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Basta con il “no a tutto”

di Milena Debenedetti

 

Occorre essere obiettivi. Occorre dirselo, fuori dai denti e fuor da ogni ipocrisia. Esercitiamo finalmente un mea culpa. Esiste uno zoccolo duro di negazionisti, di conservatori a oltranza, che per miopia, per egoismi personali, per attaccamento a idee superate del buon tempo antico o per obiezioni speciose, arbitrarie, fumose, qualunquiste, disinformate  e particolaristiche frenano qualsiasi progetto, qualsiasi ipotesi di cambiamento. E di conseguenza, qualsiasi speranza di progresso, sviluppo e miglioramento.  

Sono quelli dell’ostruzionismo, dell’immobilismo. Spesso hanno sponde importanti o possono esercitare ruoli chiave all’interno dell’asse politico. Spesso rendono impossibile qualsiasi difficile mediazione, che si basi su dati certi e buon senso.

Se non ci liberiamo di questa zavorra  siamo destinati a restare indietro, a un futuro di declino economico e arretratezza rispetto al resto dei paesi occidentali. 

Quante volte abbiamo sentito questo discorso, ascoltato questa lamentela! E non senza fondamento.

Ci sono casi concreti, per dimostrare come questa miopia ci impastoi in secche e lungaggini burocratiche e amministrative.

 

I rifiuti, per esempio. A lungo si è chiesto un piccolo investimento per avviare la raccolta  porta a porta, un impegno concreto con cui coincidesse una vasta campagna informativa, nei quartieri, nelle scuole, sui benefici di tale sistema,  a fronte di un piccolo fastidio iniziale e di un po’ di buona volontà.

Niente, “quelli del no” dicevano che i soldi non ci sono, che comunque non si risolve il problema, che servono in ogni caso inceneritori e discariche, eccetera.

Si sono portati esempi concreti, realtà come Vedelago, circuiti virtuosi di raccolta, riuso, riciclo che procurano  benefici economici, progresso, molti posti di lavoro, per far toccare con mano che si può, anzi si deve, che altrove si è già fatto con mirabolanti risultati.

Ma niente da fare, “quelli del no”, quelli del passato e dell’arretratezza  hanno preferito tergiversare, e così ora ci troviamo ancora il problema discariche, percentuali di differenziata bassissima, spettri di inceneritori futuri e altri molto più concreti di cdr da bruciare già ora in centrali e cementifici.

 

La mobilità urbana. In una proiezione che guarda chiaramente al futuro, si chiede di decongestionare il traffico, di scoraggiare l’uso e l’abuso dell’auto privata, incentivando i servizi. Di pedonalizzare il centro, con grandi benefici per turismo e commercio e vivibilità. “Quelli del no” preferiscono dar retta sempre e comunque al partito dell’automobile a tutti i costi. Privilegiando parcheggioni ed enormi centri commerciali che snaturano e sterilizzano la vita urbana

E sempre a proposito di turismo e commercio e vivibilità. Si era iniziata una ristrutturazione della zona del porto che stava andando benissimo, con gli anni un quartiere degradato si stava trasformando in una realtà viva e vivace, una vera novità per Savona, stimolando originali iniziative commerciali specie nel settore bar/ristorazione. Si chiedeva di continuare intelligentemente sulla stessa strada, proseguendo le illuminate orme dei nostri antenati ottocenteschi che avevano ideato, con grande lungimiranza, via Paleocapa e il centro così come oggi li ammiriamo. Di sfruttare le preziose sinergie con il Priamar e il suo enorme valore, sia di contenitore di manifestazioni, sia dal punto di vista storico archeologico.

Quelli del no hanno preferito la strada veloce e sterile  della speculazione, di torri di vetro e palazzoni minacciosi calati lì come pietre tombali, inerti e freddi, a mettere la parola fine o quasi a quella vivacità mediterranea lievemente snob, che faceva tanto Costa Azzurra. Ora fa Costa e basta, con turisti che scappano via, preferendo un semplice mercato del lunedì a tanta desolazione, mentre le ciminiere affumicano l’aria e non si pensa affatto ad altri sistemi meno inquinanti per l’energia delle navi alla fonda.

Ora si pretenderebbe di attirare attività commerciali in quell’orrido pastrocchio mal riuscito.

Pretesa assurda: prima si devono creare le condizioni, la situazione, l’atmosfera, l’ambiente giusto insomma per attirare i potenziali clienti a passeggio.  E poi gli insediamenti. Il contrario è illogico, è operazione appiccicaticcia e falsa che mostra subito tutti i suoi limiti.

La stessa cosa, per esempio, come decidere di costruire a capocchia capannoni e quartieri e servizi per “insediamenti artigianali”. E poi sedersi lì con una sedia e aspettare che gli artigiani arrivino a frotte  ad affittarsi  i capannoni. In queste operazioni guadagnano solo il costruttore e chi acquista speculando, non la città e neppure i settori produttivi. Molti capannoni restano vuoti o mal utilizzati, molto spazio prezioso è sprecato. Sarebbe meglio prima programmare, sondare il terreno per capire quanti e quali bisogni vi siano, quanti possano essere soddisfatti nell’esistente. E poi costruire di conseguenza.

Come per le case, no? Un tempo, non so se ve lo ricordate,  si faceva in questa strana maniera, costruirle quando e come servivano. Pensate un po’ che buffo.

C’è chi propone di incentivare una edilizia meno devastante, basata su ristrutturazione, riassetti abitativi, specie riducendo i volumi degli appartamenti per adattarsi alle necessità di famiglie sempre meno numerose e con meno soldi da spendere. Su interventi per riduzione dei consumi energetici e per riqualificazione con uso di energie rinnovabili. Un modo per creare e mantenere un circolo virtuoso di imprese ad alta tecnologia.

 

Niente, quelli del no continuano per la loro strada, e tanti altri palazzi ancor più fuori luogo e fuori contesto e fuori da ogni grazia di Dio, destinati a restare semivuoti e appetito di speculazione,  sono in progetto e in arrivo, a snaturare ulteriormente la nostra città togliendole quel poco d’anima che resta.

 

E si potrebbe andare ancora avanti, a descrivere progetti industriali e portuali ingiustificati, sovradimensionati, che dicono irreversibilmente “no” al futuro di una città che voglia essere vivibile per i residenti, attirare turismo e imprese, mantenere e riqualificare le proprie preziose e ormai sparute risorse di clima e territorio.

 

Tutto questo nel nome di piani industriali discutibilissimi, basati prevalentemente su concetti altamente arretrati di sviluppo, di grossi profitti che passano ben sopra le nostre teste, di pochi miseri posti di lavoro sempre a rischio e pagati a caro prezzo in termini di inquinamento, salute, danni insanabili al territorio. Con l’estrema beffa, data la crisi di sistema imperante, che tutto questo sia pure per niente, che molti progetti rimangano incompiuti, a devastazione perpetrata.

 

Bene, spero di aver dato un’idea, almeno in parte, di chi siano veramente i miopi, gli immobilisti, i pantofolai, i conservatori.

 

Quelli del no a tutto, insomma. I nemici del progresso.

  

 

  Milena Debenedetti 

Il mio nuovo romanzo  I Maghi degli Elementi