Ronde di ieri e di oggi:
quale modello di sicurezza per il
paese?
di Daniele Tissone
Le scarse
domande presentate nel Paese presso gli Uffici
Territoriali del Governo (Prefetture),
all’indomani della “regolarizzazione” delle
associazioni di volontari che dovrebbero, un
domani, occuparsi della sicurezza nelle nostre
città, apre una discussione in relazione al
“collante” che legava l’esperienza delle ronde
cittadine sorte nel passato al nord nonché cosa
queste rappresenteranno in futuro alla luce,
anche, delle norme tese a regolamentarle “ex
novo”. |
In sostanza la
domanda potrebbe essere: terminato “l’aspetto
ideologizzante” che storicamente caratterizzava
le medesime, quale connotazione assumeranno
domani tali associazioni che ambiscono a
ritagliarsi uno spazio nel panorama della
sicurezza cittadina?
Probabilmente
solo con il trascorrere del tempo potrà essere
chiaro il reale impiego di esse unitamente ai
costi di gestione necessari al loro
mantenimento.
In proposito,
qualora dette risorse fossero a carico della
collettività, ciò ci induce a domandarci:
perché, allora, non provare a rafforzare gli
attuali apparati deputati alla sicurezza nonché
alla amministrazione della giustizia?
E ancora, in una
materia così complessa e delicata quale la
sicurezza dei cittadini non sarà anche il caso
di individuare, imponendole, in capo a soggetti
a cui si demandano compiti simili, specifiche
garanzie quali professionalità e imparzialità?
Tali requisiti
non possono che essere ritenuti indispensabili
quanto essenziali in una particolare simile
attività che coinvolge le persone e la società
tutta, mansioni che, lo si voglia oppure no,
vanno affidate a chi, per mandato, è deputato a
garantirle, anche in relazione a particolari
obblighi di legge e mi riferisco, anche
stavolta, alle forze dell’ordine. |
Non si discute
della bontà in termini di motivazione o delle
qualità morali dei singoli che andranno a
comporre queste associazioni (sicuramente in
molti casi si tratta di persone oneste ed
equilibrate), qui si parla, in particolare, di
capacità professionali che scaturiscono da una
specifica preparazione e da aggiornamenti
costanti tali da offrire garanzie sul piano
della capacità di comprendere e di considerare,
per quello che realmente sono, eventuali
possibili minacce anche solo, nel caso, di un
semplice osservatore passivo. |
All’obiezione
secondo la quale le ronde costituirebbero una
sorta di “sicurezza aggiuntiva” alle forze
dell’ordine è facile rispondere che, meglio di
questo, sarebbe investire sulla sicurezza
primaria (polizia, carabinieri e guardia di
finanza) impedendo la continua diminuzione di
risorse, mezzi e uomini su tutto il territorio,
da nord a sud, dalle grandi alle piccole città
italiane.
A nulla sembrano
essere valsi gli appelli che chiedono,
soprattutto, di immettere nuove giovani forze
tra il personale - l’età media di un poliziotto
è attualmente di 45 anni -, o di invertire la
tendenza che vede una diminuzione di operatori
pari a circa 2.000 unità all’anno.
Anche la
tecnologia e i mezzi sono essenziali per la
prevenzione e la lotta al crimine ma i continui
tagli in finanziaria che vedono le forze di
polizia come un “costo” anziché una risorsa,
contraddicono quei proclami che enfatizzano non
meglio precisati interventi sul versante della
sicurezza.
Anche la
giustizia, rovescio della medaglia “sicurezza”,
non vive momenti esaltanti; sicurezza e
giustizia subiscono, ogni anno, continue
riduzioni in termini di risorse economiche
costringendo il personale a lavorare ad organici
ridotti con carichi di lavoro enormi che
generano ritardi e “disaffezione” da parte dei
cittadini che vorrebbero tempi certi per la
giustizia e interventi celeri da parte delle
forze dell’ordine.
Tutti diritti
che devono essere assicurati alle persone e, in
particolare, ai più deboli come ai più indifesi
ma con quali risorse?
Legalità e
Giustizia, pur non essendo sinonimi sono
comunque legati da comuni necessità e destini ed
hanno bisogno, per funzionare, di indispensabili
risorse e le scorciatoie non servono a fare
tutto questo, ciò che serve è potenziare gli
apparati esistenti in un comune sforzo tra
Società, Enti Locali e Ministeri per una
Sicurezza che stia al passo con le emergenze di
oggi ma che sia, anche, a “misura di cittadino”
attraverso una reale presenza sul territorio
capace di tempestivi interventi nei centri
urbani e con una Giustizia in grado di
assolvere, in tempi sempre più brevi e nei
confronti di tutti, le proprie indispensabili
funzioni.
Per questo, bene
fanno gli operatori della sicurezza a
rivendicare questo ruolo con dignità chiedendo
le giuste quanto necessarie risorse per meglio
garantire quegli aspetti legati alla sicurezza
che preoccupano i cittadini e le persone comuni,
veri destinatari della loro difficile opera. Daniele Tissone
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