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La mafia munge il territorio ligure

I mafiosi non usano la lupara

La mafiosità ha già vinto la battaglia?

(Cosa accadeva a Borghetto S. Spirito 36 anni fa.  Cosa accade oggi nel ponente)

  di Luciano Corrado

Borghetto S. Spirito- Non siamo esperti di lotta alla mafia, non conosciamo “professionisti dell’antimafia”, non possediamo il monopolio dell’informazione sul cancro del Bel Paese. Soltanto vecchi cronisti di strada e del “palazzo” che hanno scritto e ricordano.

In questi giorni irrompe sulla scena delle prime pagine il “tema mafia”. Anche la riviera savonese ha avuto le sue prime pagine. Correva l’anno 1973. La mattina del 3 maggio i lettori liguri hanno trovato nelle edicole  Il Secolo XIX che, in prima pagina, titolava a quattro colonne di spalla (vedi....): <Mafia in Liguria “Ti uccideremo se approvi il piano regolatore”>- Occhiello <Clamorose rivelazioni a Borghetto Santo Spirito>.

L’esordio dell’articolo: <Se voti a favore ti facciamo fuori>.

Intimidazioni e minacce al vice sindaco ed assessore anziano  Ernesto Piccinini che dopo ore di cupo silenzio ammetteva pubblicamente: <Ho ripetutamente ricevuto minacce di morte al telefono  da anonimi. “Se voti a favore del piano regolatore, abbiamo tutti i mezzi per eliminarti…”>.

Quasi contestualmente il capogruppo consiliare di maggioranza, Guido Trucco, democristiano di sinistra, membro del consiglio regionale, ammetteva: <A me hanno anche promesso una fucilata alla schiena>.

Chi è interessato a leggere il contenuto (vedi…) l’abbiamo riprodotto per i lettori di Trucioli Savonesi.

Da alcuni giorni è tornato alla ribalta il nome di Guido Trucco. Il blog “Uomini Liberi” ha dedicato diversi sferzanti ed “illuminanti” notizie-riflessioni-commenti sul tentativo di un circolo di matrice centro-destra di impadronirsi, attraverso l’utilizzo del nome di Trucco, del suo patrimonio, della sua eredità morale ed etica in provincia di Savona in vista delle elezioni regionali.

Proprio Trucco che aveva vissuto (lo disse in una assemblea al Chiabrera di Savona) la sconfitta all’impegno di recuperare il senso “alto” della politica, perlomeno in chiave locale.

E’ facile schierarsi ora da una parte o dall’altra. Dare vita, forse per scopi inconfessabili, a circoli culturali “Guido Trucco” (progetto naufragato). Probabilmente potrebbero avere qualcosa da dire, da raccontare  con cognizione di causa coloro che vissero gli anni dei primi piani regolatori anticemento (non da ambientalisti, bensì da osservatori) di fatto trasformati in allegri strumenti di scorribande. Con ingenti e quasi sempre anonimi, spudorati profitti sconosciuti al fisco.

 I Piccinini, i Trucco, nella concretezza, furono lasciati abbastanza soli.  <Da quando mi sono schierato – ricordava con un certo sconforto Piccinini, il figlio Giacomo è assessore in Comune a Loano, prima nelle file dell’Udc, emigrato nella Casa della Libertà ho ricevuto soprattutto insulti e pernacchie, pochi incoraggiamenti>.

Il sindaco in carica, Tito Reale, un galantuomo con la G maiuscola, confessava al cronista: <Ho intenzione di rassegnare le dimissioni a giorni, c’è una valanga di progetti che attende il nuovo piano regolatore. Subiamo pressioni fortissime, personalmente non me la sento di apporre la mia firma  a nuove costruzioni in una città già additata per la sua “rapallizzazione selvaggia”>.

Inutile dire che non furono scoperti gli autori dei “messaggi mafiosi”. In realtà era fuorviante parlare di “mafia tradizionale”. Si era semmai creato, sull’onda dei fortissimi interessi e guadagni sul mattone, sulle aree agricole, una concentrazione da “partito del cemento” formidabile. Poteva contare su “amici degli amici”, ma anche sulla manovalanza che ti distruggeva o ti rubava la macchina sotto casa. Utilizzava  l’intimidazione.

E’ successo, con qualche ferita, anche al cronista troppo ficcanaso.

La realtà ha dimostrato che “il partito del cemento” ha preso il sopravvento ed oggi più di ieri può contare su “colletti bianchi” della politica. Non usano lo strumento della minaccia, mettono in atto lo strumento della delegittimazione “ad personam”. Facendo terra bruciata attorno a chi assume posizioni intralcianti. Un obiettivo raggiunto e praticato grazie allo stato dell’informazione di questa provincia e dell’estremo ponente.

