori di Vadora, le “mani bucate” nella gestione della stagione teatrale. Primadonna sul palco. Biglietti gratis ai tanti parvenu, ai troppi blasonati. Inviti e pranzi?

Un rarissimo “ammiratore” mi ha ricordato che quel vecchio e forse rimbambito cronista del Secolo XIX, che di teatro non capiva nulla, ovvero Luciano Corrado, l’unica volta che venne si “pagò il biglietto” ed ha conservato la ricevuta-ricordo.

Raccolgo attraverso le mie diseredate finestre i commenti di alcuni cittadini di Borgio. Il bravo bancario-contabile Vadora, senza tessere di partito in tasca, avrebbe fatto molto di più se Rembado non gli avesse lasciato tanti debiti. Quel “teatro”, progetto Gabbaria (ma chi lo volle cosi?), definito “pozzo senza fondo” ed errori progettuali di platea.  Mi direte un giorno se i debiti erano per mutui in conto capitale, oppure per le spese correnti senza limiti di oculata gestione della cosa pubblica?

Tutti o quasi contro Rembado, ad iniziare dal cattolicissimo Gianni Nari, enfant prodige della parrocchia  del nostro don Tonino Suetta che ci lascia. Almeno lui può stilare e sbandierare, con orgoglio, l’elenco delle opere realizzate.

Già e “Parrocchia Viva” quante volte si è ricordata che io, antico Torrione, esisto? Circondato dal silenzio e dal disinteresse. Perché non ringraziare almeno, quelli che qualcosa di concreto per me hanno fatto: Rembado, mandiamolo pure all’inferno (se lo dice Nari!), i suoi collaboratori di allora, Aldo Aicardo, Domenico Losno, Luciano Maiolino e poi Morena, Rovelli. E chissà se ne dimentico e chiedo perdono.

No, cari cittadini benpensanti di Borgio e Verezzi, se oltre alla mia esistenza si cancella anche la storia e la cronaca vera, siamo davvero “alla frutta”. Attorno a me, ho visto il fervore del cemento (non proprio cristiano, ma spesso speculativo), vedo tante brutture e una giunta Vadora che non ha acceso il motore, con risultati che forse, soltanto io, auspicavo.

Vadora un galantuomo, anche sfortunato negli ultimi periodi e gli porgo gli auguri di superare le avversità delle vita sempre in agguato. Un sindaco, tuttavia, che dalla mia postazione, non raccoglie plauso, né entusiasmo. Mi sento deluso, mortificato. Sono rimasto il solo “simbolo di un paese”, abbandonato in questa terra di Liguria. Nelle cittadine del centro e nord Europa sarebbe esploso uno scandalo all’incuria.

Non mi interessa, come si direbbe tra i manager aziendali, stabilire “è colpa tua, è colpa mia”. Chi ha sbagliato dovrebbe “togliere il disturbo”, così succede nelle società più evolute dell’Occidente. Cosi richiedono le “leggi non scritte del mercato capitalistico, ma pure cinese”. A me “torrione di Borgio” senza “galloni” e santi protettori, nessuno ha mai chiesto almeno scusa.

Continuate così e raccoglierete i frutti!

Dalla residenza  de “Il Torrione, con attiguo Palazzo dei Consolisaluto tutti.

Ps. Ricordo quando il terreno attiguo (immobile di proprietà della famiglia Celada) fu per un certo periodo affidato agli anziani del paese per la coltivazione amatoriale di  ortaggi amatoriali. Altri tempi. Dove va la civiltà?