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 La “first lady” vuole tre milioni e mezzo di euro al mese dal povero cavaliere per la sua buonuscita dal tetto coniugale.

 

L'AMORE NON SI PUO' COMPRARE.

PER TUTTO IL RESTO

C'E' MASTER SILVIO CARD

 di FRANCO IVALDO *


Veronica Lario
 

COME diceva il poeta greco, Omero , ho sempre creduto ciecamente nelle affermazioni dei quotidiani. E' stato così che, leggendoli, ho appreso non senza sgomento che la first lady, Veronica Lario, aveva fatto chiedere dai suoi avvocati 3 milioni di euro al mese a Reo Silvio, come buonuscita. I giornali - pressoché unanimi, anche se uno aveva scritto che i milioni erano tre e mezzo, cifra poi spudoratamente confermata  - riferivano con scrupolo che la controparte, vale a dire i legali del cavaliere, avevano fatto una controproposta al ribasso (trecentomila euro al mese). Non che fossero bruscolini. Qualcosa come trenta secoli  di una pensione dell' Inps, ma comunque c'era di che campare per una ex moglie e per la sua discendenza.

Tra moglie e marito, non mettere il dito. Non è sul merito della vertenza che intendo soffermarmi e mettere il dito. Sulle cifre da scandalo invece sì, mentre c'è gente che non riesce ad arrivare a fine mese.

E' importante, comunque, sottolineare come il denaro non faccia la felicità, come diceva sempre Rockfeller. Quei due, infatti - scrivendolo mi vengono le lacrime agli occhi dalla tristezza e dalla commozione - non si amavano più. E dire che un tempo si amavano come Giulietta e Romeo, come Tristano e Isotta, come Dante e Beatrice, come Cecchi Gori e Valeria Marini.

L'amore - è noto - non si compra. Non si può comprare. Per tutto il resto c'è Master Silvio Card.

Sono sicuro della buonafede di entrambi. La first lady sicuramente ignorava di essere seduta su una miniera d'oro. Non lo sapeva, poverella. Quando lo ha scoperto, ha detto agli avvocati di procedere e di cominciare a scavare nel passato del cavaliere. Così, a quanto pare, da dama di cuori è diventata dama di denari. Dire che lui l'aveva conquistata quando non era ancora maggiorenne con un bouquet floreale (dama di fiori) ed offrendo un sacchetto di caramelle. Caramelle ad una minorenne. La cosa era già sospetta, ma lei non lo sapeva.  Era troppo innamorata di quel grande uomo.

Poi, tutto di un tratto e nessuno sa perché,  non andavano più d'accordo e lei gliene ha dette quattro, mandandolo a quel paese  (divenendo così dama di picche e di ripicche). E lui presidente del Consiglio di quel paese.

Insomma, un intero mazzo di carte da gioco. Il cavaliere non poteva tollerare – dato il suo carattere scontroso – di essere considerato come il due di briscola. Voleva essere sempre l'asso pigliatutto.

Nella partita a scopa erano in pochi a batterlo ; ma non poteva sempre essere una partita a poker o a ruba mazzetto. Volendo primeggiare, vinceva facendo sempre primiera. Non trovava avversari alla sua altezza. Difficile giocare con Renato Brunetta.  Difficile giocare a settebello con Ignazio La Russa.

Ma, come diceva Moggi, lasciamo stare le partite.

Torniamo al divorzio del secolo.

A mio modesto parere, la richiesta di buonuscita  matrimoniale della signora Veronica Lario, dovrebbe essere di buon esempio per quei lavoratori italiani che – tutto l'anno – sgobbano per stipendi da fame o per liquidazioni da mensa dei poveri a vita. In modo da continuare a saltare la pausa pranzo e forse persino la cena. Non sarete seduti su miniere d'oro, ma chiedete di più ai padroni anche voi lavoratori italiani, date retta! Invece di fare i girotondi in piazza andate un po' a vedere se non ci sono Van Gogh, Cézanne, Monnet, Modigliani, Picasso, Raffaello, De Chirico, Braque, Renoir, nelle cantine dei vostri cari padroni tipo il callista Tanzi (Parmalat); quel Callisto che ai risparmiatori italiani oltre ai calli gli ha tolto persino le braghe. Per poi nascondere quadri di grandi pittori in cantina, quadri miliardari, in modo da non risarcire i derubati. Ma torniamo alla first lady.

Signori della corte - comincia la arringa di perorazione ai luca giurati-  se una moglie separata si becca tre milioni e mezzo di euro al mese, cosa dovremo dare a Bruno Vispo per non costringerlo un giorno ad andare a mendicare di porta in porta ?

