Borghetto S.
Spirito-
Non siamo
esperti di lotta
alla mafia, non
conosciamo
“professionisti
dell’antimafia”,
non possediamo
il monopolio
dell’informazione
sul cancro del
Bel Paese.
Soltanto vecchi
cronisti di
strada e del
“palazzo” che
hanno scritto e
ricordano.
In questi giorni
irrompe sulla
scena delle
prime pagine il
“tema
mafia”.
Anche la riviera
savonese ha
avuto le sue
prime pagine.
Correva l’anno
1973. La mattina
del 3 maggio i
lettori liguri
hanno trovato
nelle edicole
Il
Secolo XIX
che, in prima
pagina, titolava
a quattro
colonne di
spalla (vedi....):
<Mafia
in Liguria “Ti
uccideremo se
approvi il piano
regolatore”>-
Occhiello
<Clamorose
rivelazioni a
Borghetto Santo
Spirito>.
L’esordio
dell’articolo: <Se
voti a favore ti
facciamo fuori>.
Intimidazioni e
minacce al vice
sindaco ed
assessore
anziano
Ernesto
Piccinini
che dopo ore di
cupo silenzio
ammetteva
pubblicamente: <Ho
ripetutamente
ricevuto minacce
di morte al
telefono
da
anonimi. “Se
voti a favore
del piano
regolatore,
abbiamo tutti i
mezzi per
eliminarti…”>.
Quasi
contestualmente
il capogruppo
consiliare di
maggioranza,
Guido Trucco,
democristiano di
sinistra, membro
del consiglio
regionale,
ammetteva: <A
me hanno anche
promesso una
fucilata alla
schiena>.
Chi è
interessato a
leggere il
contenuto
(vedi…)
l’abbiamo
riprodotto per i
lettori di
Trucioli
Savonesi.
Da alcuni giorni
è tornato alla
ribalta il nome
di
Guido Trucco.
Il blog “Uomini
Liberi” ha
dedicato diversi
sferzanti ed
“illuminanti”
notizie-riflessioni-commenti
sul tentativo di
un circolo di
matrice
centro-destra di
impadronirsi,
attraverso
l’utilizzo del
nome di
Trucco, del
suo patrimonio,
della sua
eredità morale
ed etica in
provincia di
Savona in vista
delle elezioni
regionali.
Proprio
Trucco che
aveva vissuto
(lo disse in una
assemblea al
Chiabrera di
Savona) la
sconfitta
all’impegno di
recuperare il
senso “alto”
della politica,
perlomeno in
chiave locale.
E’ facile
schierarsi ora
da una parte o
dall’altra. Dare
vita, forse per
scopi
inconfessabili,
a circoli
culturali “Guido
Trucco”
(progetto
naufragato).
Probabilmente
potrebbero avere
qualcosa da
dire, da
raccontare
con
cognizione di
causa coloro che
vissero gli anni
dei primi piani
regolatori
anticemento (non
da
ambientalisti,
bensì da
osservatori) di
fatto
trasformati in
allegri
strumenti di
scorribande. Con
ingenti e quasi
sempre anonimi,
spudorati
profitti
sconosciuti al
fisco.
I
Piccinini, i
Trucco,
nella
concretezza,
furono lasciati
abbastanza soli.
<Da
quando mi sono
schierato –
ricordava con un
certo sconforto
Piccinini,
il figlio
Giacomo è
assessore in
Comune a Loano,
prima nelle file
dell’Udc,
emigrato nella
Casa della
Libertà –
ho ricevuto
soprattutto
insulti e
pernacchie,
pochi
incoraggiamenti>.
Il sindaco in
carica,
Tito Reale,
un galantuomo
con la G
maiuscola,
confessava al
cronista: <Ho
intenzione di
rassegnare le
dimissioni a
giorni, c’è una
valanga di
progetti che
attende il nuovo
piano
regolatore.
Subiamo
pressioni
fortissime,
personalmente
non me la sento
di apporre la
mia firma
a nuove
costruzioni in
una città già
additata per la
sua “rapallizzazione
selvaggia”>.
Inutile dire che
non furono
scoperti gli
autori dei
“messaggi
mafiosi”. In
realtà era
fuorviante
parlare di “mafia
tradizionale”.
Si era semmai
creato,
sull’onda dei
fortissimi
interessi e
guadagni sul
mattone, sulle
aree agricole,
una
concentrazione
da “partito
del cemento”
formidabile.
Poteva contare
su “amici
degli amici”,
ma anche sulla
manovalanza che
ti distruggeva o
ti rubava la
macchina sotto
casa. Utilizzava
l’intimidazione.
E’ successo, con
qualche ferita,
anche al
cronista troppo
ficcanaso.
La realtà ha
dimostrato che “il
partito del
cemento”
ha preso il
sopravvento ed
oggi più di ieri
può contare su “colletti
bianchi”
della politica.
Non usano lo
strumento della
minaccia,
mettono in atto
lo strumento
della
delegittimazione
“ad
personam”.
Facendo terra
bruciata attorno
a chi assume
posizioni
intralcianti. Un
obiettivo
raggiunto e
praticato grazie
allo stato
dell’informazione
di questa
provincia e
dell’estremo
ponente.
In una realtà
mediatica
distratta, da
settembre ad
ottobre a
centinaia, forse
migliaia di
liguri,
savonesi ed
imperiesi
compresi, sono
arrivate via
mail, sulla
“posta”, pagine
e pagine di
materiale in cui
si ricostruivano
storie di
“ndrangheta, di
famiglie
mafiose. Con
tanto di nomi e
cognomi.
Inchieste,
indagini,
prescrizioni.
