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Documenti che dovevano restare segreti

Ex “fogna” dell’”asilo story” di Loano

Loano -  <La storiaccia dell’asilo infantile più si approfondisce e più assume l’ aspetto di un bubbone pazzesco; in effetti la lunga latitanza dei media mi ha lasciato interdetto, tra l’altro con processo in corso e gran parte della documentazione disponibile, persino nei tormentati procedimenti davanti al giudice del Lavoro>.

E’ il commento di un penalista savonese, di lungo corso, al quale ci siamo rivolti per consigli. Anche il giornalista più di una volta ha bisogno di suggerimenti, confronto di idee, su fatti, atti, documenti, testimonianze, risultanze di indagini e processuali. Sia in materia civile, sia penale.

Avevamo già scritto che in oltre 40 anni di attività giornalistica in questa provincia, mai si era assistito ad un processo (presunti maltrattamenti a minori dell’asilo e atteggiamenti verbali di razzismo) dai contenuti e retroscena tanto sconcertanti. 

 Non solo la mortificazione delle coscienze: mai avremmo immaginato di leggere verbali che fanno rabbrividire anche per le persone chiamate in causa, il loro spessore, i loro ruoli pubblici. Non ci interessa la vita privata. Né il pettegolezzo da paese.

Il lungo, obiettivamente difficile, cammino della giustizia verso la quale siamo in molti ad avere fiducia, a credere, dovrebbe dare ai cittadini una risposta sulla “verità giudiziaria”. E’ necessario, ci ricordava ancora il penalista, attenersi fedelmente agli atti disponibili. Senza insinuare, né divagare.

Se il lungo silenzio dei media locali, se la notizia è stata ritenuta di scarso interesse da chi ha il dovere di informare lettori ed opinione pubblica, può lasciare increduli, interdetti, senza risposte convincenti, non ci resta che proseguire nel nostro lavoro come abbiamo fatto nelle precedenti puntate. Descrivere e far parlare i fatti.

Non dobbiamo vendere copie, né spazi pubblicitari, né un bilancio da rispettare, siamo un blog di volontari ed ognuno ci rimette tempo e denaro, passione civile  e ci sono tanti esempi, ancora più meritevoli.

In questa puntata dell’”asilo story”, riproduciamo alcuni documenti del processo in corso al Tribunale di Albenga, iniziato formalmente nel novembre 2007, con una decina di udienze e che proseguirà  il prossimo 22-23 aprile 2010.  Con una certezza. Dopo il “caso e cupo silenzio” sollevato da Trucioli Savonesi,  saranno presenti in udienza – contrariamente a quanto accaduto finora – corrispondenti, giornalisti.  

Nell’allegato numero uno (vedi…) è riprodotto il registro di protocollo informatico che al punto 13 indica la data in cui è stata spedita la lettera-denuncia dei maltrattamenti, visti e sottoscritti dal presidente Emanuele Caglieris.

Ricordiamo che all’inizio di settimana, a seguito di un esposto-denuncia, con espressa richiesta presentata oltre un anno fa da Stefano Ferrari, presidente della Fondazione “Simone Stella” è stato sequestrato un computer, il cui hard disk dirà o meno se la data della denuncia è del 15/16 febbraio 2005, come sostiene Caglieris o del 14-15 giugno 2005, secondo la tesi di Ferrari.

La Cooperativa Quadrifoglio si sarebbe mossa su segnalazione telefonica e non su lettera scritta. Ciò sarebbe avvenuto, con mesi di ritardo, perché nel frattempo era scattata una causa di lavoro, con licenziamento da parte della Cooperativa, della dipendente-socio Federica Puzzo, oggi imputata, ma che risulta anche promotrice della nuova Cooperativa “Arcadia”, alla quale la giunta comunale ha affidato altri incarichi e di cui risulta amministratore Aldo Genesio, già segretario della Fondazione Stella all’epoca dei fatti e al centro di denunce, querele, esposti. Tra gli accusatori di Caglieris. Un esposto di Genesio è stato archiviato dall’autorità giudiziaria, ma che alla luce del sequestro del computer e altri documenti potrebbero scaturire nuove iniziative.