Oppure ad Emilio Fido che sul Tg4 si è sempre fatto in quattro per la voce del padrone,  per non obbligarlo ad iscriversi all' ente comunale di assistenza dei giornalisti ? O al ministro Bondi per consentirgli , finalmente, di frequentare le scuole serali e farsi una Cultura?  Guardate cosa vi dico: persino i suoi oppositori hanno diritto ad una vecchiaia serena e perciò occorre essere previdenti e farsi pagare finché si è in tempo. Prima che tornino Visco e Padoa Schioppa. Quelli sanno solo incassare le tasse, ma quanto a pagare non hanno la Master Silvio Card, diciamo la verità. E neppure il “tesoretto” di Giulio Tremonti. Guardate come si è ridotto Piero Fassino a forza di stare con loro e di dover tirare la cinghia.

Spero non vorrete ridurre sul lastrico Michele Santoro, che già è costretto a fare dei sacrifici di bilancio da anno zero.

E' vero che tutti i giorni si informa sulle condizioni di salute del cavaliere, perché sa benissimo che se non ci fosse lui, resterebbe disoccupato. Anche  a Marco Travaglio – per dirla tutta – se gli togliessero Berlusconi , verrebbe a mancare il travaglio. Per non parlare di Vauro che sarebbe costretto – anziché fare la caricatura a lui – a fare il ritratto a Rosy Bindi per la galleria degli antenati. Ad Antonio Di Pietro toglierebbero il travaglio ed anche il bavaglio.

Ma soprattutto, ripeto, bisogna pensare alla vecchiaia. Alla nostra, perché alla loro quelli ci pensano eccome. Lavoratori, date retta, unitevi!  Siate  svegli e consapevoli come Luca Giurato a Uno Mattina!

E', dunque , giusto che il supporter come l' avversario abbiano la giusta dose, come diceva la sindacalista Giovanna d'Arco, eroina della Cgil o della Cisl, adesso non ricordo.

Comunque, è importante ribadire che la libertà di stampa non si compra.

Lo sanno benissimo i giornalisti dell'opposizione, come quelli che per vivere devono fare ricorso alle collette  ed alle raccolte di fondi benevole promosse dall ' ingegnere Carlo De Benedetti. Quest'ultimo – in attesa dei 750 milioni di euro in arrivo dalla Fininvest -  è costretto, appunto a fare delle collette di sterline tra  i professori e gli studenti di Oxford, dove tiene di tanto in tanto una conferenza, per dire che in Italia la libertà di stampa è seriamente minacciata. Ma tutti, quando si tratta di battere cassa si rivolgono a lui: lombardi, veneti, siciliani, pugliesi, calabresi. Portaborse,  parlamentari, clan degli europarlamentari, la casta dei privilegi al gran completo. Chi più ne ha più ne metta, così non si sbaglia e non lascia fuori nessuno.

E' inutile – come l'amore – la libertà di stampa non si compra.

Per tutto il resto, c'è Master Silvio Card.

Ma il guaio è che lui – come ha rivelato a Novella Duemila il suo analista – comincia ad avere delle crisi di identità.

“Chi sono io ? - l'hanno sentito urlare  – babbo Natale ?”

Strano ma a volte assomiglia persino ad un contribuente italiano in vena di lamentele: “E io pago!”


Guglielmo Epifani

Poi ci sono quelli che non sono mai contenti.

Come Santo Stefano Epifani della Cgil.

“ Siamo nel pieno tunnel della crisi, sempre più nera, sempre più grave. Babbo Natale – ve lo dico io – quest'anno non vi porta nulla ! E' inutile che guardiate sotto l'albero. Quello non fa regali. Non vi saranno doni. Andrà sempre peggio. Non aspettatevi niente nemmeno dalla befana. Sarà un'epifania di guerra. L'ha riconosciuto anche lui; da guerra incivile. Non guardate nella calza, perché intanto troverete soltanto carbone. Non è che io sia un pessimista, che veda tutto nero. C'è la crisi energetica. Manca il petrolio, è già un miracolo che la befana trovi un po' di carbone. Ve lo dico io, la festa è finita.

Il peggio deve venire. Il più brutto deve ancora arrivare!”

Proprio in quel momento, il caporale Ignazio La Russa stava entrando in caserma – battendo i denti dal freddo – ma quello (gridava) manco il carbone ci ha mandato quest'anno!

“Per forza! Ho dovuto mandare tutto al presidente Obama ed al suo consigliere speciale, il governatore dell'Oklaoma, Walter Veltroni che stavano morendo di freddo nella sala ovale della Casa Bianca di neve. Non avevano neppure i dollari per comprarsi i ramoscelli di Visco.”

