(ANSA) - IMPERIA, 2 NOV -
Allarme bomba davanti al
tribunale di Imperia. Gli
artificieri hanno disinnescato
un ordigno all'interno di
un'auto parcheggiata in strada.
Il veicolo, rubato due giorni
fa, era pieno di bombole,
collegate ad un innesco liquido.
E' stata scoperta da un
vigilante ed e' stata
disinnescata dagli artificieri
della polizia. 'Non abbiamo
ancora le idee chiare sul
movente', ha detto il
procuratore Filippo Maffeo. Gli
investigatori stanno esaminando
i filmati del sistema di
videosorveglianza. |
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L’attentato
di Reggio Calabria ha suscitato grande clamore e allarme
La “bomba” al tribunale di Imperia?
L’indagine si è “fermata a Eboli”
Due anni fa un tentativo assai meno artigianale.Tutto dimenticato. Perché?
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Imperia - A Reggio Calabria la giustizia criminale della ‘ndrangheta ha codici e libri. Gli investigatori hanno dossier e la notizia continua a dominare i titoli di copertina di giornali e telegiornali nei giorni che seguono l’attentato messo a segno ai danni della Procura generale della cittadina calabrese. A Imperia, per una strana sorte, da tempo hanno tutti (o quasi) dimenticato il fallito attentato all’interno del nuovo tribunale. Quanti casi simili in Italia? E che amnesie! Se a Catanzaro abbiamo visto, grazie ad Anno Zero di Santoro, le immagini degli attentatori in motocicletta e di quella “fiammata”, senza grosse capacità distruttive; a Imperia le stesse telecamere di sorveglianza ci hanno privato della “scena” che, meglio ricordarlo, poteva causare il crollo parziale dell’edificio per la presenza di due sovrastanti solette in cemento armato. Per effetto della “saturazione da gas” dell’ambiente, in presenza di due micidiali bombole. Imperia che trova una procura della Repubblica al centro di “veleni”, sbandierati anche in cronaca nazionale, sempre in attesa di conoscere le decisioni della Procura generale e del procuratore capo. |
Si aggiunga negli ultimi giorni il contenuto di un nuovo blog imperiese (vedi l’ultimo, per molti versi clamoroso, articolo su “Imperiasparla” da non confondere con Imperiaparla) che aggiunge altra carne al fuoco, con capitoli ignorati dal circuito delle cronache locali e dei settimanali. Ci sarà una ragione a noi sconosciuta. Torniamo al “tema bomba al tribunale di Imperia”. Non se ne parla perché il tutto è finito con una “débacle” delle indagini, oppure perché potrebbe essere emerso qualcosa di interessante e molto riservato? Per una vecchio cronista di giudiziaria, ora volontario, scaturisce un quadro incomprensibile – sbaglio a dire allarmante? – del capoluogo della mia provincia d’origine. E di cui vado fiero per il rispetto che meritano tanti concittadini. Nulla
pare muoversi sul presunto conflitto di
interessi, in attesa di conoscere l’esito
accelerato del “Maffeo molestatore”
della collega. Sto riflettendo su quanto un
giorno mi disse il prof.
Carlo Federico Grosso,
in “missione” di avvocato al tribunale di
Savona:
<I mormorii mi interessano
poco, ma non devono sfuggire al bravo cronista
che, a sua volta, può sollecitare chi ha il
dovere di mettere insieme il mosaico
investigativo…>. Il prof. Grosso seguiva un cliente importante, in un’inchiesta di spessore. Come accadeva al defunto Vittorio Chiusano, big dell’avvocatura torinese in trasferta a Savona. Grosso è stato anche vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; la sua saggezza, preparazione, coerenza lo rendono un personaggio simbolo dello Stato di diritto e della giustizia con la G maiuscola. In attesa di proseguire nelle prossime settimane il “viaggio nella vicenda amara Maffeo-Marrali (vedi precedente puntata di Trucioli) ho cercato, via internet, documentazione e articoli sul post attentato fallito. Con una nuova sorpresa. Non sono riuscito a trovare, come si dice in gergo giornalistico, un “seguito”. Silenzio. Non frequentando più i palazzi di giustizia, non resta che affidarmi a quanto era stato scritto ed era emerso. A meno che e me ne scuso, mi sia sfuggito il materiale. Ringrazio quanti vorranno eventualmente aiutarmi.