Nello stesso foglio viene riprodotto il registro di protocollo cartaceo, utilizzato da sempre alla Fondazione. Fogli “mobili”, non numerati in origine. Da esso risulta che  al protocollo 13-1 non esiste la denuncia di Caglieris, ma la contestazione di una fattura telefonica.

Aggiungiamo che (leggendo gli allegati esistono due lettere, una protocollata 13/2005 (vedi) del 21 febbraio  destinata alla H3G Spa, oggetto contestazione fattura e firmata autenticamente da Caglieris, mentre il 13 -1 del protocollo cartaceo porta la data (vedi)  8 aprile 2005, pure contestazione fattura, ma la firma come emerge anche a vista non è stata apposta da Caglieris, pur risultando firmatario.

Nell’allegato due (vedi…) la lettera che Emanuele Caglieris sostiene di aver consegnato al segretario Genesio, per il protocollo e il successivo inoltro alla Cooperativa Quadrifoglio, in cui si segnala l’episodio di violenza su un bambino di cui è stato testimone. A seguito del quale avrebbe scoperto l’esistenza – emerge dal processo – di altri episodi ed altre piccole “vittime”. Nel silenzio, fino a quel momento generale. Solo mugugni e “voci”. Anzi, il tentativo di mettere tutto a tacere.

Nell’allegato tre (vedi), le tre pagine, della lettera esposto del segretario Aldo Genesio.

Ci sono riferimenti incredibili di asserite e presunte falsificazioni che sarebbero state operate dal Caglieris nel registro di protocollo dell’anno 2005. Il ritrovamento nel cestino di un foglio a conferma del “falso” (presunto fino a questo momento).

Aspetto che sarà verificato, dopo una prima archiviazione già avvenuta, attraverso il sequestro e l’esame del computer stesso da parte dei tecnici.

Ovviamente nulla inficia, in questo stralcio, la sussistenza o meno dei maltrattamenti sui quali deve essere pronunciata ancora una sentenza. Genesio indica tutta una serie di comportamenti “illeciti o illegittimi” che sarebbero stati messi in atto con la presidenza Caglieris, che aveva sostituito il presidente dimissionario Ferrari, su indicazione della giunta comunale del sindaco Vaccarezza.

Ad accusare Caglieris ci sono pure esposti e rilievi ufficiali di componenti dello stesso consiglio della Fondazione, allora in carica.

Non si può escludere che nuovi stralci e allegati possano portare ad approfondire aspetti di rilevanza penale, ammesso che non siano nel frattempo prescritti o non più perseguibili come presunto reato. Tra l’altro, l’Ipab è passato da ente pubblico, ad ente privato. Di certo fatti penalmente rilevanti, se accertati, sarebbero avvenuti pure a palazzo Doria, sede del Municipio, quando il Simone Stella era “ente pubblico”.

L’allegato quattro (vedi….già riprodotto sul precedente numero di Trucioli) lo riproponiamo isolato ad una sola pagina, affinché chi ha interesse lo legga, con molta attenzione. Parlare di sgomento sul piano etico-amministrativo forse non da l’idea della gravità del contenuto.

Emanuele Caglieris ha ripetuto in udienza pubblica, alle contestazioni degli avvocati, nelle precisazioni scritte a Trucioli, che la sua testimonianza- nota nel momento del deposito degli atti processuali, due anni fa, dunque in possesso di difensori, parti civili-parti lese – non gli <ha provocato nessuna querela>.

Mai, a Loano, si era toccato il fondo con le cose che possiamo leggere in un verbale processuale. Sarà la giustizia, magari in più gradi di giudizio, a concludere scrivendo la “verità processuale”.

Perché tutta la vicenda, come emerge in altri documenti di cui daremo conto, avrebbe dovuto passare sotto silenzio? Una bolla di sapone che si sarebbe sgonfiata e <i giornali non ne parleranno>, risulta dagli atti. Qualcuno millantava protezioni fantasiose? E dal momento che in parte è avvenuto, cosa dedurne?

Purtroppo, e accade di frequente, il diavolo fa le pentole, dimenticando a volte il coperchio. Ma è solo un detto popolare.

L.Cor.