“Allora sarà un Natale di guerra!” constatò con la voce rotta dall'emozione La Russa.

“Sì, me lo ha confermato anche il mio carissimo amico Putin. Si è esaurito il gas siberiano e pure quello canadese. In quest'ultimo caso, la  colpa è tutta delle giubbe rosse. Dopo di me - lo ripeto ancora una volta - il diluvio! ”

Per premunirsi, Francesco Rutelli e Noé Tabacci, a Parma, procedettero immediatamente al varo dell'Arca dell'Alleanza per l'Italia.

Intanto, cominciavano a piovere voti leghisti di protesta. Molte regioni - erano le regionali di marzo - erano inondate dai voti della Lega e la piccola vedetta lombarda, Umberto Bossi, gridava: "Ecco il diluvio di voti, come avevo visto da lontano. La diga della pazienza lombarda si è rotta." 

 “Mancano i fondi !” gridavano i ministri dissidenti, capeggiati dal rivoluzionario veneto Renato Brunetta, il quale accusava Giulio Tremonti di non essere all'altezza della situazione e di volere tenere tutti per sé i quattro milioni di euro dello scudo fiscale.

“E' un avaro ed ha stretto i cordoni della borsa!” accusavano tutti i membri del gabinetto.

Intanto, crollavano le borse e da Dubai l'emiro diceva che i suoi casinò erano rimasti vuoti perché gli altri emiri gli avevano detto:

“Col cavolo che quest'anno ti portiamo i nostri petroldollari. Emiri sì, ma mica fessi. E poi, l'energia non si compra. Per tutto il resto rivolgiti a Super Silvio, meglio ancora usate la Master Silvio Card per gli acquisti natalizi...”

L'ambasciatore a Dubai ottimista come al solito aveva telegrafato a Palazzo Chigi: “Non ci sono petrodollari, in giro non c'è liquidità ma  spero che non vorremo mica perderci in un bicchiere d'acqua!”


Emma Marcegaglia

Così il governo – raccogliendo il prezioso suggerimento – decise di liberalizzare la distribuzione dell'acqua potabile, finita in mano ai privati.  

Privati di tutto, anche quelli del PD prendevano l'assegno di sussistenza che, sottobanco, passava lui e che, a volte, lasciava cadere nelle urne delle Primarie, una loro vecchia fiamma, Sua Sufficienza, Gianfranco Fini.

Le reti private non pescavano più telespettatori e si rivolgevano a Sua Emittenza per un obolo, in modo da tirare avanti in qualche modo.

La dama della carità, Emma Marcegaglia, diceva che la Confindustria aveva ormai la canna del gas in bocca.

“Beati voi che almeno non vi hanno tagliato il gas. Eppoi, siamo riusciti a piazzare Antonio Tajani a Bruxelles all'Industria, dopo che si era occupato come commissario europeo ai Trasporti. Lì farà meno danni, visto che l'Industria chiude.”

Tajani e chi diavolo è ? Io non l'ho mai visto né conosciuto...” aveva gridato la Marcegaglia. La presidentessa era anche preoccupata per la bolla di Dubai che – malgrado il lifting – rischiava di farle cadere le Borse sotto gli occhi. “Che fa sto' Tajani. Chi l'ha mai visto ?” gridava la Marcegaglia, incazzata nera, sperando almeno nel rialzo delle Borse.

“Strano – aveva detto Silvio - da Bruxelles mi hanno detto la stessa cosa. Ma chi è 'stò Tajani, l'uomo invisibile ?” Dalla Fiat, avevano fatto sapere che l'ultima volta che l'avevano visto scendeva da un'auto vuota, parcheggiata davanti a Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea.

Dalla confcommercio e dalla confartigianale erano lamentele serie.

”Non abbiamo ancora visto un soldo e siamo già ai saldi!”

L'unione dei calzolai aveva fatto sapere: “Qui non si batte chiodo! E noi non vogliamo fare le scarpe a nessuno...”

“Nemmeno io!” aveva detto Di Bella che aveva appena preso il posto del silurato Ruffini a rete tre.

Ma un punto rimaneva fermo ed incrollabile: “E' la libertà di stampa, bellezza!” gridavano in piazza i giornalisti.

La libertà dell'informazione non si può comprare. Per tutto il resto, c'è Master Silvio Card. Gianfranco Fini chiedeva tonnellate di legna per ravvivare la fiamma nel caminetto della Camera. I camerieri e gli uscieri  nella “buvette” di Montecitorio chiedevano mance favolose per un cappuccino, servito di mala grazia. E  in più non restituivano mai   Il Resto del Carlino d'oro che lui aveva diligentemente scucito dalle sue tasche bucate.

