BAGATTELLE PER UN MASSACRO MEDIATICO
di Fulvio Sguerso
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Viviamo in tempi oscuri e difficili per gli
animali dalle guance rosse di vergogna; cioè per
quegli uomini ancora capaci di vergognarsi di
quello che fanno ai loro simili - quindi, di
riflesso, anche a se stessi – quando,
sia pure avendo agito in buona fede, si
accorgono di aver danneggiato invece che aiutato
il prossimo. Viviamo in tempi anche di
perversioni semantiche (e non solo) dal momento
che è possibile definire onestà professionale e
addirittura “coraggio” la tardiva e
opportunistica
ritrattazione che il disinvolto e
battagliero - a dir poco – direttore de
Il
Giornale, Vittorio Feltri, ha creduto bene
di scrivere
e piazzare in prima pagina,
a
conclusione, a quanto pare, di lunghe trattative
con i legali dell’ex direttore dell’Avvenire, Dino Boffo, dimissionario e dimissionato in seguito alla
gogna mediatica imbastita
tre mesi or sono dallo stesso Feltri.
Ritrattazione o “pentimento” dovuto, più che a
un improbabile e vistosamente incongruo scrupolo
deontologico (salvo folgorazione sulla via di
Damasco) con maggior verosimiglianza
all’opportunità di stornare più gravi
conseguenze, quali una condanna al risarcimento
per diffamazione a mezzo stampa e la probabile
radiazione dall’Ordine dei giornalisti.
Illazioni malevole dettate dal pregiudizio o
dall’antipatia nei confronti di un probo e
“coraggioso” giornalista che “non guarda in
faccia a nessuno”? Tutto può essere, ci mancherebbe; tra l’altro chi stigmatizza non può - e non deve – sottrarsi al rischio di essere a sua volta stigmatizzato; nondimeno questa improvvisa riapertura e chiusura del caso Boffo ha tutta l’aria di un gentlement’s agreement in cui non dovrebbe essere difficile, a questo punto, distinguere tra chi è galantuomo e chi, diciamo così, soltanto uomo. |
Ma da cosa viene tanta diffidenza? Perché non credere alla buona fede del direttore de Il Giornale? Non si vorrà per caso insinuare che il quotidiano diretto da Feltri sia più che altro un bollettino di guerra mediatica, e quindi che persino un dovuto atto di ammenda, sia pur un tantino procrastinato, venga subito letto come una calcolata mossa “politica” o “diplomatica”? Sarà, ma come non notare la stranezza di quella lettera al direttore di una “gentile signora”, messa in evidenza in prima pagina, venerdì 4 dicembre, in cui si chiede conto, dopo tre mesi, del “fracasso mediatico” provocato da una vicenda tutto sommato modesta e trascurabile come quella in cui fu coinvolto l’allora direttore dell’ Avvenire, e la pronta e meditata risposta riparatoria e giustificatoria dell’onesto giornalista Feltri che ammette di essersi leggermente sbagliato nello stigmatizzare Dino Boffo quale “noto omosessuale attenzionato dalla polizia”? Bagattelle, nevvero? E come è potuto accadere? E’ accaduto, si giustifica Feltri, perché l’informativa - cioè la famosa lettera anonima - gli era stata consegnata da un “informatore attendibile, direi insospettabile (carino questo ‘insospettabile’), la fotocopia del casellario giudiziario che recava la condanna del direttore per molestie telefoniche (dunque non sessuali). Insieme un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali”. E poi anche per gli scrupoli, diciamolo pure, eccessivi di quel benedett’uomo di Boffo che ha voluto segretare il fascicolo processuale: “se lo avesse reso pubblico – argomenta Feltri – avrebbe consentito di verificare attraverso le carte che si trattava di una bagattella e non di uno scandalo”. Insomma, talvolta conviene mettere gli scrupoli da parte per non depistare indagini giornalistiche forse tendenziose ma a fin di bene. Così è, se vi pare. Ad ogni modo, meglio tardi che mai. Peccato che a causa della violenta, e, oggi possiamo dire, infondata campagna de Il Giornale di tre mesi or sono, sia andata distrutta la carriera di un galantuomo e di un “giornalista prestigioso e apprezzato”. Parola di Vittorio Feltri. E, se lo dice lui, possiamo crederci. FULVIO SGUERSO
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