Tutte cose note
a chi ha seguito
la cronaca degli
ultimi decenni.
Nulla di nuovo.
Anzi, diverse
omissioni, anche
importanti.
Probabilmente è
difficile essere
informati a
dovere quando
non si conosce a
fondo il
territorio.
E’ accaduto del
resto ad un
presidente dell’Antimafia
che in una sua
visita a
Savona e
relativa
presentazione di
un libro,
avvicinato dal
cronista, ha
dato per
scontato di
<aver avuto
informazione che
tale…trovasi
tuttora agli
arresti
domiciliari>.
Mentre da oltre
un decennio è un
cittadino
libero, vanta di
essere pure
incensurato.
Accade che
qualcuno
continui ad
accanirsi su un
personaggio per
anni
al centro
delle cronache,
col rischio di
coinvolgere uno
dei figli e dei
nipoti che nulla
hanno mai avuto
da
spartire,
da vergognarsi,
come hanno
documentato le
inchieste,
indagini.
Lo stesso
personaggio
curiosamente
ignorato in
circostanze di
risonanza
nazionale.
Qualche esempio?
Il libro
di successo “La
versione di Mike”,
scritto dal
popolare ed
amato
Mike Bongiorno.
Prima edizione,
novembre 2007.
Non c’è una sola
riga del volume
di 383 pagine
della
Mondatori in
cui si racconti
il clamore che
suscitò la “Festa
da Mille ed una
Notte a Loano
per la prima
comunione di
Rita”,
titolavano a
tutta pagina
decine di
giornali
italiani. Si
parlò nei
telegiornali
nazionali di
prima serata.
Tra gli ospiti,
oltre a
Mike,
Iva
Zanicchi,
Alighiero
Noschese,
l’orchestra
Decalogo con
il cantante
Brian, il
coro
I ragazzi di
Genova in
costume locale.
La serata si
concluse, come
documentano le
foto, dopo il
pranzo per 400
invitati, con
cenetta per
pochi, nella
saletta del
G.H. Garden Lido,
dove
Mike che consumò
due uova al
tegamino,
conversava e
parlava pure di
proposte
d’affari con
Antonio Fameli,
all’epoca 39
enne agente
immobiliare
(aprile 1977),
con un
imponibile
dichiarato di 2
milione 750 mila
lire. La
conseguenza di
tanto sfarzo da
prima comunione
e da “poveri per
il fisco” furono
una serie di
accertamenti e
verifiche
fiscali che
coinvolsero gli
stessi vip
presenti alla
festa.
Perché
vergognarsi,
ignorare una
pagina di vita
terrena in un
libro di
ricordi?
Che c’è
da nascondere?
Una condanna
all’ergastolo
per delitti di
mafia, annullata
per questioni
formali dal
presidente
Corrado
Carnevale? A
chi può nuocere
a distanza di
anni?
Ed il bis del
silenzio si è
ripetuto con la
morte, nei mesi
scorsi, del
notissimo
Mike. Si è
scritto e
raccontato di
tutto sul
personaggio, ma
quelle pagine di
archivio loanese,
con
Antonio Fameli,
sono
miracolosamente
scomparse.
Gelosamente
taciute?
Rimane
abbastanza
incomprensibile
tirare oggi in
ballo un
signore,
Antonio Fameli
appunto, che fa
gli affari suoi,
vive nella sua
ex villa non più
fortezza (aveva
la guardiola
sugli alberi, e
sorvegliata da
un ringhioso
leone), dove è
stata aperta lo
scorso anno una
discoteca
tenacemente
taciuta dai due
quotidiani più
letti della
provincia.
Un blog di
Genova
continua
a sparare a zero
sulla “mafia
in Riviera”?
Forse pochi
ricordano che un
insegnante (Molle)
fu costretto a
pubblicare su
La Stampa
una lettera di
pubbliche scuse
alla
Città di Loano
ed al suo
sindaco (Cenere)
per aver usato
forse alcune
parole sopra le
righe in merito
al decoro
nell’area della
stazione
ferroviaria.
Il blog genovese
(Casa
della Legalità),
proseguendo la
sua opera di
denuncia, ha
riportato a
ripetizione
protagonisti,
fatti, vicende.
Elencando:
Borghetto,
Toirano,
Balestrino,
Loano, Ceriale
e…
I sindaci, visto
che non si
tratta di un
ciclostilato per
pochi, né di
anonimato,
non hanno
ritenuto
doveroso un loro
intervento. A
tutela del buon
nome?
L’unico che ha
reagito con una
querela,
peraltro
“frenata” da un
responso del
tribunale di
Torino, è stato
il sostituto
procuratore
della Repubblica
di Savona,
Alberto Landolfi,
decano e memoria
storica dei “fenomeni
mafiosi”
savonesi.
Noi ci fermiamo
a questo punto
perché
probabilmente
chi sa ritiene
prudente tacere.
Ci riferiamo, ad
esempio, ai
penalisti
storici. Ad
alcuni
commercialisti
“storici”. Ai
loro “segreti
professionali”.
Tra l’altro,
mentre si
“litiga
sull’omertà”, il
“partito
del cemento”
continua i
lusinghieri
successi.
Aumenta il
numero dei
proseliti.
La tutela del
territorio, a
tutela delle
future
generazioni e
della
sopravvivenza
idrogeologica, è
pure un cavallo
di battaglia
perdente sul
piano
elettorale.
Fanno carriera e
conquistano
potere i “boss”
della politica
che non perdono
occasione,
soprattutto
pubblica, per
denigrare gli
“avversari”.
Questa non è la
mafia della
lupara.
Luciano Corrado
|