Soprattutto sul fronte del riciclaggio ed investimenti vari. Con vicende rimaste oscure o meglio note a pochi. Ambienti massonici compresi. Sta di fatto che neppure una delle più rigorose coscienze critiche, autore su Repubblica-Il Lavoro (edizione ligure) di sferzanti commenti sul “degrado politico, ambientale e dell’informazione imperiese” (Trucioli ha riprodotto un durissimo intervento di Vittorio Coletti, premiato “Ligure dell’anno), ha finora riservato all’attentato una qualche riflessione. Si suole dire: fare il punto. Forse altri già sanno – ma da nessuna parte ho letto – che sarà opera di un piccolo balordo, magari un amante deluso, un marito tradito. Una marachella. Se è così, siamo tutti più sereni. Dormiamo sonni tranquilli. Stiamo, invece, ai fatti noti. All’analisi di quanto hanno reso di pubblico dominio fino ad oggi. E a questo punto il tormento da cronista spinge a lanciare un “grido d’allarme”. Di dolore. Perché succede? Anzi cosa succede? Ci fu polemica, ricorderete, su telecamere spente, telecamere accese (circuito di sorveglianza interno ed esterno del tribunale). Non ho capito bene, ma al piano in cui è avvenuto il “fallito attentato” le telecamere funzionavano, oppure no? Ho tratto le conseguenze che forse non erano attive quella notte. E allora: si è scoperto per quale ragione e chi bisognava ringraziare? |
![]() il prof. Carlo Federico Grosso |
Altro aspetto da rabbrividire. Se a Imperia fosse riuscito il “colpo”, sarebbe saltato mezzo palazzo, a causa dell’effetto del gas che fuoriusciva almeno da una delle due bombole e presenza di sovrastanti solette. E chi ha organizzato un “armamentario” di questa portata può essere stato un piccolo criminale? Un pazzoide? Se si esclude anche la pista del “terrorismo” (?), a quale mente e manina si può attribuire? Esistono nell’imperiese vicende inquietanti ed allarmanti sul piano sociale? Si sono saldati interessi oscuri? A quest’ultimo interrogativo possiamo unicamente rispondere seguendo ciò che si è scritto su giornali e blog dopo il 2 novembre 2008, giorno della ricorrenza dei Defunti. |
L’indagine sull’attentato è finita per competenza a Genova. Ad un magistrato (Canciani?) che si occupa di criminalità organizzata e terrorismo. Qualche collega che segue la giudiziaria non è sicuro – perché non è stato ancora chiarito - se sia avvenuto uno stralcio o meno e gli atti ritrasmessi alla Procura della Repubblica di Imperia. Da pensionati non frequentiamo abitualmente i palazzi, ma qualcuno potrebbe chiederlo al gentile procuratore capo Bernardo Di Mattei. Al procuratore generale Luciano Di Noto che sul “caso Maffeo” ha ritenuto di chiarire al Secolo XIX le linee guide della vicenda molestie. A Genova gli organi specializzati dello Stato, con tutte le diramazioni – servizi di sicurezza compresi - di cui dispongono, hanno avuto modo di darsi una ragione del perché qualcuno pensò di far saltare (fallendo per puro caso) il nuovo palazzo di giustizia nella città che, tra l’altro, vede la presenza di un ministro, tra i più quotati ed autorevoli del governo Berlusconi? Cerchiamo di interpretare le cronache. E’ opera di un marito cornuto che vuole protestare? Bravissimo a non aver lasciato la minima traccia, con una tecnica non proprio da inesperto, da improvvisatore e sprovveduto. Ruba un’auto ad Alassio – chissà perché proprio nella città del Muretto, nota per alcuni misteri rimasti tali - ad un pensionato che ammette di avere il “vizietto” di lasciare le chiavi in “toppa” alla sua vecchia Fiat Punto. Prima considerazione: difficile credere che il “ladro” si sia accorto casualmente della presenza delle chiavi, probabile fosse una persona che altre volte aveva notato l’imprudenza del proprietario. Un tizio che si trovava a passare da Alassio per caso diretto a Imperia o un frequentatore, uno “stanziale” anche se per poco tempo? Prendiamo per buona la tesi dello sprovveduto: fa provvista di due taniche di benzina, di due bombole di gas liquido. Accecato da “gelosia coniugale” e arrivato nella notte a palazzo di giustizia trancia una catena, forza un cancello, una sbarra, raggiunge il luogo del suo obiettivo. Lascia l’auto Fiat Punto – come indicano le foto d’archivio –, cosparge di benzina l’interno dei veicolo, sul quale ha sistemato due bombole, una aperta, almeno pare; si allontana, dopo aver creato una sorte di innesco che si esaurisce prima di estendere la sua azione all’interno dell’abitacolo. Tra l’altro il veicolo rubato e che avrebbe dovuto esplodere era parcheggiato vicino alla motocicletta di uno degli