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SQUALI & SCIACALLI

 

  Marco Giacinto Pellifroni

 


M. G. Pellifroni

Nella corrente accezione simbolica squali sono quanti approfittano della propria posizione di forza per abusarne e infierire sui deboli. Sciacalli sono invece coloro che scorazzano su un campo di battaglia per pascersi dei corpi dei feriti o dei caduti.

In Italia stanno da anni imperversando gli uni e gli altri.

Squali sono le grandi compagnie che praticano tariffe in regime di apparente concorrenza, ma di monopolio reale, essendo le vittime ormai consapevoli che: a) passando ad altra compagnia, subirebbero lo stesso genere di soprusi; b) rivolgendosi alla magistratura incorrerebbero, oltre che in anni di dibattimenti in tribunale, in esiti incerti e spese certe, anche a causa della continua procrastinazione della class action.  

Giornali e TV abbondano di pubblicità con cui gli squali illudono le loro prede col miraggio di più onesti trattamenti passando dall’uno all’altro. Fatto il passaggio, i malcapitati si accorgono invece che nulla è cambiato, se non eventualmente in peggio.

Gli squali abbondano tra i fornitori di servizi, in particolari energetici e telefonici, il cui sempre più spinto affidamento ai privati aveva fatto sperare in una fine delle prepotenze degli stessi servizi gestiti da un’unica azienda pubblica. Oggi siamo passati da un regime di aperto monopolio ad uno di subdolo oligopolio.

Alla categoria degli sciacalli appartengono i sedicenti fornitori di intermediazione, che si propongono alle piccole imprese in difficoltà -oggi la maggioranza- illudendole di combinare vendite vantaggiose delle loro attività, pur in una situazione di mercato dominata dalle vendite, quindi con prezzi reali quasi fallimentari. Non mi riferisco alle agenzie d’affari che si attivano per fare incontrare possibili acquirenti e venditori, magari con un contratto di esclusiva, e col riconoscimento, ad affare concluso, di una giusta commissione; bensì a società che, vantando strutture di vendita capillari ed affermate su tutto il territorio nazionale, e addirittura internazionale, chiedono soldi in anticipo, pur essendo ben consci dell’infima probabilità di riuscire a condurre in porto la trattativa. 
Che nella maggioranza dei casi nemmeno ha inizio, in quanto nessun presunto compratore viene mai presentato al cliente. Si tratta in sostanza di una vendita di illusioni, quindi di una truffa mascherata, nella quale incappa chi si trova in cattive acque, attingendo a quel poco che gli è rimasto in cassa, nella vana speranza di uscire da un incubo fatto di mutui in scadenza, affitti arretrati, bollette inevase, ecc. Non a caso la categoria dei commercianti è quella più afflitta da quell’altra classe di sciacalli che sono gli usurai; anche se, a giudicare dall’impegno con cui la GdF si accanisce sull’emissione degli scontrini, i negozianti vengono accomunati ad altre categorie di reali evasori, quasi occultassero chissà che guadagni.
Fa specie leggere, dopo le ironie giornalistiche sui gioiellieri che dichiarano al fisco meno dei loro dipendenti, che buoni clienti dei Monti di Pietà sono proprio loro, i gioiellieri, che impegnano i loro ori per poter rinnovare l’assortimento: non tutti quanti maneggiano oro sono dei Cresi!

Tornando alle truffe, le più “furbe” sono quelle difficili da combattere sul piano legale, in quanto strutturate in modo tale da passare per forniture di servizi reali, nel caso il truffato si rivolgesse al tribunale per riavere il maltolto. Gli anticipi vengono giustificati come spese pubblicitarie, su un proprio sito Internet (a costo nullo) o sulla pagina di un quotidiano (normalmente di bassa tiratura e in coabitazione con cento altri compagni di sventura). La verità è che aziende di questo genere, una volta incassato l’anticipo, spariscono agli occhi del cliente e passano alla vittima successiva, prosperando non già sugli affari andati a buon fine, ma sulla loro illusione.

Le associazioni di categoria, come Confesercenti e Confcommercio, conoscono la situazione e, con la class action ormai ridotta a fata morgana, devono limitarsi a diffondere circolari tra gli associati per metterli in guardia da questo diffuso fenomeno. Chi c’è già cascato si ritrova con la sola arma di un’eventuale causa legale (con le limitazioni più diffusamente trattate in altro mio articolo),* per cui il più delle volte si lecca le ferite e mette anche questa fregatura nel novero di quelle che già affollano la sua passata esperienza.

 

* M. G. Pellifroni, Trucioli Savonesi # 222 del 15/11/2009, “Processi brevi (forse) – Parcelle pesanti (sempre)

 

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                           15 novembre 2009