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 LA TRASFORMAZIONE DELLA DESTRA

SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO

  di Franco Astengo

In questi mesi è apparso evidente l'apparire di uno scontro a destra, personalizzato da un lato dal Presidente del Consiglio e dall'altro dal Presidente della Camera, inteso da molti quale una tattica di logoramento da parte di quest'ultimo nel gioco dell'eventuale successione e da altri quale un vero e proprio spostamento d'asse, da parte di un settore del PDL verso la ricerca di nuovi spazi e, forse anche di nuove alleanze.

Ci è parso, quindi, il caso di scavare meglio nella realtà di questo confronto, allo scopo di verificare anche una possibilità di proposta politica tale da diventare oggetto di dibattito, tra le diverse parti in causa. 

 Quel che è certo è il fatto che la posta in palio appare essere l'esito del processo di trasformazione della destra italiana, arrivata per tappe successive, in ragione principalmente dei fatti dell'89 (più ancora che di Tangentopoli) ad assumere stabilmente la guida del Paese.

Da un lato, la parte maggioritaria del PDL legata al Presidente del Consiglio ed alla forte caratterizzazione personalistica che questi sa imprimere all'azione politica, punta  a portare a termine la forma surrettizia di trasformazione del sistema, avvenuta nel corso di questi anni principalmente nel costume e in alcuni ambiti della società, introducendo in Italia una sorta di “modello gollista” (la definizione è del senatore Quagliariello, in risposta ad una domanda rivolta da Giuliano Ferrara, sul modello che avrebbe dovuto assumere la destra italiana per poter durare al governo riuscendo a collegarsi con gli establishment europei ed americani), adeguando così la Costituzione formale a quella materiale ( è questa l'insidia vera delle cosiddette “riforme condivise”).

Si tratterebbe del punto di arrivo della caotica transizione italiana, avviata all'inizio degli anni '90 del XX secolo: la pianta dell'invenzione “partito personale” , creato dall'attuale Presidente del Consiglio, si è rivelata la specie che si è meglio adattata nella circostanza.

Ma l'incognita della tenuta di una coalizione di centrodestra nel momento in cui il suo fondatore fosse costretto a cessare il ruolo di “federatore nazionale” svolto fin dal 1994 (ricordate l'alleanza con la Lega al Nord, quella con il MSI  al Sud?) rimane tutta da scoprire.

Qui entra in gioco il ruolo del Presidente della Camera e della pattuglia dei suoi seguaci.

Secondo questo “pensatoio” la storia degli ultimi sessant'anni dimostra che le democrazie europee, pur se molto differenziate al loro interno, possono conoscere “cicli politici convergenti” con periodiche ondate politico – culturali capaci di attraversare le diverse nazioni, ed influenzarne le dinamiche politiche interne.

E' stato il caso della stagione socialdemocratica dal dopoguerra fino agli anni '70, di quella neoliberista degli anni '80 o della “terza via” di Giddens e Blair negli anni '90.

Le trasformazioni sociali ed economiche avvenute nell'ultimo ventennio starebbero favorendo la comparsa di una inedita stagione politica..

La destra riformista, immaginata dal Presidente della Camera, a questo punto, dovrebbe essere una “destra riformista”, in grado di indicare la possibilità di affermazione per un nuovo soggetto, pragmatico, post-ideologico, laico e modernizzatore; rispettoso dei diritti individuali e per certi versi persino “libertario”.

In grado di sfidare la sinistra sui suoi stessi terreni, dall'ambiente, alle politiche di integrazione nei confronti degli immigrati.

Immigrati verso i quali si pensa ad una “cittadinanza del ventunesimo secolo” ed ai quali si chiede un atto volontario di amore per il paese nel quale si è nati o che si è scelto come propria patria.

A questo modo “nuovi e vecchi italiani posso ritrovarsi uniti”, nella nuova prassi della cittadinanza “nazionale ed europeista al tempo stesso”.

La destra italiana, in particolare quella che dal 1995 si è riconosciuta in Alleanza Nazionale, avrebbe intrapreso un lento lavoro di revisione critica che, negli ultimi tempi, ha conosciuto un'accelerazione, permettendosi di porsi in sintonia, sul piano ideale, dei programmi, dello stile e della mentalità, con le esperienze europee di “destra nuova” (da Sarkozy, a Cameron, ai moderati svedesi di Reinfeldt).

Come mostrerebbe, del resto, su di un versante diverso, il lavoro nel senso della revisione dell'ortodossia ideologica liberista, avviato dal Ministro dell'Economia.

Dove il Ministro dell'Economia, può rappresentare anche quel raccordo con il Nord e con la Lega necessario per riequilibrare il tradizionale insediamento sudista di AN.

Questo, dunque, riassunto molto schematicamente il livello dello scontro a destra, verso il quale sarebbe davvero un errore rispondere con l'idea della riforme costituzionali “condivise”, perché il solo terreno possibile, in queste condizioni, per andare ad un confronto sarebbe quello del completamento dell'ipotesi gollista (non a caso la Bicamerale D'Alema nel 1997,prevedeva il semipresidenzialismo alla francese).

In quel modo non si possono creare alcune condizioni per una normalizzazione del sistema politico italiano.

Quale proposta potrebbe allora essere avanzata, per fare in modo che lo scontro si chiarisca fino in fondo e maturino condizioni diverse?

Restiamo nel campo della politica istituzionale: l'idea potrebbe essere quella di una forte campagna per la modifica della legge elettorale in senso proporzionale; il modello tedesco (si potrebbe discutere sulla soglia di sbarramento) potrebbe essere utilizzato al proposito, anche perché comprende un altro elemento molto importante al fine di affrontare la prossima fase politica; quello dello svincolarsi dalla imposizione relativa alle coalizioni necessariamente costruite prima delle elezioni.

Un ritorno all'indietro per molti, un passo verso la chiusura dell'infinita transizione per altri.

Savona,  30 Dicembre 2009                                                             Franco Astengo