operatori della polizia giudiziaria della procura. Non siamo in grado di conoscere il nome ed il ruolo che ha avuto in indagini e vicende più o meno delicate, ma un aspetto che sicuramente sarà stato approfondito. La logica – quella che solitamente fa da filo conduttore al coordinamento di avvenimenti piuttosto complessi e gravi– porta a ritenere più plausibile che le modalità messe in atto avessero quantomeno come obiettivo un forte “AVVERTIMENTO” indirizzato ad uno dei tre magistrati della procura della Repubblica di Imperia; impegnato/a in inchieste magari sul fronte di una complessa strategia che fa da sponda ad affarismo, una certa politica, certi intrecci. Ingenti interessi. E si spiegherebbe l'assenza di rivendicazioni. Tali
da ritenere giunto il momento di inviare un
“segnale”, magari in conseguenza di una clima,
direbbe come in altre occasioni, il procuratore
nazionale antimafia,
Piero Grasso. |
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Tra le pagine di archivio si scopre pure la storia di quel cittadino russo (apparteneva veramente a servizi segreti? c’è da dubitare, semmai uno dei tanti spioni prezzolati) che organizzò un attentato con analogie, bruciando vivo un ignaro e incensurato cittadino ucraino, cercatore di “cuori solitari”. E ingannato. L’assassino che sta scontando l’ergastolo richiuso in un carcere sardo, in concorso con la moglie pure condannata (22 anni), simulò un incidente stradale. Utilizzò una solo bombola di gas, ma all’aperto, non al chiuso. Per motivazioni abiette. Non contro istituzioni democratiche. Difficile trovare collegamenti, ipotesi verosimili, visto che ormai la vicenda si è chiusa e la vendetta non avrebbe sortito alcun effetto utile. E poi questi “lavori” costano molto ai mandanti. Perché non si viola con facilità un palazzo di giustizia, facendola franca. Non sappiamo se ci sia stata o meno alla Procura della Repubblica di Imperia, anche attraverso gli uomini di punta della polizia giudiziaria, qualche indagine che si stava spingendo verso ambienti cosiddetti da “chi tocca i fili muore”. Non sono un esperto cronista da 007, né ho conoscenza approfondita della realtà imperiese nelle sue molteplici ramificazioni. |
Alcuni retroscena, tuttavia, pare non manchino. Almeno visti dall’osservatorio. Un’unica certezza: i silenzi davvero ingombranti, persino misteriosi, con la tecnica dell’oblio. Mi spingono al dovere di non dimenticare che sono un giornalista. Magari stonato e fuori dal coro. Luciano Corrado
Un giorno di cronaca del 2003
raccontato da La Stampa Ci sono state le
«grandi manovre» in questi giorni, intorno al
Tribunale di Imperia, in via XXV Aprile.
Sopralluoghi, operai che si sono occupati delle
rifiniture (le scritte sulle targhette davanti
alle porte, ad esempio), dipendenti della
società dei telefoni chiamati a migliorare i
collegamenti interni. Dopodomani, martedì, è il
gran giorno: si inaugura ufficialmente la nuova
e moderna struttura che ha soppiantato
l’edificio ormai vetusto e inadeguato di piazza
de Amicis, andato giustamente in pensione (la
cerimonia prescinde dall’operatività vera e
propria, raggiunta qualche settimana fa). A
tagliare simbolicamente il nastro sarà il
Ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli,
a cui faranno corona le autorità locali,
politici e magistrati. Gli onori di casa saranno
competenza del presidente Giuseppe Squizzato,
del procuratore capo Bruno Novella, del sindaco
Luigi Sappa. Il guardasigilli verrà in città,
con scorta al seguito, per ammirare una
struttura bella, spaziosa, realizzata tutto
sommato in tempi record che, però, ancora
qualche piccola pecca la mostra (dettagli dirà
qualcuno). Per citare un problema su tutti: in
questi giorni ci sono state infiltrazioni
d’acqua nei sotterranei dov’è sistemato
l’archivio. E qualche difetto di organizzazione
è stato segnalato dai dipendenti e dai
componenti delle forze dell’ordine. Qualcuno,
tra loro, ha storto il naso di fronte alla
decisione di riservare un’intera area a
parcheggio per le auto degli avvocati, provvisti
di telecomando e codice segreto. Un privilegio
che in altri tribunali, pare, non si riscontri.
A Torino e Milano, chi entra con la macchina è
sottoposto a controlli spietati, anche se è un
pubblico ufficiale e non si sognano certo di
avere un telecomando a disposizione. A Savona
invece questo problema non esiste: le auto non
le fanno proprio entrare. Dettagli, comunque,
questioni che saranno accantonate
momentaneamente martedì: arriva il Ministro.
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