In una realtà mediatica distratta, da settembre ad ottobre a centinaia, forse migliaia di  liguri, savonesi ed imperiesi compresi, sono arrivate via mail, sulla “posta”, pagine e pagine di materiale in cui si ricostruivano storie di “ndrangheta, di famiglie mafiose. Con tanto di nomi e cognomi. Inchieste, indagini, prescrizioni. Tutte cose note a chi ha seguito la cronaca degli ultimi decenni. Nulla di nuovo. Anzi, diverse omissioni, anche importanti. Probabilmente è difficile essere informati a dovere quando non si conosce a fondo il territorio.

E’ accaduto del resto ad un presidente dell’Antimafia che in una sua visita a Savona e relativa presentazione di un libro, avvicinato dal cronista, ha dato per scontato di <aver avuto informazione che tale…trovasi tuttora agli arresti domiciliari>.

Mentre da oltre un decennio è un cittadino libero, vanta di essere pure incensurato.

Accade che qualcuno continui ad accanirsi su un personaggio per anni  al centro delle cronache, col rischio di coinvolgere uno dei figli e dei nipoti che nulla hanno mai avuto da  spartire, da vergognarsi, come hanno documentato le inchieste, indagini.

Lo stesso personaggio curiosamente ignorato in circostanze di risonanza nazionale. Qualche esempio?  Il libro di successo “La versione di Mike”, scritto dal popolare ed amato Mike Bongiorno. Prima edizione, novembre 2007.   

Non c’è una sola riga del volume di 383 pagine della Mondatori in cui si racconti il clamore che suscitò la “Festa da Mille ed una Notte a Loano per la prima comunione di Rita”, titolavano a tutta pagina decine di giornali italiani. Si parlò nei telegiornali nazionali di prima serata. Tra gli ospiti, oltre a Mike,  Iva Zanicchi, Alighiero Noschese, l’orchestra Decalogo con il cantante Brian, il coro I ragazzi di Genova in costume locale.

La serata si concluse, come documentano le foto, dopo il pranzo per 400 invitati, con cenetta per pochi, nella saletta del G.H. Garden Lido, dove Mike che consumò due uova al tegamino, conversava e parlava pure di proposte d’affari con Antonio Fameli, all’epoca 39 enne agente immobiliare (aprile 1977), con un imponibile dichiarato di 2 milione 750 mila lire. La conseguenza di tanto sfarzo da prima comunione e da “poveri per il fisco” furono una serie di accertamenti e verifiche fiscali che coinvolsero gli stessi vip presenti alla festa.

Perché vergognarsi, ignorare una pagina di vita terrena in un libro di ricordi?  Che c’è da nascondere? Una condanna all’ergastolo per delitti di mafia, annullata per questioni formali dal presidente Corrado Carnevale? A chi può nuocere a distanza di anni?

Ed il bis del silenzio si è ripetuto con la morte, nei mesi scorsi, del notissimo Mike. Si è scritto e raccontato di tutto sul personaggio, ma quelle pagine di archivio loanese, con Antonio Fameli, sono miracolosamente scomparse. Gelosamente taciute?

Rimane abbastanza incomprensibile tirare oggi in ballo un signore, Antonio Fameli appunto, che fa gli affari suoi, vive nella sua ex villa non più fortezza (aveva la guardiola sugli alberi, e sorvegliata da un ringhioso leone), dove è stata aperta lo scorso anno una discoteca tenacemente taciuta dai due quotidiani più letti della provincia.

Un blog di Genova  continua a sparare a zero sulla “mafia in Riviera”? Forse pochi ricordano che un insegnante (Molle) fu costretto a pubblicare su La Stampa una lettera di pubbliche scuse alla Città di Loano ed al suo sindaco (Cenere) per aver usato forse alcune parole sopra le righe in merito al decoro nell’area della stazione ferroviaria.

Il blog genovese (Casa della Legalità), proseguendo la sua opera di denuncia, ha riportato a ripetizione protagonisti, fatti, vicende. Elencando: Borghetto, Toirano, Balestrino, Loano, Ceriale e…

I sindaci, visto che non si tratta di un ciclostilato per pochi, né di anonimato, non hanno ritenuto doveroso un loro intervento. A tutela del buon nome?

L’unico che ha reagito con una querela, peraltro “frenata” da un responso del tribunale di Torino, è stato il sostituto procuratore della Repubblica di Savona, Alberto Landolfi, decano e memoria storica dei “fenomeni mafiosi” savonesi.

Noi ci fermiamo a questo punto perché probabilmente chi sa ritiene prudente tacere. Ci riferiamo, ad esempio, ai penalisti storici. Ad alcuni commercialisti “storici”. Ai loro “segreti professionali”.

Tra l’altro, mentre si “litiga sull’omertà”, il “partito del cemento” continua i lusinghieri successi. Aumenta il numero dei proseliti.

La tutela del territorio, a tutela delle future generazioni e della sopravvivenza idrogeologica, è pure un cavallo di battaglia perdente sul piano elettorale. Fanno carriera e conquistano potere i “boss” della politica che non perdono occasione, soprattutto pubblica, per denigrare gli “avversari”. Questa non è la mafia della lupara.

Luciano Corrado