Persino un crocefisso gli aveva parlato come faceva quello di Don Camillo: “Silvio – gli aveva detto – tu hai,  non solo le tasche, ma anche le mani bucate!”

Lui, in certe giornate, faceva venire in mente il principe De Curtis oppure un contribuente ormai ridotto sul lastrico. O sul marciapiede come Piero Marrazzo, che si era perso nel quartiere dei trans e per uscirne aveva chiesto   l'aiuto dell'ex portavoce di Romano Prodi, di cui non ricordo il nome e probabilmente non se lo ricorda nemmeno lui. Comunque, a Marrazzo gli aveva mandato subito una mappa della città di Roma.

Il cavaliere, servitore pagante,  si lamentava sempre; uh, quanto si lamentava facendo ogni giorno penitenza per espiare i suoi peccatucci sui generis, per così dire più nazional-popolari. Intanto, firmava assegni, distribuiva bonus e cercava di uscire dal labirinto delle carte bollate che si accatastavano sulla sua scrivania di mogano accanto al caminetto nobiliare con uno stemma araldico  che raffigurava una mano che stringeva una penna d'oca (per firmare gli assegni) in campo azzurro e tre mazzi di carte per raffigurare il Lodo Alfano (il gioco delle tre carte). Pile di scartoffie messe sempre in ordine dai maggiordomi tuttofare di Palazzo Chigi. Alla sera, per rilassarsi un po', si guardava tutti gli attori del Teatrino della politica su tutte le reti unificate Rai e Mediaset.

Così facevano prima: i minuti contati a ciascuno e tutti apparivano a turno sulla passerella del Teatrino della politica, mentre gli italiani non ne potevano più dal ridere. Per divertirli, lui non badava a spese.

“E io pago!”  ripeteva , però, molto spesso e con aria corrucciata.

Spatuzza aveva detto che aveva pagato anche la mafia, pensate un pò. Per smentirlo seccamente, aveva mandato in Sicilia il ministro Maroni che era tornato con due grossi pescicani mafiosi presi all'amo con le pinne nel sacco, proprio nel giorno in cui i piazzisti di De Petrus manifestavano a Roma.

Miracoli della Master Silvio Card!

Persino Hillary Clinton l'aveva accusato di aver reso più cattive le toghe rosse, le quali – per vendicarsi – avevano condannato una cittadina americana.

 Lui aveva cercato di giustificarsi, asserendo che se le toghe rosse di Perugia avessero assolto due bianchi, dopo aver condannato a trent'anni un nero, sarebbero state accusate – anziché di errore giudiziario - addirittura di razzismo. Sarebbe andata, dunque, ancora peggio per gli Stati Uniti.  In ogni caso, assoluzione o condanna, la sentenza di Perugia non sarebbe piaciuta ad Obama. Il governatore dell'Oklaoma, Walter Veltroni, dalla sala ovale interrompendo la partita a poker del sabato sera con Obama, fece sapere ad Hillary Clinton che, stavolta, le toghe rosse di Perugia avevano avuto ragione; ma che il cavaliere poteva, comunque, pagare una multa come fidejussione, in attesa della sentenza d'appello.

“Insomma, io pago, pago sempre per tutti. Porca miseria!” gridava il cavaliere.

Sembrava il ragionier Fantozzi.

Faceva davvero pena, se devo dire tutta la verità; nient'altro che la verità.

 “Povero Silvio !” come andava ripetendo sconsolato il suo amico e biografo ufficiale Cornacchione in un talk-show a “Zelig” . E come riconosceva Beppe Grillo, ogni giorno, sul suo blog parlante, nella hall del suo hotel di lusso a cinque stelle.

Pierluigi Bersani aveva rassicurato tutti: “State tranquilli, il Re Sole è ormai al tramonto...”

“Sì, ma dopo di lui il diluvio...” aveva precisato Paolo Bonaiuti.

Francesco Rutelli e Noé Tabacci: “Abbiamo costruito giusto in tempo l'Arca dell'Alleanza per l'Italia! ”

“Aspettateci, saliamo anche noi” avevano gridato quelli del PD.

 Scherzi a parte, anche dal sottoscritto  buone feste a tutti.

         *Franco Ivaldo è giornalista e scrittore. Autore del libro “Inchiesta sul delitto Pertinace. Il ligure che divenne imperatore di Roma”. Fratelli Frilli Editori. Genova.